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15.12.2024

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Chiesa gerarchica
31 Gennaio 2014

Chiesa gerarchica

 

Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de “il Timone”, ha tenuto a Radio Maria il 9 novembre 2000, durante la “Serata Sacerdotale”, condotta da don Tino Rolfi.Conserviamo lo stile colloquiale e la suddivisione in paragrafi utilizzata per i suoi appunti dall’autore.
1. Dedichiamo questa conversazione alla struttura gerarchica della Chiesa cattolica e alla” successione apostolica”.
2. Per “struttura gerarchica della Chiesa” noi intendiamo che la Chiesa cattolica è una società con un capo invisibile che è Gesù Cristo, con un capo visibile che è il Papa, con dei pastori che aiutano il Papa nel governare la Chiesa, i vescovi, che al Papa sono sottoposti, con i sacerdoti ministri di Dio, che obbediscono ai vescovi. E, infine, il popolo di Dio costituito da noi laici cristiani.
3. Per “successione apostolica” si intende il fatto che il ruolo e il compito affidato da Gesù a Pietro e agli Apostoli è stato da questi trasmesso ai loro successori. E questa “trasmissione” si è perpetrata fino ai nostri giorni.
4. Ora, secondo la dottrina cattolica la struttura gerarchica della Chiesa fu voluta da Gesù. Non è stata inventata dalla Chiesa, ma emerge dalla Sacra Scrittura e dalla Sacra Tradizione. Ma nel corso della storia sono state mosse obiezioni a questa dottrina da Lutero, che ha dato il via, nel XVI secolo, al variegato mondo protestante; dai Testimoni di Geova, nati nel XIX secolo; dalla comunità valdese, nata nel XII secolo.
5. L’apologetica deve far fronte a queste contestazioni. Per ragioni di tempo, non possiamo soffermare l’attenzione sul dato biblico, se non per ricordare superficialmente qualche passo.
6. Noi chiederemo alla storia di dirci se la Chiesa primitiva, la Chiesa di coloro che hanno conosciuto gli Apostoli, e hanno ricevuto da loro le istruzioni per continuare la missione, era strutturata gerarchicamente o meno.

La Sacra Scrittura
7. La Sacra Scrittura mostra la volontà di Gesù di edificare la sua Chiesa e porre a capo Pietro e i suoi successori, che saranno i vescovi di Roma.
8. Gli Apostoli sono stati incaricati di coadiuvare Simon Pietro e hanno affidato ad altre persone di fiducia il compito di guidare le chiese particolari. Insomma, gli Apostoli si sono dati dei successori, i vescovi, e da duemila anni la vera Chiesa di Gesù Cristo ha nel vescovo di Roma il suo capo visibile universale e nei vescovi i suoi pastori locali.
9. I passi biblici sono numerosi e chiari. Gesù ha posto Simon Pietro a capo del collegio apostolico e si è scelto dodici Apostoli (Gv 21, 15ss).
10. Negli Atti degli Apostoli, si legge come San Pietro ordina che sia nominato un sostituto di Giuda, l’apostolo che aveva tradito: “Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione”.
11. E la scelta cade su Mattia. Dunque, il ruolo e il compito di Giuda, che aveva tradito, vengono trasmessi a Mattia: questa è la “successione apostolica”.
12. Fin dai primi tempi, i Dodici affidano e trasmettono a persone sempre più qualificate i compiti che erano stati loro affidati direttamente dal Signore Gesù.
13. Un caso tipico è quello di Barnaba. Egli non era uno dei Dodici, ma poiché dopo la sua conversione si dedicò a tempo pieno al Vangelo, venne mandato ad Antiochia, come delegato degli Apostoli Pietro e Giovanni, per esaminare la situazione di quella comunità, per esortare i cristiani che la componevano e per incrementare la loro azione evangelizzatrice.
14. Qui, i Dodici, o alcuni di essi, affidano a Barnaba i compiti di evangelizzare e di guidare le chiese locali.
Questo è il compito che tocca ancora oggi ai vescovi della Chiesa. Dunque, la missione del vescovo oggi trova la sua origine nella volontà di Gesù Cristo e degli Apostoli.
15. Vediamo un altro esempio. San Paolo, che era apostolo per nomina diretta da parte di Dio, affida incarichi speciali a Timoteo e a Tito.
16. Prevedendo l’imminenza della sua morte, egli affida a Timoteo il compito di guidare, di pascere, cioè di fare il vescovo della Chiesa di Efeso: ” Partendo per la Macedonia, ti raccomandai di rimanere in Efeso, perché tu invitassi alcuni a non insegnare dottrine diverse e a non badare più a favole o genealogie interminabili… ” (1 Tim 1, 3-4).
17. È questo un caso di successione apostolica. San Paolo affida la guida della Chiesa di Efeso a Timoteo e gli dà istruzioni in materia dottrinale e disciplinare. Questo è il compito del vescovo oggi, che si è conservato per duemila anni.
18. Anche a Tito san Paolo affida la cura, la guida e il comando della Chiesa locale che vive a Creta: “Per questo ti ho lasciato a Creta perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato” (Tito, 1,3).
19. Tito riceve da san Paolo la consegna di una missione che comportava non solo la vigilanza e la testimonianza, ma anche la facoltà di eleggere pastori che continuassero la stessa missione.
20. Siamo qui di fronte ad un altro episodio di successione apostolica.

