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7.12.2024

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Ci occorre il sangue
31 Gennaio 2014

Ci occorre il sangue

 

 

 

Il film di Mel Gibson troppo cruento? Ma la tradizione della Chiesa e il Magistero dicono che…
Ci occorre il sangue

 

Lo scrive Santa Caterina da Siena nelle sue Lettere: “Nel Sangue di Cristo troveremo la speranza”. San Tommaso: “Il Sangue di Cristo è la chiave del Paradiso”. E la Lettera apostolica Inde a Primis del beato Giovanni XXIII, ovviamente ignorata dagli ambienti progressisti,
mette tutti a tacere.

 

“Il Sangue ci toglie ogni dubbio, se mai ci venisse, che Dio voglia altro che il nostro bene. Col Sangue suo lavò la faccia dell’anima nostra… il Sangue ricoperse la nostra nudità perché ci rivestì di grazia; nel caldo del Sangue egli distrusse il ghiaccio del nostro cuore e riscaldò la tiepidezza dell’uomo”. Così Santa Caterina da Siena in una delle sue Lettere.
E ancora: “Nel Sangue fu dissipata la tenebra e la luce ci inondò… Che dunque ci occorre? Ci occorre il Sangue. Nel Sangue di Cristo troveremo la speranza ferma che ci toglierà ogni timore servile… Egli ci diede il Verbo, e il Verbo ci diede la Vita, e col suo Sangue ci fece un bagno perché potessimo lavare la lebbra delle nostre iniquità”.
Ci ricorda San Gaspare del Bufalo, citando San Tommaso: “Il Sangue di Cristo è la chiave del Paradiso”. E San Giovanni Crisostomo: “Il Sangue di Cristo è la salvezza delle anime, oro inestimabile è il Sangue di Cristo… ci arricchisce di una bellezza incredibile”.
Riportiamo questi autorevoli riferimenti pensando a uno degli argomenti ricorrenti dei critici del film di Mel Gibson. Critica ben esemplificata in un titolo del Corriere della Sera dello scorso 5 marzo: “La Passione secondo Mel Gibson tutta orrore e sangue senza pietà”. Il titolo sintetizza il contenuto di un’intervista a Moni Ovadia, il teatrante ebreo (ma che si professa non credente!), che tanto piace a certi circoli cattolici nostrani. Stranamente, invece che insistere sul presunto antigiudaismo della pellicola (“non credo che questo brutto film affogato di stereotipi possa far rinascere un antisemitismo legato brutalmente all’accusa di deicidio”), il cosmopolita cantore della cultura Yiddish, a proposito della pellicola dei record, scodella frasi del tipo: “sangue che scende a fiumi”, una storia in cui “si trasforma tutto in banale cronaca sanguinolenta”, un “grand guignol alla Quentin Tarantino”.
Ma se non stupiscono più di tanto le affermazioni del simpatico Moni Ovadia, che in fondo giudica dall’esterno la tradizione cristiana, senza conoscerla appieno, desta maggiore preoccupazione, lo stesso giorno (5 marzo 2004) e sulla stessa pagina del Corriere, l’intervento di Alberto Melloni, storico del cristianesimo, credente. Tralasciando una lunga serie di affermazioni pesantemente negative verso il film di Mel Gibson, che tradiscono l’imbarazzo di certi intellettuali cattolici di fronte alla bellezza della Verità, Melloni sciorina, in rapida successione, espressioni del tipo: “cupo fluire di sangue”, film dal “carattere sanguinoso e cruento”, evento che rischia di “aprire una stagione spirituale nuova” che ridà vigore a “quella che era una nicchia della pietà popolare”. E ancora: “Gibson piace a una Chiesa pulp… bisognosa di una oscurità densa nella quale sentir di nuovo gocciolare sangue e dolore”.
Più che replicare direttamente alle affermazioni dello studioso, facciamo rispondere a un personaggio che gli è caro, e che Melloni si vanta di conoscere bene, dal momento che la Fondazione per le scienze religiose di Bologna, di cui fa parte, lo ha eletto quasi suo “beato” protettore. Ci riferiamo a Giovanni XXIII, che, ahimè, continua a essere prigioniero di “letture” progressiste e false.
