Oggi si vuole costruire il mondo senza alcun riferimento religioso, non necessariamente contro Dio. Dio se c’è non c’entra. I pericoli di una deriva totalitaria.
L’età moderna, come sostiene Maritain, finisce per porre "un'inimicizia assoluta" tra ragione e mistero. Non esiste più il mistero come tale, esiste un ignoto che sarà conosciuto, lentamente ma inesorabilmente, attraverso le scienze e lo sviluppo delle tecniche. In epoca moderna il problema esistenziale di carattere metafisico religioso viene quasi del tutto eluso: si pretende di avere una conoscenza chiara e distinta di tutto, e allora Dio diventa o un problema la cui esistenza può essere dimostrata geometricamente (si veda Cartesio); o un problema che non riguarda più la ragione (si vedano Hobbes o, in modo ancora più paradigmatico, Kant).
L'antropologia moderna, fondata sulla strapotenza della ragione umana, giunge alla sua più completa espressività durante l'illuminismo, e risulta definita con particolare chiarezza da Kant. Nel suo scritto Che cos'è l'lIIumìnìsmo, egli afferma che l'uomo esce da uno stato di minorità attraverso l'assunzione piena e l'esercizio della sua capacità razionale come capacità scientifica. Tutta l'antropologia precedente che si fondava metafisicamente, secondo Kant, non ha alcun valore conoscitivo, perché nutre la pretesa di conoscere la cose in sé, la sostanza ultima della realtà che è invece strutturalmente inconoscibile.
Non solo, l'uomo, affermato dall'antropologia precedente all'illuminismo, risulta minorato, in quanto non ha la consapevolezza di avere in sé la capacità di risolvere i problemi. L'uomo dell'illuminismo entra nella realtà e ne è al centro, non ha nulla sopra di sé, non è caratterizzato ultimamente da nessun rapporto, dice "io" in modo esclusivo.
E’ il soggetto umano che impone le leggi che regolano la conoscenza nella realtà e dell'agire. Secondo Kant, «la natura è stata data all'uomo solamente come caos di sensazioni; tramite la conoscenza, l'uomo le attribuisce le leggi dell'ordine logico, le quali provengono dalla sua coscienza spirituale. Dalla stessa coscienza deriva la legge morale, con la quale l'uomo obbliga la propria volontà. Di qui poi le idee di unità ultima, con le quali l'uomo congiunge, per formare la totalità dell'esistenza, la sfera della natura e quella della moralità».
La religione, quando non è ridotta nei limiti della sola ragione a problema morale, viene allora interpretata come uno pseudo problema che conduce all'alienazione. Se, infatti, il vero problema è rappresentato dalla capacità di dominare la realtà, chiedersi come l'uomo possa stare in rapporto con Dio significa crearsi un falso problema. La religione è un fattore negativo perché impedisce all'uomo di impostare la propria vita esclusivamente sul dispiegamento delle proprie energie naturali che esso possiede per realizzarsi. L'uomo è alienato dalla religione proprio perché viene sottratto a se stesso per affrontare problemi illusori. A questo riguardo, sicuramente illuminante risulta la lettura della modernità compiuta da De Lubac: «se noi scendiamo il corso dei secoli, fino all'alba dei "tempi moderni" facciamo una strana scoperta. Ecco infatti che quella stessa idea cristiana dell'uomo, che era stata accolta un tempo come liberazione, incomincia ad essere sentita come un giogo. Ecco che quello stesso Dio in cui l'uomo aveva imparato a riconoscere il sigillo della propria grandezza, incomincia a sembrargli un rivale, il nemico della propria dignità. L'uomo elimina Dio, per poi prendere egli stesso possesso della grandezza umana, che gli pare ingiustamente tenuta da un altro. In Dio, egli abbatte un ostacolo per conquistare la sua libertà». Lo stesso De Lubac, sempre nella sua celebre opera II dramma dell'umanesimo ateo, descrive l'articolarsi nel pensiero contemporaneo di tale concezione antropologica: Feuerbach, Marx, Nietzsche, Comte risultano le espressioni più evidenti di tale tentativo di emancipazione dell'uomo nei confronti di Dio e della religione. Tentativo che ha come esito però la distruzione stessa dell'uomo: «Umanesimo positivista, umanesimo marxista, umanesimo nietzschiano: molto più che un ateismo propriamente detto, la negazione che sta alla base di ciascuno di essi è un antiteismo e più precisamente un anticristianesimo. Per quanto opposti siano tra loro, i mutui contatti, latenti o manifesti, sono numerosi; e come hanno un fondamento comune nel rigettare Dio, convengono pure in risultati analoghi, il principale dei quali è la distruzione della persona umana".
La sottolineatura della importanza della ratio che si esprime nella scienza e nella tecnica fa sì che anche l'etica sostanzialmente diventi a lungo andare un fatto eminentemente scientifico e quindi i criteri di comportamento morali, che Kant voleva desumere astrattamente e universalmente dalla ragione, vengono poi mutuati dal comportamento sociale, letto e regolarizzato dalle scienze umane.
Il punto di maggior forza della modernità risulta quindi lo svilupparsi di questa ideologia scientifico-tecnologica, in base alla quale l'attenzione riposta sul soggetto conduce, paradossalmente, all'affermazione di quel soggetto forte che è lo Stato. Quest'ultimo può fare riferimento a una struttura scientifica che rimette tutte le sue decisioni nell'orizzonte incontrovertibile della scienza. Siamo di fronte ad una società che anche quando si definisce democratica rischia di essere una democrazia totalitaria. Infatti, non è sufficiente un funzionamento corretto delle procedure democratiche per garantire la democrazia, perché può sempre insinuarsi una concezione totalitaria della vita, per quel tanto che vengono negate le istanze religiose dell'uomo, o viene negata la libertà della Chiesa di essere presente come fatto vivo, nella società.
Secondo questa componente della modernità si vuole costruire il mondo senza alcun riferimento religioso, non necessariamente contro Dio. L'essenza del laicismo, secondo Cornelio Fabro, consisterebbe, infatti, nell'espressione "Dio se c'è non c'entra".
Non è necessario il riferimento a Dio perché l'uomo conosca adeguatamente se stesso, quindi perché l'uomo ritrovi le leggi fondamentali del suo vivere, del suo esistere e determini quei criteri fondamentali che fanno nascere i rapporti sociali, dando così vita alla società.
IL TIMONE – N. 41 – ANNO VII – Marzo 2005 pag. 28 -29
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