La storia
21.
La storia ci ha tramandato molte prove del fatto che la Chiesa è sempre stata strutturata gerarchicamente. Prove che confermano la verità della fede cattolica.
22. La prima testimonianza risale al I secolo dopo Cristo ed ha come protagonista Clemente romano, quarto vescovo di Roma dopo Pietro, Lino e Anacleto.
23. Nell’anno 96, mentre era ancora vivo l’apostolo Giovanni, Clemente indirizza una Lettera ai cristiani di Corinto.
24. In questa Lettera troviamo prove del fatto che la successione apostolica era conosciuta fin dai tempi della Chiesa primitiva: “Gli Apostoli furono mandati a portare la Buona Novella dal Signore Gesù. Cristo; Gesù Cristo fu mandato da Dio. Il Cristo dunque viene da Dio, e gli Apostoli da Cristo”.
25. Parlando degli Apostoli, san Clemente scrive: “Predicando per le campagne e per le città, essi provavano nello Spirito Santo le loro primizie (vale a dire i primi convertiti, n.d.r.) e le costituivano vescovi e diaconi dei futuri credenti” .
26. Sul finire del I secolo, Clemente attesta che gli Apostoli nominarono dei vescovi che dovevano continuare la loro missione.
27. Questa testimonianza è una conferma che giunge dalla storia della “successione apostolica” e della struttura gerarchica della Chiesa.
28. Scrive ancora san Clemente: “Anche gli Apostoli nostri conobbero, per mezzo del Signore Nostro Gesù Cristo, che ci sarebbero stati contrasti a riguardo della dignità episcopale. Per questa ragione, prevedendo perfettamente l’avvenire, istituirono coloro che abbiamo detto (cioè vescovi e diaconi); e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel ministero” .
29. La lettera di Clemente è un do¬cumento prezioso. Essa attesta che gli Apostoli, di fatto i primi vescovi, nominarono i loro successori e ordinarono che questi ultimi, a loro volta, prima di morire, affidassero il compito di governare le chiese locali ad altri vescovi, loro successori.
30. Questa consuetudine, iniziata con gli Apostoli nel I secolo, si è conservata fino ai nostri giorni nella Chiesa cattolica che ha per capo visibile il vescovo di Roma. E questo è un punto di forza per dimostrare che solo la Chiesa cattolica è la vera Chiesa di Gesù Cristo.
31. Un’altra testimonianza storica risale ai primi anni del II secolo d.C. e proviene da un grande vescovo e santo della Chiesa, S. Ignazio di Antiochia.
32. S. Ignazio è nato in Siria verso l’anno 70, quando era ancora vivo l’apostolo Giovanni, ed è morto martire a Roma verso l’anno 110.
33. Di S. Ignazio di Antiochia ci sono giunte sette lettere, scritte a diverse Chiese dell’antichità, dalle quali emerge come già nel Il secolo ogni chiesa locale era strutturata gerarchicamente e guidata da un solo vescovo, capo riconosciuto e venerato.
34. Vediamo qualche esempio.
Nella lettera che indirizza ai Cristiani di Magnesia, si legge: “Procurate di fare ogni cosa (.. .) sotto la guida del vescovo, che tiene il luogo di Dio”.
35. E nella lettera che indirizza ai cristiani di Smirne, scrive: “Nessuno faccia senza il vescovo alcuna di quelle cose che riguardano la Chiesa”. E più avanti, sempre nella stessa lettera, si legge: “Dove appare (il vescovo) ivi sia la comunità, come dov’è Gesù Cristo ivi è la Chiesa cattolica. (…) Quello che il vescovo fa è approvato da Dio”.
36. Siamo di fronte ad una testimonianza preziosissima. Fin dall’antichità tutte le chiese locali erano guidate da un vescovo. Fin dal primo secolo la Chiesa cattolica conosceva l’episcopato monarchico, la guida di un solo vescovo.
