In queste poche righe poniamo attenzione ad alcuni passi della Sacra Scrittura e al pensiero di alcuni Padri della Chiesa che hanno “preceduto” la cosiddetta Quinta Via di S.Tommaso, quella – per intenderci -che, partendo dalla constatazione dell’ordine e del finalismo delle cose prive di intelligenza, conduce l’uomo ad ammettere l’esistenza di Dio. Kant definì l’ultima via tomistica “la più antica, la più chiara, la più adatta alla ragione umana”. Per questo storicamente fu la più indagata tanto che, già nel V e IV sec. a.C, Platone e Aristotele se ne interessarono. Ma l’interesse per tale via risale a tempi ancor più remoti, fin dalla creazione dell’uomo. Scrive, infatti. San Paolo, riferendosi ai pagani: “Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità” (Rm 1,19-20). Fin dalla sua origine, dunque, l’uomo era in grado di contemplare intellettualmente l’opera ordinatrice del Creatore.
E su questa umana capacità la Sacra Scrittura è esplicita: “Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si riconosce l’autore” (Sap 13,5); e ancora: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento” (Sap 19,2).
Solo per colpa inescusabile, stando a san Paolo (Rm 1,21), o per vanità, secondo l’autore del libro della Sapienza (14,14) o per errore dell’intelletto non illuminato dalla grazia (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 286), gli uomini non riconoscono Dio, si fabbricano idoli, adorano le creature e non il Creatore. Anche i Padri della Chiesa non mancarono di occuparsi della questione.
Clemente Alessandrino (150 ca. – 212 ca.), uomo coltissimo e direttore della celebre scuola teologica di Alessandria, scriveva: “La Divina Provvidenza si manifesta alla semplice vista delle cose visibili, tutte fatte con arte e sapienza e svolgentisi con ordine e con ordine manifestatisi” (Stromata, 5).
Lattanzio (250 ca. – 325 ca.), definito da san Gerolamo l’uomo più colto del suo tempo, parla della possibilità di conoscere Dio “con gli occhi della mente vedendo le sue opere splendide e meravigliose”.
Affermava S. Agostino (350 – 430) con il suo inconfondibile stile: “Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo.. .interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un inno di lode. Ora queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile?” (Sermo 241).
Se poi ricordiamo che nella Costituzione Dei Filius, approvata nel Concilio Vaticano I (1869 – 1870), si dichiara: “La Santa Madre Chiesa tiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza col lume naturale della ragione umana attraverso le cose create”, tocchiamo con mano, ancora una volta, come l’insegnamento della Chiesa cattolica costituisca un continuum con la Sacra Scrittura e con la Tradizione. La Chiesa di Roma, infatti, è la sola depositarla di quella sapienza che svela l’uomo all’uomo.
FEDE E RAGIONE
“La Rivelazione cristiana, insomma, diventa il vero punto di aggancio e di confronto tra il pensare filosofico e quello teologico nel loro reciproco rapportarsi. È auspicabile, quindi, che teologi e filosofi si lascino guidare dall’unica autorità della verità così che venga elaborata una filosofia in consonanza con la Parola di Dio. Questa filosofia sarà il terreno d’incontro tra le culture e la fede cristiana, il luogo d’intesa tra credenti e non credenti”.
(S.S. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 79).
Dossier: Dal Creato al Creatore con la ragione
IL TIMONE N. 16 – ANNO III – Novembre/Dicembre 2001 – pag. 42
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