Sessant’anni fa moriva Benedetto Croce. Un filosofo che ha dominato il panorama culturale italiano nella prima metà del secolo scorso. Il suo neo-idealismo storicista giustifica ogni avvenimento della storia, anche il più atroce. E relega il cristianesimo nella sfera del mito
A sessant’anni dalla morte di Benedetto Croce (1866-1952), il filosofo neoidealista che nei primi 50 anni del Novecento ha esercitato una sorta di egemonia sulla cultura italiana dominando il panorama culturale, sorge la domanda su quale sia, oggi, l’influenza del suo pensiero.
Momenti salienti della sua vita politica
Avvicinatosi al liberalismo giolittiano, Croce nel 1910 entra in Senato e nel 1920-21 è nominato ministro della Pubblica Istruzione. Con la salita al potere di Mussolini, dopo aver in un primo momento espresso il suo consenso al fascismo, in seguito al delitto Matteotti interrompe ogni rapporto col regime diventando il rappresentante più illustre degli intellettuali antifascisti. Croce tornerà alla vita politica attiva nel Partito liberale alla fine della seconda guerra mondiale; sarà ministro nei governi Badoglio e Bonomi e senatore della Repubblica.
Adesione e poi critica del marxismo
La complessa e multiforme opera di Croce segue l’evoluzione dei suoi interessi e della sua riflessione; partendo da una prima fase giovanile di adesione al marxismo, che può considerarsi conclusa nel 1900 con la pubblicazione del saggio Materialismo storico ed economia marxista, Croce, anche per l’influenza del filosofo Giovanni Gentile (1875-1944), nella maturità si volgerà all’idealismo, di cui accentuerà l’aspetto dello storicismo fino a pervenire, nell’ultima fase del suo pensiero, allo storicismo assoluto.
La critica di Croce al marxismo, sviluppata nel saggio Materialismo storico ed economia marxista, è tesa a mettere in luce il limite di un pensiero che si presenta come teoria scientifica in grado di interpretare la storia. Tuttavia, mentre la scienza è capace di esaminare la realtà in modo oggettivo, osserva Croce, l’analisi marxista è condizionata dal presupposto ideologico del materialismo storico (secondo il quale esiste solo la materia) che vizia la lettura della realtà; sulla base di questa considerazione bisogna concludere che il marxismo non è una teoria scientifica ma, appunto, ideologica. Croce riconosce tuttavia nel materialismo storico alcuni elementi positivi quali la riscoperta del valore della prassi (l’agire umano), senza cui la dimensione ideale della vita umana si riduce facilmente a mera astrazione, e la sottolineatura dell’importanza dei fenomeni economico-sociali, che influenzano tutti gli ambiti della storia.
Hegelismo e neoidealismo
Lo studio di Hegel (1770-1831) – sul cui pensiero cfr. L. Boccenti, Hegel: se scompare la legge naturale, “il Timone”, 92 (2010), pp. 32-33, reperibile anche su www.iltimone.org – appassiona il giovane Croce molto più del marxismo giungendo a orientare il suo pensiero in modo definitivo verso l’idealismo. Nel saggio Ciò che è vivo e ciò che è morto nella filosofia di Hegel (1906) si delineano i caratteri fondamentali della filosofia crociana, che riassumiamo qui di seguito.
Tutto ciò che esiste non ha una realtà propria al di fuori dello Spirito (Dio), ma si risolve, appunto, nello Spirito Assoluto o Idea. Poiché l’unica realtà esistente è lo Spirito Assoluto, che è Pensiero, non c’è distinzione tra pensiero (piano logico) e realtà (piano ontologico). Di conseguenza, i “veri” concetti devono essere capaci di cogliere la realtà nella prospettiva dello Spirito (ogni fatto dovrà essere inteso come momento del realizzarsi necessario dello Spirito). I principi e i concetti della tradizione metafisica, che distingue tra piano logico e piano reale, così come i concetti utilizzati dalle scienze sono, come preciserà Croce (nella Logica come scienza del concetto puro, 1905), solo pseudo-concetti rispettivamente astratti o empirici: i primi non sarebbero veri concetti a causa della loro sterilità in quanto – secondo Croce – prescindono dall’esperienza; i secondi sarebbero costruzioni arbitrarie volte non a conoscere meglio la realtà, ma ad orientare l’azione, quindi “falsi” concetti perché la loro finalità non sarebbe teoretica, ma pratica.
Lo Spirito Assoluto è attività che si dispiega in due ambiti distinti: quello conoscitivo o teoretico e quello volitivo o pratico. Entrambe le attività dello Spirito danno origine a quattro grandi “regioni” della realtà, certamente unite tra loro, in quanto manifestazioni del medesimo Spirito, ma anche distinte l’una dall’altra: arte, filosofia, economia, etica.