37. Andiamo avanti. Da questi preziosissimi e antichissimi documenti veniamo a sapere anche il nome dei vescovi che guidavano quelle Chiese alle quali S. Ignazio indirizza le sue lettere: a capo della Chiesa di Efeso stava il vescovo Onesimo. A capo della Chiesa di Magnesia era posto il vescovo Damas. A capo della Chiesa di Tra II e era il vescovo Polibio. A capo della Chiesa di Smirne troviamo il famosissimo Policarpo.
Lo stesso Ignazio era a capo della Chiesa di Antiochia e, nella lettera che scrive agli Efesini afferma che ovunque vi sia una Chiesa locale essa è governata da un solo vescovo.
38. Come si vede, già nel Il secolo dopo Cristo le chiese locali erano poste sotto la guida di un solo vescovo.
39. Veniamo ad un’altra traccia lasciataci dalla storia. Un grande della Chiesa antica, S. Ireneo, vescovo di Lione, nato poco prima della metà del Il secolo, nella sua famosissima opera Adversus haereses, ci lascia scritto addirittura il catalogo, cioè l’elenco dei vescovi di Roma e attesta la successione monarchica dei vescovi della Chiesa di Smirne e di tutte le altre Chiese esistenti allora nel mondo.
40. Secondo S. Ireneo, gli eretici sono in errore perché sono fuori della successione apostolica, cioè non riconoscono le autorità della Chiesa, i vescovi, come loro legittimi pastori.
41. Ascoltiamo le sue argomentazioni: “Così tutti coloro che vogliono conoscere la verità, possono osservare in ogni chiesa la tradizione degli Apostoli, manifestata in tutto il mondo. Noi possiamo enumerare coloro che dagli Apostoli furono stabiliti vescovi nelle chiese, e i loro successori fino ad oggi”.
42. Riflettiamo. Nella Chiesa dei primi secoli, un criterio di giudizio infallibile per stabilire chi fosse eretico o meno era dato dall’appartenenza alla Chiesa guidata dai vescovi e Ireneo, scrivendo per confutare gli eretici, si vanta di potere enumerare la successione dei vescovi di ogni chiesa locale.
43. Ma poiché si trattava di un lavoro molto lungo, preferisce elencare solo i vescovi della Chiesa più importante, quella di Roma.
Sentiamolo: “Ma poiché sarebbe troppo lungo, in un volume come questo, enumerare la successione di tutte le chiese, noi esaminiamo la chiesa grandissima e antichissima e conosciuta da tutti, fondata e stabilita a Roma dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo; e dimostreremo che la tradizione, che essa ha dagli Apostoli, e la fede, che ha annunciato agli uomini, sono giunte fino a noi attraverso la successione dei vescovi” .
44. S. Ireneo attesta, sul finire del Il secolo, l’esistenza di elenchi di vescovi per ciascuna Chiesa e ritiene che la comunione cori il vescovo sia garanzia della ortodossia, della vera Chiesa. Non così gli eretici che, essendosi staccati dalla comunione con il vescovo e sopra tutti con il vescovo di Roma non possono vantare di appartenere alla vera Chiesa.
45. Ireneo ci trasmette una verità direi anche una regola – che vale ancora oggi. È la comunione con il vescovo di Roma, cioè con il Papa, che garantisce l’appartenenza alla vera Chiesa.
46. Siamo ora certi che fin dai primissimi tempi dell’era cristiana le chiese locali erano strutturate gerarchicamente, con a capo un vescovo, un solo vescovo.
47. Queste prove ci consentono di rispondere alle contestazioni avanzate nel corso della storia alla dottrina cattolica della costituzione gerarchica della Chiesa.
48. Come ben sapete, Lutero e Calvino, i grandi contestatori del XVI secolo, che diedero inizio alla variegata famiglia protestante, contestavano la costituzione episcopale e gerarchica della Chiesa cattolica.
49. Anche i Testimoni di Geova si pongono di fatto sulla stessa linea di contestazione.
50. Tutte queste contestazioni rivolte alla struttura gerarchica della Chiesa cattolica non solo non tengono conto della verità della Bibbia, ma nemmeno dell’ abbondante documentazione consegnataci dalla storia della Chiesa antica. La storia – come abbiamo visto – dà ragione alla dottrina cattolica.
