Il Magistero pontificio? Non viene letto e insegnato dentro le comunità ecclesiali. I mass media ne stravolgono il contenuto. E cosa si può fare per rilanciare lo studio della metafisica e della legge naturale? La preoccupazione del Papa.
Non posso che unirmi ad Angelo Marchesi che su L’Osservatore Romano del 13 febbraio 2004 ha scritto: «c’è da augurarsi che non sia sfuggita a nessuno, sia egli un laico cristiano o un sacerdote, l’importanza del discorso che Giovanni Paolo II ha tenuto» alla riunione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede (e pubblicato il 7 febbraio dallo stesso quotidiano della Santa Sede). Perché un discorso così importante? Certamente perché si rivolge a quella Congregazione, presieduta dal card. Joseph Ratzinger, che ha come scopo la difesa e promozione della fede, ma soprattutto per i due temi affrontati: la recezione del Magistero oggi nella Chiesa e nel mondo e la percezione dell’importanza della legge naturale.
Questi due temi vengono affrontati in quell’ottica missionaria alla quale il Santo Padre ci ha abituato nel corso del suo lungo pontificato e in particolare nei documenti Redemptoris missio ed Evangelii nuntiandi. Ogni documento, ogni gesto della Chiesa va letto nella prospettiva dell’evangelizzazione: «ogni sua attività deve essere inseparabile dall’impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede», scrive il Papa. Ma l’evangelizzazione incontra diversi ostacoli, esterni, come «l’odierno contesto culturale» negativamente segnato dal relativismo e «dalla tentazione di un facile pragmatismo», ma anche interni alla Chiesa, quando il Magistero non viene adeguatamente recepito dai fedeli, sia per la superficialità dei mezzi di comunicazione, sia anche per l’incapacità di noi cattolici di fare la fatica di studiare il Magistero e poi di cercare di comunicarlo. Il Papa scrive di «fedeli disorientati più che informati» da come i testi del Magistero vengono presentati dai media, ma ricorda anche come un documento della Chiesa è un «evento ecclesiale» prima che un fatto mediatico, che i cattolici, a cominciare dai pastori fino a tutti i fedeli, devono accoglierlo «nella comunione e nella condivisione più cordiale della dottrina della Chiesa». Avviene così? Vi capita spesso di ascoltare incontri, conferenze, seminari, catechesi degli adulti nelle parrocchie italiane, in cui si tratti di documenti del Magistero? Ma allora a cosa serve, a chi si rivolge?
Nessuno nega la difficoltà di molti documenti magisteriali, ma proprio per questo meriterebbero un’attenzione maggiore da parte di chi dovrebbe incaricarsi di spiegarne il contenuto. E comunque il Papa pone un problema e una domanda a tutti i fedeli: «Perché la recezione diventi un autentico evento ecclesiale, conviene prevedere modi opportuni di trasmissione e di diffusione del documento stesso, che ne consentano la piena conoscenza innanzitutto da parte dei Pastori della Chiesa, primi responsabili dell’accoglienza e della valorizzazione del magistero pontificio come insegnamento che contribuisce a formare la coscienza cristiana dei fedeli di fronte alle sfide del mondo contemporaneo». Parole importanti, su cui riflettere per cercare soluzioni.
Altro argomento importante e urgente che il Papa indica all’attenzione dei membri della congregazione è quello della legge naturale.
Sento già l’obiezione di molti cattolici: «perché il magistero, il diritto naturale, tutte cose complicate quando invece sarebbe così semplice seguire Gesù Cristo?». C’è qualcosa di molto pericoloso in questa forma di fideismo, molto diffusa. Anzitutto la contrapposizione dialettica tra Rivelazione e legge naturale, tra fede e morale, quasi che la scelta di seguire il Signore non debba comportare una conversione, cioè un adeguare il nostro modo di agire, non soltanto, ma anche di pensare. Ma c’è di più. Il Papa scrive che l’assenza di consapevolezza dell’esistenza di una verità iscritta nel cuore di ogni persona è una conseguenza della crisi della metafisica, cioè di quella scienza delle cause ultime, dei primi principi, senza la quale l’uomo non ha certezze umane, non conosce la sua identità. Questa grave crisi è nata nelle scuole e università cattoliche, fra i pensatori cattolici e si è estesa ai fedeli, portandoli ad assumere posizioni fideiste nel campo della morale, per esempio. Nel dossier sul referendum contro il divorzio del 1974 ( il Timone, febbraio 2004), è stato fatto notare come questo fideismo sia stato nefasto nella recente storia italiana, impedendo ai cattolici di essere consapevoli, proponendo l’indissolubilità matrimoniale, di offrire una soluzione per il bene di tutta la comunità, non soltanto per i cristiani. Questa crisi potrà essere superata soltanto quando dalle scuole e dalle università cattoliche arriveranno insegnamenti coerenti con quanto scrive Giovanni Paolo II. Il Pontefice è consapevole che gli insegnamenti sulla legge naturale contenuti nelle due encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio «non sembra siano stati recepiti finora nella misura auspicata».
Oltretutto, vi è un ultimo aspetto, che il Papa ricorda. La legge naturale, iscritta nel cuore di ognuno, è la base del dialogo con gli uomini di altre religioni. Senza la legge naturale «viene a mancare un riferimento oggettivo per le legislazioni», che così si basano esclusivamente sul consenso sociale, venendo a mancare ogni possibile fondamento etico comune a tutta l’umanità. Senza la legge naturale e senza Dio, che ne è il fondamento e l’origine, tutto diventa possibile, dall’omicidio dell’innocente con l’aborto, al terrorismo che colpisce la gente comune, al terrorista suicida. E così l’odio si candida a dominare la storia.
BIBLIOGRAFIA
Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris missio, del 7 dicembre 1990.
Idem, Enciclica Veritatis splendor, del 6 agosto 1993.
Idem, Enciclica Evangelium vitae, del 25 marzo 1995.
Idem, Enciclica Fides et ratio, del 14 settembre 1998.
Antonio Livi, Lessico della Filosofia. Etimologia, semantica & storia dei termini filosofici, Ares 1995.
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