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12.12.2024

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Carlo Magno: padre d’Europa?
31 Gennaio 2014

Carlo Magno: padre d’Europa?

 

 

 

Un ritratto dell’imperatore cristiano, della sua azione e della costruzione europea che edificò con forza e determinazione

Il mito di Carlo Magno
Una cronaca lombarda del XIV secolo delinea un singolare ritratto di Carlo Magno. Dopo averne esaltato il corpo atletico, il volto severo e l’imponente altezza, si sofferma sulle abitudini alimentari del sovrano, attribuendogli un formidabile appetito. Secondo il cronista, infatti, Carlo si faceva imbandire un quarto di ariete, oppure due galline, un’oca, un pavone (o una gru) e una lepre intera; era tuttavia parco nel consumo del pane e del vino e, mentre desinava, si faceva intrattenere con letture di autori dell’Antichità.
Il curioso ritratto adombra, con qualche adattamento di fantasia, un famoso passo della Vita Karoli di Eginardo, il biografo del sovrano franco. Carlo vi è rappresentato come un uomo imponente e vitale, coraggioso in guerra e abile nella caccia, collerico e socievole al tempo stesso; sovrano energico e autoritario, ma generoso.
La poco nota cronaca lombarda costituisce l’indiretta conferma della fortuna di un mito presto sviluppatosi intorno alla figura di questo determinato e intraprendente re franco, che tra VIII e IX secolo seppe proseguire la politica aggressiva dei suoi predecessori e che costruì un dominio di vastissime proporzioni (quasi un milione di kmq).
Alla sua morte venne pianto come il re saggio e giusto e il suo regno venne dipinto come un’età felice, tramontata per sempre. Ottone III, l’imperatore sassone che agli inizi dell’XI secolo perseguiva l’ideale di un impero cristiano, ne aveva visitato con riverenza la tomba ad Aquisgrana, trovandovi il suo corpo pressoché intatto. Quando Federico Barbarossa, nel XII secolo, si era trovato nel cuore della lotta con i Comuni lombardi e il papato, aveva favorito addirittura il sorgere di un culto legato alla santità di Carlo. Ancora nel 1861, in clima positivista, una commissione scientifica volle procedere all’apertura del sarcofago e all’analisi delle spoglie del re: non poté che confermare l’alta statura del sovrano franco, infondendo nuova fama al racconto di Eginardo.

