Per definizione un miracolo è qualcosa di straordinario. Ma quello di Calanda va oltre ogni immaginazione. Una gamba ricresciuta, dopo un’amputazione
Il bel libro Il miracolo di Vittorio Messori (Rizzoli 1998), il primo italiano ad essersene occupato dopo tre secoli e mezzo di silenzio, racconta ciò che accadde in Spagna, a Calanda, un piccolo villaggio dell’Aragona, nel mezzo della guerra dei Trent’anni e dopo che, anni prima, erano stati cacciati dal Paese i moriscos, cioè i musulmani soltanto formalmente battezzati.
Era il 29 marzo del 1640. Una data singolare che precedeva di nove giorni la domenica di Pasqua e che cadeva alla vigilia della solennità della Beata Vergine Addolorata. Che cosa successe, dunque? Un giovane contadino di 23 anni di nome Miguel Juan, mentre dormiva di un sonno profondo, avvolto da un profumo di paradiso, si trovò riattaccata la gamba destra che due anni e mezzo prima gli era stata amputata e seppellita. Fantasie? Nulla di più attestato storicamente.
Miguel Juan, secondo di otto fratelli e sorelle, nasce il 25 marzo del 1617 da Miguel Pellicer Maya e da Marίa Blasco. Una famiglia semplice, timorata di Dio e molto devota alla Madonna. Un giorno, nel condurre un carro, cadde da uno dei muli che guidava, così che la tibia, travolta dal mezzo, si fratturò nella parte centrale. Dopo essere stato ricoverato in alcuni ospedali, si trasferì in quello di Saragozza, per porsi sotto la tutela della Virgen del Pilar (rappresentata da una piccola statua di legno posta su un pilastro) in ricordo della «venuta della Vergine in carne mortale» nel 40 d.C., quando apparve all’apostolo Giacomo. Un viaggio di 300 km, durato 50 giorni, che egli compì con immensa fatica, valendosi dei ricoveri per pellegrini, allora assai diffusi, e dell’altrui carità. Là, il primario chirurgo gli amputò la gamba in parte incancrenita.
Per vivere ottenne l’autorizzazione a mendicare davanti al Santuario del Pilar, dove ogni giorno si ungeva il moncone scoperto della gamba con un po’ di olio delle lampade custodite nella relativa Cappella, con la speranza di guarire per l’intercessione di Maria e nonostante il parere contrario del medico.
Passati circa due anni, vincendo timori e titubanze e dietro le insistenze di alcuni compaesani che lo rassicurarono circa la buona accoglienza da parte dei suoi, ritornò a casa. Dove sì verificò, come dicemmo, un fatto naturalmente impossibile, una sorta di anticipo della resurrezione della carne. Con questa particolarità: solo dopo qualche giorno la gamba riprese il colore e le dimensioni dell’altra.
Tutto ciò risulta certificato da una copia autenticata da un notaio (e destinata al Santuario del Pilar) della sentenza dell’arcivescovo di Saragozza del 27 aprile 1641 e dei relativi atti del processo canonico (richiesto e pagato dal Comune), che vide coinvolte 103 persone, tra giudici qualificati e – diremmo noi – indipendenti, notai, medici e sacerdoti, familiari e vicini di casa. Tutti a giurare che avevano visto Miguel Juan prima con una gamba e poi con due!
Il processo durò undici mesi intervallato da quattordici sedute pubbliche e terminò con una sentenza solenne da pubblicare ovunque. Ovviamente il miracolo ebbe una tale risonanza, anche per l’importanza del Santuario del Pilar e quindi per le migliaia di pellegrini che ebbero modo di conoscere il giovane mendicante, che lo stesso Filippo IV, re di tutte le Spagne, volle incontrare il miracolato nel suo palazzo a Madrid. Qui, con le lacrime agli occhi, dicendo: «È il momento in cui occorre accogliere e venerare il Mistero, rallegrandoci come cristiani», si inginocchiò per baciargli la cicatrice sulla gamba riattaccata.
Per saperne di più…
Vittorio Messori, Il miracolo, Rizzoli 1998.
Dossier: MIRACOLI. DIO LI FA, IL DIAVOLO NO
IL TIMONE N. 114 – ANNO XIV – Giugno 2012 – pag. 46
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