È stata una delle maggiori personalità della storia del papato, appassionato difensore della libertà della Chiesa, la cui memoria è offuscata da accuse, tanto gravi quanto false, sorte soprattutto dopo la sua morte dal risentimento dei suoi nemici.
Nome: Benedetto Caetani
Data nascita: nel decennio dal 1230 al 1240
Elezione: 24 dicembre 1294 a Napoli
Incoronazione: 23 gennaio 1295 a Roma
Durata: 8 anni, 9 mesi, 18 giorni
Data morte: 11 ottobre 1303 a Roma
Sepolto: S. Pietro, Grotte Vaticane
Posizione cronologica: 193
La storiografia più recente sta smontando il castello di accuse che gravano sulla memoria di papa Bonifacio VIII (1294-1303), permettendoci così di valutare meglio la figura di questo grande pontefice, la cui “colpa” è di aver riproposto con vigore, sempre nella assoluta ortodossia, la concezione teocratica della Chiesa di Innocenzo III (1198-1216), dandogli una connotazione più totalizzante.
La leggenda nera su Bonifacio VIII ha tre origini principali: i figli spirituali di Celestino V, che accusano Bonifacio di averlo fatto abdicare nel 1294 con l’inganno e la forza, la famiglia dei Colonna per ripicche personali e il re di Francia Filippo IV il Bello (1285-1314) insofferente all’autorità morale della Chiesa.
Certamente il carattere fiero, poco diplomatico e incline all’ira unito alla brillante dialettica portano spesso Bonifacio a fomentare scontri con gli avversari più che a limitarli. Ma solo una forte personalità come la sua può difendere al meglio l’autonomia della Chiesa cattolica. Scomparso Bonifacio, infatti, il papato verrà velocemente assorbito dall’influenza francese, subendo per settant’anni l’esilio di Avignone.
Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, nasce ad Anagni intorno al 1230-1240. Ma c’è chi sostiene anche prima. Negli studi di diritto canonico dimostra grande facilità di apprendimento e vasta dottrina. Percorre una rapida carriera ecclesiastica, con incarichi diplomatici prestigiosi nelle legazioni estere di Francia e Inghilterra.
Dopo aver appoggiato l’elezione di Celestino V, diventa il suo primo consigliere nel dargli conforto giuridico per l’abdicazione.
Quando il cardinale Caetani succede a Celestino V il 24 dicembre 1294, il cambiamento è subito evidente: fine giurista, esperto teologo, lontano dal modello “spirituale” di pontefice atteso da molti in quel periodo, ha una grande considerazione della dignità pontificia. Subito difende energicamente la libertà della Chiesa riportando la residenza del Papa da Napoli a Roma per svincolarsi dalle pressioni del re Carlo II d’Angiò (1285-1309).
I primi provvedimenti che assume sono per limitare i movimenti di Celestino V (rinchiuso nella rocca di Fumone) e abolire gli eccessivi privilegi ai suoi figli spirituali. Misure, queste, necessarie per evitare che l’influente figura dell’ex Papa possa essere sfruttata per uno scisma.
Con la pubblicazione della bolla Clericis Laicos il 24 febbraio 1296, Bonifacio reagisce impetuosamente all’imposizione arbitraria al clero di decime sui beni ecclesiastici che Francia e Inghilterra ordinano per finanziare la guerra che intendono dichiararsi l’una contro l’altra.
Nel documento è esposta la politica teocratica di Bonifacio che in gran parte riprende norme già approvate dai concili Lateranense III (1179) e IV (1215): è proibita ogni potestà dei laici sui clerici e pertanto il divieto di imporre loro tasse senza l’autorizzazione del Papa, pena scomunica e interdetto. I toni sono perentori e non ammettono né repliche né contestazioni.
La reazione di Filippo il Bello è veemente. Proibisce l’esportazione di oro all’estero, bloccando così entrate finanziarie vitali per la Chiesa, costringendo Bonifacio a fare un passo indietro, autorizzando il re e i successori a riscuotere le imposte anche dal clero in caso di particolare necessità. Ma un altro conflitto è all’orizzonte per Bonifacio, questa volta sul fronte interno. Con i numerosi benefici che era riuscito ad ottenere fin da cardinale, Bonifacio amplia i possedimenti immobiliari della propria famiglia a discapito di altre, tra cui i Colonna. I quali, nonostante i due cardinali Giacomo e Pietro avessero sostenuto l’elezione di Bonifacio in conclave, sottraggono nel 1297, con un gesto clamoroso e provocatorio, un consistente carico di denaro del Papa. Bonifacio istruisce prontamente un processo sommario condannando i Colonna per ribellione e tradimento, scomunicandoli e destituendoli.