Le imprese del re
Quella di Carlo, secondo la tradizione germanica fu essenzialmente una corte mobile; il re dei Franchi si trovò consecutivamente impegnato in onerose campagne militari, che allargarono i confini del suo dominio a oriente e verso il meridione del continente europeo. Dopo aver debellato con una guerra fortunata il regno del longobardo Desiderio, tra il 787 e il 796 aveva portato i propri eserciti nelle terre dei Sassoni, indomiti e ribelli. In una sanguinosa campagna militare era riuscito a piegarli con crudele determinazione, proibendo il culto delle sorgenti e dei boschi, imponendo il battesimo a forza, condannando a morte chiunque avesse compiuto i vecchi riti e praticato sacrifici umani, violato il digiuno quaresimale o si fosse reso colpevole di violenza e furto contro una chiesa.
Sconfisse il duca di Baviera, Tassilone, che gli si era ribellato e pose le basi per attaccare gli Avari, una popolazione di origine mongolica, e sostenne energicamente l’azione missionaria delle diocesi di confine (Aquileia e Salisburgo). Negli anni 801-813, deciso a contrastare le scorrerie dei musulmani di Spagna che si erano spinti sino a Narbona, aveva condotto una sistematica campagna militare: riuscì così a creare la Marca ispanica, che comprendeva la Navarra e parte della Catalogna sino al fiume Ebro. Era la sua risposta alla rovinosa sconfitta di Roncisvalle del 778, quando l’intera retroguardia del suo esercito era stata distrutta in un agguato sui Pirenei e con gli altri era caduto il conte di palazzo Rolando.
Ma Carlo coltivò anche l’ambizione di una capitale stabile, che individuò nel cuore del continente, ad Aquisgrana. Dal Natale 794 fu la sua abituale residenza, vi fece costruire la cappella ottogonale, a custodia della cappa di san Martino; su un’altura aveva fatto erigere l’aula del re, un’immensa sala del trono, abbellita di drappi, mobili e quadri d’oro e d’argento con vedute di Roma; aveva voluto ampi corridoi di collegamento con i bagni termali, adornati con preziosi marmi. Al centro del cortile si ergeva la statua equestre di Teodorico, direttamente trasportata da Ravenna. Qui era la scuola palatina, fucina di dotti che diede vita all’intensa stagione del rinascimento carolingio.
Da questa sede amministrava l’immenso regno, grazie ai vassalli e ai pubblici funzionari, per mezzo di leggi stabilite nei Capitolari, che si celebravano secondo l’antico uso nella stagione primaverile, e con il riordino del sistema monetario. I suoi collaboratori lo indicavano con il gradito appellativo di Davide, nome che intendeva esaltare il suo spiccato senso del sacro, la responsabilità di una missione, ma anche l’amore per la poesia (lui che era incolto) e infine le sue debolezze di uomo. Ben più del re di Israele, Carlo – che era stato consacrato con l’unzione sacra – si concepiva al tempo stesso re e sacerdote e ripeteva: «Poiché abbiamo ricevuto dal Signore nel seno della Chiesa il governo del nostro regno, dobbiamo lottare con tutte le nostre forze e con l’aiuto di Cristo per la sua difesa e la sua esaltazione ». Impose così severe pene a chi non avesse imparato il Credo e il Pater noster, non avesse osservato i Comandamenti, i digiuni e le feste. Esortò i sacerdoti, e il Papa stesso, a diffondere la fede e vigilò sul loro comportamento. Sotto il suo regno si diffusero le pievi – le nuove chiese battesimali – e la liturgia romana; sollecitò una riforma monastica che, in seguito, grazie all’opera di Benedetto d’Aniane riuscirà a diffondere il monachesimo benedettino in tutta Europa.
Così scriveva Teodulfo, il goto che collaborava con altri dotti nella Scuola palatina: «Arma es pontificum, spes et defensio cleri» (Sei l’arma dei pontefici e la speranza e la difesa del clero). La consacrazione imperiale a Roma, per mano del Papa, avvenuta nella notte di Natale dell’anno 800, costituì la ratifica di tale ruolo (che pure venne stigmatizzato da Bisanzio con un ironico silenzio e che costò a Carlo una nuova, pesante guerra).

Un antefatto all’Europa moderna?
L’atto dell’incoronazione e il suo significato simbolico, straordinariamente nuovi in quel momento, furono da subito oggetto di ricostruzioni diverse e contrastanti, così che, ancora in tempi recenti, gli storici ne offrirono valutazioni diverse e contrastanti. E spesso, pressata e affascinata dalla grande speranza che il progetto di una nuova Europa unita aveva suscitato dopo il secondo conflitto mondiale, la storiografia della metà del Novecento volle indirizzare il proprio sguardo all’età carolingia come a un possibile antefatto storico cui guardare nella costruzione della nuova realtà politica. Era un intento nobile, ma sostanzialmente anacronistico. Lo andò progressivamente affermando la ricerca storica dell’ultimo Novecento e lo si precisò nel convegno di studio di Spoleto nel 1979, il cui titolo recitava “Nascita dell’Europa ed Europa carolingia: un’equazione da verificare”; era questa in effetti un’equazione dubbia e, alla fine, improponibile.
Se tuttavia alla volontà e all’azione del Papa e dello stesso Carlo non possono essere attribuite l’esplicita volontà di creare la forgia di un nuovo Impero europeo, una del tutto nuova realtà politica, occorre anche riconoscere che proprio l’età di Carlo Magno può essere considerata una prima, provvisoria ma feconda sintesi di questo tentativo, un crogiuolo per le future nazioni d’Europa.
A questa età devono infatti far riferimento i popoli del vecchio continente, che intendono ritrovare le proprie origini storiche, la peculiarità irriducibile del proprio passato. E a Carlo Magno, all’impegno dei suoi più stretti collaboratori e alla stessa Chiesa di Roma occorre riconoscere quell’iniziale tentativo di collaborazione tra poteri diversi che avrebbe poi segnato profondamente il pensiero e l’azione degli uomini del pieno Medioevo.

 

 

Per saperne di più…

 

Carlo Magno: le radici d’Europa, a cura di Giancarlo Andenna e Maurizio Pegrari, in Cheiron, XIX/37 (2002).
Nascita dell’Europa ed Europa carolingia: un’equazione da verificare, XXVII settimana di studio di Spoleto, Spoleto 1981.

 

 

 

 

 

IL TIMONE n. 109 – Anno XIV – Gennaio 2012 – pag. 26 – 27
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