Storicismo
L’ultima fase della produzione filosofica di Croce è caratterizzata dallo storicismo assoluto. Nel saggio La storia come pensiero e come azione (1938) il filosofo spiega che l’espressione storicismo assoluto sottintende eliminazione della distinzione tra storia e filosofia. L’identificazione della storia con la filosofia è una tesi caratteristica dell’idealismo che deriva dall’identificazione del piano storico col piano razionale, col piano del pensiero. Da questa identificazione proviene l’assoluta razionalità della storia che è sempre progresso incessante, opera dello Spirito che eternamente si attua nella storia.
Diversamente da Hegel, però, Croce non ritiene che ogni fatto storico trovi una spiegazione perfetta nella comprensione umana. Riprendendo il principio di Giambattista Vico (1668-1744), secondo cui l’uomo conosce veramente solo ciò che produce (“verum et factum convertuntur”), giudica di aver superato lo storicismo hegeliano, ripensandolo alla luce dell’intuizione di Vico. Ma mentre Vico intendeva il principio del “verum-factum” come riconoscimento del limite della conoscenza umana, visto che l’universo è opera di Dio, Croce pensa che l’uomo sia un soggetto universale assoluto e che tutto sia da lui prodotto.
Con lo storicismo assoluto, pertanto, il compito del filosofo non consiste più nell’esprimere un giudizio di valore sui fatti, ma solo nel favorire la loro comprensione attraverso la descrizione dell’accaduto: «tutti i fatti sono assoluti» e non possono essere giudicati né condannati, perché «Dio stesso (ossia le leggi della storia), se li ha voluti così, li ha approvati».
Inoltre lo storicismo assoluto, riducendo l’indagine filosofica a metodologia della storia, cancella dalla filosofia tutti i grandi problemi, come Dio, l’essere, l’anima, il bene e il male.
Anche la concezione della religione, espressa nel famoso articolo Perché non possiamo non dirci cristiani del 1942, al di là della misura e della sobrietà dei toni, può essere compresa solo alla luce dello storicismo. Infatti, Croce sostiene la tesi secondo cui l’essenza della religione cristiana non sta nell’intervento nella storia di un Dio trascendente. La religione cristiana sarebbe un fatto umano, una creazione dello Spirito che, mediante l’uomo, celebra se stesso. Tutta la storia è storia “sacra”, il cristianesimo perciò non deve essere considerato una verità definitiva, ma una dottrina capace di crescere e trasformarsi, in definitiva un momento dello Spirito che va superato.
Cenni di valutazione
Nell’opera filosofica di Croce, come nota il filosofo Antonio Livi, ci sono elementi di considerevole valore «ad esempio le indagini intorno alla natura dell’estetica e della storia; essi però sono viziati dalla falsa prospettiva in cui li ha situati l’idealismo storicistico […]. Egli fa svolgere all’arte una funzione (quella d’intuire l’assoluto) che è ben difficile poterle riconoscere, e ascrive alla storia una perfetta razionalità che l’esperienza del male fisico e morale smentisce in tutti i sensi: solo la nozione di Provvidenza […] può inquadrare in una logica positiva le vicende negative della storia. Infine, la divinizzazione della storia, all’atto pratico, si dimostra impossibile».
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«Ignorando tutta la profondità e la coerenza della teologia e della filosofia cristiana, nate proprio per combattere la superstizione mitologica e politeistica, con estrema disinvoltura Croce relega, praticamente senza appello, l’interpretazione cattolica del contenuto della Rivelazione nell’ambito del mito. […] e Benedetto Croce applaude anche all’antropofago, che dopo aver divorato il suo simile, se la dorma pacificamente». (Antonio Livi, La filosofia e la sua storia, cfr. bibliografia, pp. 428-429).
Per saperne di più…
Antonio Livi, La filosofia e la sua storia, vol. III, tomo 2, La filosofia contemporanea – Il Novecento, Società Editrice Dante Alighieri, 1997, pp. 421-430.
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«Ed ecco una certa immagine della Trinità: lo spirito, la sua conoscenza che è la sua prole, il verbo generato da esso, e, in terzo luogo, l’amore; e queste tre realtà fanno una sola cosa ed una sola sostanza».
(Agostino, De Trinitate, 9, 12, 18).
Per saperne di più…
Agostino, La Trinità, varie edizioni, reperibile anche su www.agustinus.it .
Gonzalo Lobo Méndez, Dio Uno e Trino. Manuale di base, Ares, 2005.
IL TIMONE N. 118 – ANNO XIV – Dicembre 2012 – pag. 32 – 33
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