Corpo mistico di Cristo, sposa del Signore, popolo di Dio… immagini tradizionali e vere della Chiesa. Che si capiscono meglio nell’ottica della comunione d’amore con Cristo. Intervista al card. Georges Cottier.
Se è vero che la capacità dei veri «grandi» è quella di spiegare le cose difficili con semplicità e passione, beh: allora sembra proprio che Georges Cottier il titolo di «eminenza» se o sia en meritato…
Perché è difficile sentire un teologo (anzi: il teologo «ufficiale» della Casa pontificia) e un uomo ai vertici della gerarchia ecclesiastica parlare della Chiesa cui appartiene in modo tanto piano e chiaro, senza nascondersi per nulla le obiezioni più correnti in materia, e nello stesso tempo col calore che si prova per qualcosa di lungamente e tuttora amato: nonostante il tempo, le disillusioni, le prove e quant’altro certo deve aver incontrato di deludente anche lui, tra le pieghe della «sposa bella» voluta da Cristo e tanto criticata dagli uomini. Per questo conversare con il cardinale Cottier riscalda la passione, lenisce le ferite.
Eminenza, una volta si diceva: «Cristo sì, Chiesa no». Perché invece è importante che pure la Chiesa trovi posto nella vita del cristiano?
«L’opposizione tra Cristo e Chiesa in sé stessa è falsa: Cristo infatti lo conosciamo attraverso la Chiesa, la sua vita è comunicata a noi dalla Chiesa. Alcuni invece, o per pretesto o con sincere motivazioni, si fermano ai difetti umani dei cristiani per non vedere che cosa è la Chiesa. Anzitutto la Chiesa non ha senso senza Cristo, lo mostra il Nuovo Testamento: san Paolo per esempio la descrive come corpo mistico e come sposa di Cristo, dunque prolungamento di Cristo stesso. Poi l’esperienza mostra che tutte le ipotesi che vogliono porre Cristo fuori dalla Chiesa risultano alla fine costruzioni arbitrarie; anche oggi esiste la grande tentazione di una religione individualistica, dove si tenta di avere una relazione privata con Dio, mentre è nella comunità che si riceve la vita di Dio… Insomma, l’obiezione “Cristo sì e Chiesa no” è una trappola, qualche volta una scusa».
Popolo in cammino, piramide gerarchica, navicella di Pietro… Qual è l’attualità di queste immagini tradizionali della Chiesa, per noi gente di oggi? E qual è quella che lei predilige?
«Ce ne sono anche altre… Ma non voglio dire quella che preferisco, perché una molteplicità delle immagini è comunque necessaria: una da sola non può riassumere tutto. Piuttosto voglio segnalare che nel Sinodo del 1985 si è parlato di Chiesa come comunione: e mi sembra che tutte le immagini prendano senso a partire da lì. Comunione infatti si riferisce all’amore di Cristo, che è fonte della Chiesa, e anche all’amore fraterno che si genera da Lui; essere popolo in cammino significa appunto questo. La navicella dice invece che la Chiesa vive la sua fede, la speranza e la carità nelle tempeste del mondo, ma nello stesso tempo che essa è la barca di Pietro, servitore della comunione».
«Non è un’immagine che si trova nel Nuovo Testamento; è piuttosto una descrizione di chi vede le cose dall’esterno. Nell’idea di Chiesa come comunione, infatti, la gerarchia è un servizio e posso dire che tale concezione importantissima sta sempre più penetrando i modi di agire ecclesiastici. Ciò che conta nella Chiesa non è infatti il grado gerarchico, bensì la grandezza della vita nell’amore. L:immagine della piramide rischia di portare a gravi malintesi, a nascondere che la comunione è servizio; io pertanto la eviterei. L:autorità di Pietro è una grande cosa, un servizio immenso che si capisce soltanto in quanto è utile alla comunione di tutti».
«Extra ecclesia nulla salus»: come va interpretato questo antico principio? Si può davvero sostenere che chi è fuori dalla Chiesa non può salvarsi? E in che senso?
«Il senso è questo: colui che – avendo visto chiaramente nel suo spirito che cos’è la Chiesa, corpo mistico e sposa di Cristo, voluta da Lui e scaturita dalla sua costola – rifiuta la Chiesa sapendo che cosa rifiuta, costui è fuori dalla salvezza eterna, perché si colloca fuori dal mistero. Ma questo non è il caso della massa immensa di quanti non conoscono la Chiesa perché sono ignoranti oppure per dei malintesi; costoro non possono essere condannati per il peccato del rifiuto della luce, che non hanno commesso. Saranno piuttosto giudicati a partire dalla luce a cui sono stati fedeli nella loro coscienza. In questo caso è più fondamentale l’affermazione che Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini:. e la salvezza deriva sempre dalla Grazia di Cristo. La quale – dice il Concilio – segue cammini che non conosciamo. Tutti coloro che in buona fede seguono tali vie, nel rispetto della coscienza, saranno salvi. Anche senza il battesimo con acqua».
Infatti l’idea che solo i battezzati si salvino trasmette una certa antipatia. Come quando la si brandiva contro i non cattolici, considerandoli «nemici».
«È vero. Qualche volta la frase “extra ecclesia nulla salus” usata nella predicazione e nella catechesi in un contesto polemico può urtare molto, e se la adoperiamo siamo obbligati a usarla bene. Dobbiamo spiegare che cosa significa davvero».
Eminenza, si parla spesso di laici nella Chiesa. Però in concreto – dalle parrocchie in su – spesso la Chiesa «sono» ancora e soltanto i preti, la gerarchia. Come liberarsi da un certo neo-clericalismo rimontante, senza per questo buttare a mare la Chiesa?
«Dipende dalla coscienza dei laici e anche da quella del clero. La Lumen Gentium esprime una dottrina bellissima sulle differenti vocazioni nella Chiesa: vescovi, preti, laici, consacrati. Avere ognuno coscienza della propria vocazione e di quella altrui è il primo passo da fare, perché le vocazioni vengono da Dio. Il problema è che gli uni vogliono fare il lavoro degli altri, per esempio in Nord Europa i laici vogliono “fare i preti” creando un fenomeno di neo-clericalismo laicale. E nello stesso tempo alcuni laici risultano latitanti nel campo proprio della cultura, dell’economia, della politica. Ciascuno dunque capisca dove Dio l’ha collocato, per fare bene ciò che gli è richiesto e non prendere il posto altrui. Anche il clero deve imparare a collaborare: se il parroco è capo della comunità, non vuoi dire che dev’essere lui a far tutto; la comunione non lo richiede. Il clero dev’essere consacrato a ciò che è proprio del suo ministero, non occuparsi delle cose che spettano ai laici. Se poi prevaricazioni di questo genere avvengono, è perché sia nel clero sia nei laici resiste l’idea dell’autorità come potere, cosa tristissima e fuori dello spirito evangelico. Insomma, ogni generazione deve reimparare la collaborazione fraterna che genera la Chiesa; essa non è uniforme ed è costituita proprio dalla sua organica diversità».
LA VERA CHIESA
«… è chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni, le quali sarebbe complementari alla Chiesa, anzi sostanzialmente equivalenti ad essa, pur se convergenti con questa verso il regno di Dio escatologico».
(Dominus Iesus, n. 21)
Dossier: La vera Chiesa? E’ quella cattolica!
IL TIMONE – N. 40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 42 – 43