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13.12.2024

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Catechismo. Le anime mistiche
2 Maggio 2014

Catechismo. Le anime mistiche

La difficoltà dell’epoca attuale non è la carenza di anime credenti (che sono più numerose di quanto possa sembrare), ma la carenza di anime mistiche, che sono diminuite drammaticamente negli ultimi decenni. La mentalità pragmatica ed efficientista da una parte, e il modernismo intellettuale e autosufficiente dall’altra, hanno soffocato perfino la possibilità di riconoscere e di valorizzare le vocazioni mistiche. Il danno che ne deriva alla Chiesa, oltre che all’umanità tutta, è inimmaginabile. La perdita della sorgente mistica è una delle privazioni maggiori che può subire la chiesa, che di fatto è “Corpo mistico” (si veda Il dono mistico, Il Timone n. 132, p. 61). Certo, è Cristo il fulcro mistico e sacramentale della Chiesa, ma se la sua linfa non si diffonde alle membra, esse periscono, o vanno incontro a una vitalità spirituale limitata. L’emarginazione dei mistici è sempre avvenuta nella storia, un po’ per diffidenza e incredulità, un po’ per il timore di favorire fenomeni non genuini, un po’ per assenza di strumenti d’interpretazione.

Mai come oggi però la mistica è accantonata, sia nell’ambito dei percorsi di formazione teologica (ove è relegata a riduttivi accenni all’interno della teologia spirituale), sia a livello di guide spirituali che possano avere sufficienti chiavi di lettura per la guida pastorale di queste anime, che vengono così abbandonate a se stesse come pecore senza pastore. Ed è una grave perdita, perché proprio in tali anime, se coltivate con robusta dottrina, si nasconde una potenza conversiva che può illuminare il mondo. In forza della loro particolare elezione, che li conduce a un’unione intima e profonda con Dio, i mistici acquistano una sapienza soprannaturale e una visione più limpida e acuta delle cose di Dio (CCC 2014). Si tratta di un percorso inseparabile dal loro stesso cammino di santità. Mentre i dotti possono acquisire conoscenza tramite lo studio e apprendono per via mentale, sebbene possano provare amore per le cose studiate, i mistici apprendono per esperienza diretta, grazie a uno speciale itinerario di santità suscitato dalla grazia che conferisce loro quella purezza di cuore necessaria per intendere i sacri misteri (“misteri” e “mistica” sono termini con la stessa radice).

I mistici spesso godono anche di una particolare introspezione dei cuori, non per strane facoltà suppletive, ma perché hanno affinato i sensi interni dell’anima in modo tale da veder chiaro, sia in se stessi che nelle altre persone. Hanno una sensibilità più ricettiva, avendo ripulito lo specchio Le anime mistiche interiore in cui anche il prossimo giunge a riflettersi. Spesso hanno il dono della profezia (carisma molto raccomandato da san Paolo), perché in virtù della loro impostazione come “antenne riceventi del divino” sanno leggere la realtà dall’alto e in modo più profondo. Essi, “di gloria in gloria”, raggiungono talvolta lo stadio più elevato, quello delle nozze mistiche, che però comporta un precedente itinerario di purificazione, spesso molto travagliato, in cui i mistici sono messi alla prova più duramente di altri. Ma in tale condizione di nozze spirituali, la loro gioia non ha limiti, fino a patire il fatto che il loro cuore non possa contenere tutto l’amore riversato dall’Amato. Qualcuno ha descritto così tale stato: “Dio si fonde con l’anima come la luce che investe un diamante”. In tale fusione, luce e illuminato sono un’unità inscindibile. Questa identificazione non elimina però la distinzione tra creatura e Creatore. E non elimina nemmeno lo spazio necessario per la fede. Anche quando il mistico è condotto, per dono esclusivo di Dio, fino alle soglie della visione beatifica, non gode ancora della visione diretta come i beati, ma contempla ancora Dio in speculo et enigmate, seppur attraverso un velo sottilissimo, all’estremo limite delle facoltà create. Si tratta di un dono gratuito di libera elezione divina, al quale ci si può disporre, ma che in nessun modo si può meritare, né tanto meno raggiungere con le proprie forze, perché operato solo dalla grazia.

«La grazia è una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nella intimità della vita trinitaria… Dipende interamente dall’iniziativa gratuita di Dio, poiché egli solo può rivelarsi e donare se stesso. Supera le capacità dell’intelligenza e le forze della volontà dell’uomo, come di ogni creatura» (CCC 1997-1998).

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