Ebbene, se c’è un Papa che ha promosso nel mondo la devozione del Preziosissimo Sangue, è proprio Roncalli, che è l’autore del primo documento pontificio ufficiale emanato al solo scopo di propagare la devozione al Preziosissimo Sangue. Il documento è la Lettera Apostolica Inde a Primis, che reca la data del 30 giugno 1960, vigilia della Festa del Preziosissimo Sangue (festa che, con la riforma del calendario liturgico, Paolo VI nel 1970 unirà alla solennità del Corpus Domini, con il nuovo titolo di Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo).
Ebbene, la Inde a Primis meriterebbe di essere riportata integralmente, tale ne è l’eccezionale, e oggi misconosciuta, portata ecclesiale e pastorale. Ci limitiamo ai passi più significativi. Dopo aver definito la devozione al Preziosissimo Sangue “l’espressione divina della misericordia del Signore sulle singole anime, sulla sua Chiesa e sul mondo intero”, il beato Giovani XXIII ricorda “con viva emozione la recita delle Litanie del Preziosissimo Sangue che i nostri vecchi facevano nel mese di luglio”, e che lui stesso, il 24 febbraio di quel 1960, aveva approvato, “incoraggiandone altresì la recita in tutto il mondo cattolico; sia in privato che in pubblico, con l’elargizione di speciali indulgenze”.
Poi, dopo aver sottolineato che “la devozione al Sangue Preziosissimo” prima di lui “ebbe il meritato consenso e il favore di questa Sede Apostolica” (e cita Benedetto XIV, Pio IX e Pio XI), Roncalli nella medesima Lettera Apostolica così prosegue: “Se infinito è il valore del Sangue dell’Uomo-Dio ed infinita è stata la carità che lo spinse ad effonderlo fin dal giorno ottavo della sua nascita [con la circoncisione, ndr] e poi con sovrabbondanza nell’agonia dell’orto, nella flagellazione e coronazione di spine, nella salita al Calvario e nella Crocifissione, e infine dalla ampia ferita del costato, a simbolo di quello stesso Sangue divino che scorre in tutti i Sacramenti della Chiesa, è non solo conveniente ma sommamente doveroso che ad esso siano tributati omaggi di adorazione e di amorosa riconoscenza”.
Giovanni XXIII invita poi i fedeli, nel momento dell’elevazione del Calice del Sangue del Nuovo Testamento, durante il sacrificio della Messa, a unirsi al Sacerdote celebrante, potendo “con piena verità ripetere mentalmente le parole che egli pronuncia nel momento della Comunione: ‘Calicem salutaris accipiam et nomen Domini invocabo… Sanguis Domini Nostri Jesu Christi custodiat animam meam in vitam aeternam. Amen”.
Venendo ai giorni nostri, monsignor Antonio Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, intervenendo lo scorso 4 marzo in margine al convegno su Karl Rahner e la questione antropologica: problematiche e prospettive, che si è tenuto presso la Pontificia Università Lateranense, ha affermato, come riporta l’agenzia Ansa, che il sangue della Passione “non deve spaventare, perché ha una importanza teologica e storica”. E ha aggiunto: “La Passione fu una cosa molto drammatica. Cristo fu ucciso e sangue fu versato. Questo sangue è diventato sacrificio della Croce e poi è stato ripresentato e riattualizzato nel sacrificio della Messa; quindi diventa un sacramento di salvezza… Non bisogna vedere solo il sangue, ma quel sangue che è sangue versato. L’Eucaristia è il pane e il vino che diventano vero corpo e vero sangue di Cristo”.
Concludiamo con Giovanni Paolo II: “Ogni volta che nella Messa sono pronunziate le parole della consacrazione e il Corpo e il Sangue del Signore tornano presenti nell’atto del sacrificio, è pure presente il trionfo dell’amore sull’odio e della santità sul peccato” (udienza generale del 1° giugno 1983).

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

AA.VV., Preghiere al Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo, Shalom 2002. È un testo semplice e divulgativo, ma di esemplare chiarezza e completezza, prezioso per riprendere una devozione oggi un po’ trascurata.

 

 

IL TIMONE – N. 33 – ANNO VI – Maggio 2004 – pag. 18 – 19
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