Al contrario di quanto spesso si pensa, soltanto in Cristo è possibile vivere una libertà autentica. I campioni cattolici della libertà sono innumerevoli.
Voi cattolici non siete liberi. È un’accusa tipica della mentalità contemporanea, una specie di condanna alla morte civile. I cattolici – si dice – non sono liberi perché sono “costretti” ad allinearsi al Magistero, e perdono la possibilità di pensare con la loro testa. Ma è proprio così? I cattolici possono portare a sostegno della loro libertà una prova che non sopporta smentite: la vita di milioni di uomini e di donne che, nell’amore per Gesù Cristo e per il suo Vicario in terra, furono liberi, anzi liberissimi. Scrive Evagrio Pontico, un monaco del IV secolo: «A una teoria si può sempre rispondere con un’altra teoria. Ma chi potrà confutare una vita?». Un numero imponente di persone ha dimostrato che, al contrario di quanto affermato dal pensiero debole dei moderni, soltanto in Cristo è possibile vivere una libertà autentica. Proviamo a prendere in considerazione quella fetta di storia che è il ventesimo secolo: saremo sbalorditi dal fatto di incontrare tra i campioni della libertà un esercito di cattolici. Che hanno dovuto affrontare minacce terribili alla libertà dell’uomo, minacce multiformi che hanno preso di mira la sfera religiosa, l’ambito politico, il terreno della filosofia.
Il ‘900 è una vera e propria miniera di cattolici che hanno combattuto contro la prepotenza dei totalitarismi e delle ideologie. Quando in Messico, negli anni venti, si scatena una furiosa persecuzione della massoneria per soffocare la fede di un intero popolo, i cattolici insorgono e si stringono intorno a figure straordinarie di sacerdoti, come il gesuita Padre Miguel Pro (1891-1927). Uomo ricco di buon umore nonostante un’ulcera dolorosissima, porta Cristo in mezzo agli ammalati, ai minatori, alla sua gente. A chi lo mette in guardia dai pericoli presenti, risponde: «Ma io sono armato!». Ed estrae dalla tasca il suo crocefisso. Con abili travestimenti porta i sacramenti e gli aiuti materiali al popolo cattolico per più di un anno senza che la polizia governativa riesca a scoprirlo. Morirà fucilato nel 1927. Nello stesso periodo anche in Europa gli “illuminati” si danno parecchio da fare contro la Chiesa: un giorno del 1919 a Roma un francescano polacco osserva una processione di anticlericali e massoni che celebrano Giordano Bruno. Sono preceduti da uno stendardo nero su cui Lucifero schiaccia San Michele Arcangelo. Quel frate di chiama Massimiliano Kolbe. Nel cuore ha una concezione cavalleresca della vita, la sua dama è Maria Vergine. Scrive: «Bisogna inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore che ha trovato nella stampa la più potente alleata; fasciare il mondo di carta scritta con parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere». Padre Kolbe muore il 14 agosto 1941 nel campo di concentramento nazista di Auschwitz, ucciso da una iniezione di acido fenico, dopo essersi liberamente e volontariamente sostituito a un detenuto condannato a morte.
Una delle più grandi scommesse del cristianesimo è la possibilità di essere liberi anche quando gli uomini ti mettono in catene. Nel 1875, nell’odierno Sudan, una bambina di sei anni sta giocando allegramente quando due razziatori musulmani la rapiscono. Le affibbiano un nome, Bakhita, che vuol dire “fortunata”. Per anni vive da schiava, nessuno le parla mai di Dio. Ma la notte, osservando il cielo stellato, si domanda: «Chi è che accende in cielo tutti quei puntini luminosi?». È il senso religioso, è la fame del Creatore, che non si può sradicare nemmeno con la schiavitù. La sua preghiera inconsapevole viene esaudita, e dopo molte peripezie nel 1890 viene battezzata con il nome di Giuseppina Bakhita (1869-1947), per poi diventare suora canossiana e trascorre la sua vita a Schio, al servizio di Dio, “el me Paron”, come lo chiamava lei.
