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13.12.2024

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Avvocati in prima linea
1 Febbraio 2014

Avvocati in prima linea

Una task force di avvocati e studiosi del diritto si mette insieme per difendere la vita sul piano giuridico e nelle aule dei tribunali. Come per l’attacco della CGIL all’obiezione di coscienza. Sono i “Giuristi per la Vita”

Una denuncia alla Procura della repubblica di Roma per il grave gesto blasfemo durante il Concertone del Primo Maggio in Piazza San Giovanni; l’opposizione in sede europea al reclamo inoltrato dalla CGIL al Consiglio d’Europa contro l’obiezione di coscienza in materia di aborto; il ricorso contro il declassamento del limite di età (dai 18 ai 14 anni) del divieto di visione del film blasfemo Le Streghe di Salem. E tanti altri interventi, anche in sede locale, a difesa di medici obiettori, di insegnanti di religione che non sono liberi di affermare ciò che insegna la dottrina cattolica in materia di omosessualità, di operatori prolife ingiuriati e diffamati a mezzo stampa. È quanto stanno facendo i “Giuristi per la Vita” (www.giuristiperlavita.org), un affiatato team di avvocati e studiosi del diritto sceso in campo da appena un anno per difendere vita e famiglia sul piano giuridico e, quando necessario, nelle aule dei tribunali.
Non si tratta di un’altra associazione o organizzazione pro-life, come tiene a ricordare il presidente Gianfranco Amato, ma di una vera e propria “task force” operativa sull’esempio di quanto da anni fanno sul fronte opposto avvocati e giuristi vicini al Partito Radicale. È una iniziativa nata sulla scia della Marcia per la Vita del maggio 2012, a dimostrazione che quella della marcia non è una testimonianza fine a se stessa ma esprime il desiderio e la volontà di essere presenti nella società a difesa della vita secondo le forme più adeguate.
In questo caso dovrebbe essere evidente a tutti che da molti anni ormai, e non solo in Italia, i cambiamenti legislativi e culturali in favore di quella che Giovanni Paolo II definì la “cultura della morte” avvengono anzitutto nelle aule dei tribunali. Basterebbe ricordare che anche negli Stati Uniti – il paese più liberale in fatto di aborto e primo finanziatore di aborti nel mondo – tale pratica venne introdotta con una sentenza della Corte Suprema nel 1973. E in Italia dovrebbero insegnare qualcosa il caso Englaro, per quel che riguarda l’eutanasia, gli assalti alla Legge 40 sulla fecondazione artificiale, i tentativi di imporre i matrimoni gay per via giudiziaria. Se guardiamo attentamente a cosa è stato fatto in questi ultimi trent’anni, possiamo ben dire che in Italia siamo molto in ritardo con una iniziativa del genere, non ultimo perché nel mondo cattolico domina una certa riduzione “culturale” rispetto al tema della vita. Dice Gianfranco Amato: «Sono anni che vado predicando che occorre occuparsi della vita in termini di diritto, ma nel mondo cattolico la mia è rimasta una voce alquanto isolata. Quando sulla pillola RU486 rilanciai la proposta di strutturare un team di legali – proposta ripresa da Ferrara sul Foglio il 6 agosto 2009 – i luminari del mondo cattolico risposero che la via del diritto in bioetica non aveva futuro e prospettive. La realtà, purtroppo, non pare avergli dato ragione. Forse il biodiritto è considerato morto nelle aule accademiche, ma la cronaca quotidiana ci dimostra come goda di ottima salute nelle aule giudiziarie. Dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fino all’ultimo giudice monocratico di un Tribunale di periferia. Ecco perché è arrivata l’ora di smettere di pontificare e di rimboccarsi umilmente le maniche ».
E infatti, in pochi mesi di vita, la presenza dei Giuristi per la Vita si è già fatta sentire, magari riempiendo anche qualche vuoto lasciato da altri come è accaduto per il Concertone del 1° maggio a Roma, organizzato come ogni anno dai sindacati CGIL-CISL-UIL. Come si ricorderà, uno dei cantanti salito sul palco si è lasciato andare a una rappresentazione blasfema mimando il momento della Consacrazione con un profilattico. I Giuristi per la Vita hanno prontamente presentato una denuncia-querela ravvisando in quello spettacolo «il reato di offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone previsto e punito dall’art. 403 c.p., il reato di offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di cose previsto e punito dall’art. 404 c.p., e il reato di atti osceni in luogo pubblico previsto e punito dall’art. 527 c.p.».
Oggi, però, sembra che l’offensiva maggiore dei nemici della vita si concentri sull’obiezione di coscienza, in particolare dei medici che rifiutano di praticare aborti. È un’offensiva chiaramente ideologica, che punta a veder riconosciuto l’aborto come un diritto, ed è in questa chiave che la CGIL – senza dare clamore all’iniziativa – ha presentato un reclamo al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa in cui si sostiene che in Italia il numero eccessivo di medici obiettori di coscienza in materia di aborto metterebbe a rischio la salute delle donne e il diritto dei medici non obiettori a lavorare in condizioni eque, dignitose e sicure.
In questo caso, i Giuristi per la Vita hanno ottenuto l’incarico di rappresentare le ragioni dell’obiezione di coscienza da parte di alcune organizzazioni, come l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici, l’Associazione Medici Cattolici Italiani, il Forum delle associazioni familiari, la Confederazione Italiana dei Consultori familiari di Ispirazione Cristiana e il Centro Studi per la tutela della salute della madre e del concepito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
In un’articolata e documentata memoria, i Giuristi per la Vita hanno contestato le argomentazioni addotte dalla CGIL, utilizzando, soprattutto, i dati ufficiali esposti nelle Relazioni del Ministro della Salute, dai quali emerge, tra l’altro, che: l’interruzione volontaria della gravidanza resta uno dei servizi sanitari erogati ad un livello di efficienza molto alto, che non è peggiorato nel corso degli anni, e che difficilmente si riscontra per altre tipologie di intervento; non esiste un solo caso in cui, a una donna, sia stata negata la possibilità di abortire legalmente; nel 95% dei casi l’aborto viene eseguito entro tre settimane dal momento in cui è possibile, e ciò benché oltre il 90% degli interventi non sia urgente; in nove interventi su dieci si ricorre al day hospital; il numero delle complicanze è minimo e stabile nel tempo, mentre il numero degli aborti clandestini è ai livelli minimi; il crescente numero delle donne straniere che abortiscono legalmente dimostra la facilità dell’accesso al servizio che, si deve ricordare, è gratuito.

Per saperne di più…

www.giuristiperlavita.org



IL TIMONE N. 125 – ANNO XV – Luglio/Agosto 2013 – pag. 18 – 19

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