Centinaia di milioni di bambini vivono oggi in condizioni di degrado e violenza. Un segno che il messaggio di Cristo è dimenticato. Eppure, diceva Giovanni Paolo II, si potrebbe addirittura parlare di “Vangelo del bambino”
I bambini sono oggetti o persone? Questa è la domanda più vera e più urgente da porsi rispetto alla condizione dell’infanzia nel mondo. Accanto a situazioni che costringono i bambini a vivere il rischio povertà, ci sono altri fenomeni, in larga parte generati proprio dalla povertà, che non possono essere ignorati e che interrogano la coscienza di tutti gli uomini di buona volontà.
Quel che colpisce di più è la violenza che viene esercitata sui bambini. È diffusissima, a ogni latitudine e si realizza, nella maggior parte dei casi – come documentano le statistiche –, proprio nel foro più intimo, quello familiare, che dovrebbe essere eletto alla loro protezione. Da una ricerca europea si apprende che il 36% delle donne e il 29% di uomini residenti in Occidente, intervistati per studi condotti in ventuno Paesi industrializzati, dichiarano di aver subito abusi e violenze durante l’infanzia. Solo 15 paesi proibiscono nei loro ordinamenti le punizioni corporali che i bambini subiscono nelle loro case. Secondo le stime, sono 275 milioni nel mondo i bambini che assistono a episodi di violenza e maltrattamenti all’interno delle mura domestiche, che generano inevitabilmente un grave pregiudizio sulla loro formazione psichica e sulla loro identità. La violenza può anche essere esercitata in altro modo, come avviene in molti Paesi in via di sviluppo, dove, insieme a pratiche tradizionali che costituiscono un grave danno per la salute, come le mutilazioni genitali femminili, vengono tra l’altro usate fasciature immobilizzanti e marchiature, praticati riti di iniziazione violenti e esorcismi pericolosi, imposti matrimoni precoci e i bambini vengono perfino costretti ad ingrassare.
Dati spaventosi
Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sono 306 milioni i bambini che nel mondo lavorano. Per molti di loro si tratta di una vera e propria riduzione in schiavitù, tanti di loro sono abusati sessualmente sui luoghi di lavoro, dove subiscono anche punizioni corporali e umiliazioni o sono trafficati per il commercio degli organi, sottoposti al mercato della prostituzione e della pedo- pornografia, perfino obbligati nell’attività dell’estinzione di un debito.
La violenza nei confronti dei bambini può anche provenire da internet o attraverso i telefoni di nuova generazione e può essere subita nel luogo educativo per eccellenza, la scuola. Alle violenze illegali, il cosiddetto “bullismo” – in una ricerca condotta in 16 Paesi in via di sviluppo, dal 20 al 65% dei bambini intervistati hanno affermato di aver subito nei 30 giorni precedenti atti fisici o verbali di violenza – si aggiunge la violenza legalizzata: sono oltre 1 miliardo e 250 milioni (la metà di tutti i bambini del mondo) i bambini che vivono in Paesi dove le punizioni fisiche da parte degli insegnanti sono considerate legali, contro tutte le Convenzioni delle Nazioni Unite. Dopo diciassette anni dalla sua approvazione, è carta straccia la Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite, considerato che 78 Paesi ancora ammettono la punizione corporale di minori nell’ambito di provvedimenti disciplinari, mentre 106 Paesi non vietano, attraverso una legge specifica, le punizioni corporali a scuola.
In 36 Paesi, la flagellazione, la lapidazione e l’amputazione sono praticate anche nei confronti di minori che hanno commesso reati. In 43 Paesi, nei confronti dei minori- detenuti, si ricorre alle pene corporali, sebbene il 90% di essi non abbia commesso reati gravi. In base ad un rapporto delle Nazioni Unite, sono 250 mila (al 40% bambine) i ragazzi sotto i 18 anni reclutati in forze armate statali o in milizie non governative. Mentre, sarebbero 72 milioni, in base ai dati diffusi dalle organizzazioni internazionali, i bambini esclusi dall’istruzione scolastica. Milioni di bambini, 48 secondo le stime, non vengono iscritti all’anagrafe né compaiono in alcun registro. Sono gli “invisibili”: oltre tre quarti dei quali vivono nell’Africa subsahariana e nel sud-est asiatico, ma anche in America Latina, dove, in base ai dati, un bambino su sei non esiste. I bambini cosiddetti “di strada”, invece, non si capisce bene se siano 100 o 150mila, forse sono molti di più. D’altra parte, non è facile contarli. Vivono nelle strade, per lo più allontanati dalle loro famiglie, per ragioni legate alla povertà e al deterioramento delle condizioni vita, economica e sociale. Vivono nei quartieri più poveri dell’America Latina, dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa dell’Est, ma vivono anche nelle periferie degradate delle grandi metropoli occidentali. Hanno cinque-sei anni e la vita dedicata all’elemosina, al contrabbando di sigarette, ai furti, alla prostituzione, al turismo sessuale. In parte, tornano a casa periodicamente, molti sono abbandonati, rifiutati. Oggetti di consumo. Dormono nei parchi o negli antri dei palazzi, sotto i ponti o in edifici abbandonati. Spesso, nell’America Centrale, ma anche nell’Europa dell’Est, fanno uso di inalanti, come la colla, che sono poco costosi e facili da procurarsi, ma che causano danni irreversibili al cervello, così come varie debilitazioni fisiche. Sono stati documentati casi di violenza su bambini di strada in molti Paesi (Brasile, Colombia, Guatemala, Bangladesh, India, Nepal, Kenya, Uganda): gli autori delle violenze, in alcuni casi le forze che devono garantire la legalità – che sbattono in galera questi bambini per reati che non sono reati, in celle con adulti, dove mancano i bagni, dove letti, cibo e acqua non sono sufficienti – rimangono impuniti, anche nei casi in cui siano le stesse forze di polizia ad abusare sessualmente di questi bambini.
Una crisi etica
«Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare», dice Gesù (Mt 18,6). Parole durissime, che si riferiscono all’abuso della forza crudele sulla fragilità, della cattiveria sull’innocenza e sulla purezza, del male che non si riesce più a distinguere dal bene sulla persona che non può difendersi e che viene usata come un oggetto. Il trattamento che viene riservato ai bambini concorre a identificare in maniera determinante la crisi etica di questo nostro mondo, dove la persona umana, intesa nella sua integrità, non viene rispettata sin dall’infanzia e dove i suoi bisogni e le sue sofferenze non vengono neanche “visti” o – se “visti” – non diventano urgenze da affrontare. Per chi ha fede e crede nel Vangelo, la condizione in cui vivono i bambini nel mondo non può non essere che una priorità e ciascuno è chiamato ad operare, nella piccolezza della sua vita, perché viva quel “Vangelo del bambino”, di cui parlò Giovanni Paolo II nella Sua “Lettera ai bambini nell’anno della famiglia” del 1994. Il Papa affermò: «(…) ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti?».
Ricordando Mc 10,14; Mt 18,3 e 18,6, Giovanni Paolo II sottolineò come «il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il “Vangelo del bambino”». Il Papa si chiese cosa volesse dire «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» e sottolineò che Gesù pone il bambino come modello per gli adulti: chi è semplice, pieno di fiducioso abbandono, ricco di bontà e puro, come lo sono i bambini, «può ritrovare – disse il Papa – in Dio un Padre e diventare, a sua volta, grazie a Gesù, figlio di Dio».
Ricorda
«In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me».
(Vangelo di Matteo 18,1-5)
IL TIMONE N. 127 – ANNO XV – Novembre 2013 – pag. 16 – 17
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