Nonostante questi attacchi, negli anni 1298-1302 raggiunge l’apice del proprio prestigio. Nel 1300 indice il primo Giubileo della storia della Chiesa. I pellegrini già dal Natale 1299 iniziano ad affluire numerosissimi a Roma, per lucrare le indulgenze con la visita delle tombe degli apostoli. L’iniziativa è pertanto dei fedeli e non di Bonifacio per rimpinguare le casse della Santa Sede. Prova ne è la bolla di promulgazione, la Antiquorum habet fidem, che porta la data del 22 febbraio 1300 la quale segue, e non anticipa, la volontà dei pellegrini.
Lo scontro con Filippo il Bello riprende quando questi arresta il legato papale Bernard Saisset, vescovo di Pampiers, perché pastore di una diocesi eretta da Bonifacio senza informare il re. Filippo respinge i paterni richiami di Bonifacio contenuti nella bolla Ausculta fili, bruciandola pubblicamente. Convoca gli Stati generali (l’assemblea del clero, della nobiltà e della borghesia) che stabiliscono il carattere “divino” del re e la sua superiorità rispetto al Papa.
La reazione di Bonifacio non si fa attendere. Il 10 novembre 1302 pubblica una delle bolle più famose della storia della Chiesa: la Unam Sanctam. Non vi è nulla di nuovo, ma si afferma, per la prima volta in modo chiaro e perentorio, che il potere secolare deve essere sottomesso a quello spirituale, secondo la metafora delle “due spade”: quella spirituale è portata “dalla” Chiesa, quella temporale “per” la Chiesa, sottomettendo pertanto quest’ultima alla prima. Si sottolinea inoltre che la Chiesa è governata in modo gerarchico e unita nell’obbedienza a un solo capo, il Papa. Rifiutando questo ordine si cade nell’eresia.
In un incontro al Louvre nel giugno del 1303, il re insieme ai nobili e agli alti prelati presenti condanna il Papa perché illegittimo, eretico, simoniaco, sodomita e assassino (di Celestino V). L’arroganza francese arriva al punto di voler convocare il Papa in un concilio a Lione per processarlo. L’avviso viene portato in Italia dal vice cancelliere e giurista di Filippo IV, Guglielmo di Nogaret, che raggiunge Anagni dove nel frattempo Bonifacio VIII si era trasferito.
Il 7 settembre 1303 il Nogaret, alla testa della delegazione francese insieme con Sciarra Colonna, irrompe nel palazzo dove Bonifacio siede sul trono con dignità e orgoglio, bardato di tutto punto con i paramenti. Accoglie gli esagitati indifeso dichiarando con fermezza: “Eccovi il capo, eccovi il collo”.
Lo schiaffo con il guanto di ferro che Sciarra Colonna avrebbe sferrato al Papa sembra frutto della leggenda. Certamente Bonifacio è ingiuriato, insultato e umiliato pesantemente. Il popolo di Anagni, che inizialmente aveva favorito l’ingresso in città dei ribelli, quando comprende la situazione, decide di cacciare gli invasori.
Bonifacio è ormai anziano e i colpi morali subiti in quei giorni lasciano un segno indelebile nel suo animo. Si trasferisce rapidamente a Roma e poco più di un mese dopo muore.
RICORDA
«È necessario che chiaramente affermiamo che il potere spirituale è superiore a ogni potere terreno in dignità e nobiltà come le cose spirituali sono superiori a quelle temporali…L’uomo spirituale giudica tutte le cose; ma egli stesso non è giudicato da alcun uomo, perché questa autorità, benché data agli uomini ed esercitata dagli uomini… non è umana ma senz’altro divina essendo stata data a Pietro per bocca di Dio e fondata per lui e i suoi successori su una roccia».
(Bonifacio VIII, bolla Unam Sanctam, 1302).
BIBLIOGRAFIA
Agostino Paravicini Baggiani, Bonifacio VIII, Einaudi, Torino 2003.
IL TIMONE – N. 46 – ANNO VII – Settembre/Ottobre 2005 – pag. 54 – 55