Il ‘900 è il secolo della più bestiale e organizzata persecuzione contro il cristianesimo: quella comunista. Fra milioni di vittime di questa spietata furia omicida, merita un posto d’onore il Cardinale-Principe Jòzsef Mindszenty (1892-1971), Primate d’Ungheria, indomito pastore prima contro il nazismo e poi contro il socialismo realizzato. Mindszenty viene arrestato per la prima volta nel 1919, sotto il tallone del Partito comunista del violento Béla Kun. Nel marzo del 1944 l’Ungheria è occupata dall’esercito hitleriano e Mindszenty patisce la seconda prigionia. Finita la guerra, comincia in Ungheria la schiavitù imposta dai nuovi padroni russi. Il Cardinale viene arrestato: il processo-farsa dura tre giorni, il cardinale viene imbottito di psicofarmaci e condannato all’ergastolo. La durissima prigionia ha termine soltanto nel 1956, quando il popolo ungherese prende le armi per combattere contro l’invasore sovietico.
Il 3 novembre, il Primate tiene in Parlamento un discorso memorabile in difesa della libertà che è radiotrasmesso in tutto il Paese.
Quella sera stessa i carri armati sovietici aprono il fuoco contro il popolo di Budapest. Il Primate riesce a rifugiarsi nell’ambasciata americana. La lascerà soltanto nel 1971, su esplicita richiesta di Papa Paolo VI.
Ma anche quando i cannoni tacciono e non si distendono i rotoli di filo spinato, la libertà dell’uomo è in pericolo. Il vuoto del relativismo e del nichilismo, le sirene dell’edonismo stringono la persona da ogni parte, promettendo una libertà che è invece schiavitù.
Un giovane sacerdote spagnolo, sopravvissuto provvidenzialmente alla mattanza di preti e suore compiuta dagli anarco-socialisti, comprende l’importanza di alimentare nel popolo dei cattolici l’amore per «la libertà dei figli di Dio». Si chiama Josemarìa Escrivà (1902-1975), e fonderà su ispirazione divina l’Opus Dei. In tutti i misteri della Rivelazione – spiega don Josemarìa – «palpita un canto alla libertà»: dalla creazione, libera profusione d’amore; alla Redenzione, frutto dell’amore gratuito e libero di Dio. L’uomo è veramente libero quando dona sé stesso e fa la volontà di Dio, come Maria con il suo “fiat”. E ancora: «Sono un grande amico della libertà, e proprio per questo amo tanto la virtù cristiana dell’obbedienza». I cuori di milioni di persone si sono infiammati sentendo quest’uomo. Come è capitato a un’intera generazione di giovani, incontrando un prete che insegnava religione al Berchet di Milano, e che chiamerà il suo movimento “Comunione e liberazione”. Quando nelle scuole e nelle università il conformismo di sinistra soffoca ogni alternativa, la gente di CL riesce a organizzare una resistenza alla violenza e alla eliminazione del fatto cristiano dalla società. Don Luigi Giussani (1922-2005) è il testimone della impossibilità di separare la libertà dall’esperienza cristiana. Perché Cristo chiama come Gesù chiama Matteo nel quadro di Caravaggio: indicandoti con un gesto che non accusa ma ama. E solo tu, liberamente, puoi dirgli di sì.
Bibliografia
Antonio Sicari, Ritratti di Santi, Jaca Book 1988.
Antonio Sicari, Il Quarto libro dei ritratti di santi, Jaca Book 1994.
Massimo Caprara, L’indomito primate, Il Timone – n. 22 Novembre/Dicembre 2002.
Michele Dolz, San Josemaría Escrivá, Un ritratto biografico, Ares 2002.
AA. VV., «Tracce» marzo 2005, numero speciale dedicato a Mons. Luigi Giussani.
Dossier: La libertà: dono inestimabile
TIMONE – N. 45 – ANNO VII – Luglio-Agosto 2005 – pag. 44-45