51. Una storia ricca di testimonianze.
Ne esaminiamo un’altra, antichissima, risalente al II secolo, che proviene da Tertulliano. Nato in ambiente pagano verso la metà del II secolo, egli stesso pagano, Tertulliano si convertì al cristianesimo quando aveva 33 anni.
Divenne un polemista di prim’ordine, combatté contro gli eretici e contro le persecuzioni imperiali. Purtroppo, prima di morire aderì egli stesso all’eresia montanista.
52. Prima di aderire al Montanismo, Tertulliano sfoggiava un argomento apologetico invincibile, valido ancora oggi. Di fronte ad eretici che vantavano di far risalire le loro dottrine addirittura agli Apostoli di Gesù, vissuti solo un secolo prima (ricordiamo che siamo alla fine del Il secolo), Tertulliano risponde: “Può darsi che ci siano eresie le quali osino rifarsi all’età apostolica, sì da parer insegnate dagli Apostoli. Si può replicare ad esse: Mettano fuori dunque le carte di nascita delle loro chiese; sciorinino i cataloghi dei loro vescovi, che dimostrino la loro successione fin dal principio, in modo che si veda che quegli che fu il primo vescovo ricevette l’investitura e fu preceduto da uno degli Apostoli o almeno da un uomo apostolico, che con gli Apostoli avesse avuto rapporti costanti”.
53. Tertulliano scriveva nel II secolo: “Questo è il modo con cui le chiese apostoliche esibiscono i loro titoli: così la chiesa di Smirne mostra che Policarpo fu collocato in quella sede da Giovanni (san Giovanni Apostolo, n.d.r.); così quella di Roma mostra che Clemente vi fu ordinato da Pietro; e così pure le altre esibiscono i vescovi che, costituiti nell’episcopato dagli Apostoli, sono per esse i veicoli della semente apostolica” .
54. Ora, cari radioascoltatori, dicevamo che questo modo di ragionare vale ancora oggi. Quando la Chiesa di Roma mostra la sua carta di identità, da Papa Giovanni Paolo II essa risale, nella storia, e attraverso i suoi 263 predecessori, fino a Simon Pietro, primo vescovo di Roma. La Chiesa cattolica conserva intatta la successione apostolica.
55. Non possono fare la stessa cosa le comunità del mondo protestante che, quando mostrano la loro carta di identità, dai pastori di oggi possono risalire al massimo a Lutero, vissuto nel XVI secolo e a nessun altro prima di lui. Quindi, come giustamente insegna la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede Dominus lesus, a rigore queste comunità non possono essere chiamate “chiese”, perché hanno interrotto la successione apostolica.
56. Non possono fare la stessa cosa le comunità del mondo anglicano le quali, quando mostrano la loro carta di identità, possono risalire al massimo fino a Re Enrico VIII, vissuto anch’egli nel XVI secolo.
57. Non possono fare la stessa cosa i Valdesi, i quali, quando mostrano la loro carta di identità possono risalire fino a Valdo, un mercante di Lione vissuto a cavallo tra XII e XIII secolo.
58. La successione apostolica è invece, fin dai tempi antichissimi, una delle prove per identificare la vera Chiesa di Gesù Cristo e oggi la Chiesa cattolica può vantare, e storicamente dimostrare, di averla conservata.
Su invito di Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, Gianpaolo Barra conduce un “Corso di apologetica popolare” dai microfoni della benemerita emittente. L’appuntamento è fissato al secondo sabato di ogni mese, a partire dalle ore 21 e fino alle 22,30. I prossimi appuntamenti: 12 aprile, 10 maggio, 14 giugno.



IL TIMONE N. 24 – ANNO V – Marzo/Aprile 2003 – pag. 61

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