Un’istantanea. L’ultimo libro di monsignor Alessandro Maggiolini non vaticina: de facto, si limita – punteggiando qua e là il testo con constatazioni giustificatamente amare – a fotografare l’esistente, senza di per sé denunciare il peggiore dei mondi possibili. Classe 1931, vescovo di Corno dal 1989, già sacerdote della diocesi di Milano e lì docente d’Introduzione alla teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stato l’unico italiano a partecipare ai lavori di redazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Oltre a opere di natura pastorale e teologica, Maggiolini – giornalista professionista – ha abituato il lettore anche a interventi di prima pagina su quotidiani nazionali. La sua fatica editoriale più recente, edita nel 2001 per i tipi di Piemme di Casale Monferrato in provincia di Alessandria, s’intitola Fine della nostra cristianità. E felicemente. Già quella che l’ha preceduta, Meglio il martirio (Mondadori, Milano 1996), conteneva pagine splendide e pesanti: per esempio quelle dedicate al “martirio del ridicolo”, la prova più dura eppure più attuale per l’uomo che, nel nostro mondo annoiato e cinico, osa confessare la fede in Gesù Cristo.
Fine della nostra cristianità è un libro puntuale sin dal titolo.
Fra Cristianità antica e nuova (scusate: mi ostino ad adoperare la maiuscola), Cristianità perduta e Cristianità impossibile, pochi oggi conoscono il vero significato di un termine purtroppo desueto. Maggiolini lo intende come “l’essenza del cristianesimo – che non esiste mai allo sfato puro – quale si concretizza in un determinato contesto di cultura e di civiltà: dunque incarnandosi in un quadro umano che pone in evidenza alcuni aspetti del mistero rivelato nel Signore Gesù […]”. Ovvero non è mai esistita la civiltà cristiana, ma certo hanno prosperato le civiltà cristiane. E quella unitariamente realizzatasi nel nostro angolo di mondo è oramai giunta al capolinea.
Non è una grande rivelazione di novità, ma il coraggio di battezzare un fatto già in atto non è di tutti. Maggiolini lo trova e ne scrive.
Ora, il vero conservatore altri oggi non è che il vero rinnovatore, il vero rifondatore. Terminata (per certo) una civiltà – una civiltà cristiana -, si tratta di edificarne un’altra. La Cristianità ventura non sarà (non potrà mai essere, né potrebbe) uguale a quelle del passato anche prossimo; ma cosa significherà, quale sarà la Cristianità del Terzo Millennio globalizzato e non più eurocentrico – ma forse (e felicemente) “grand’europeo” in un senso ampio e rinnovato – è da costruirsi più che da dirsi. Insomma, la sfida che attende il cristiano è quella di sempre: rendere cultura la propria fede qui e ora. Cioè nel tempo e nelle condizioni che gli sono date. L’attore di questo immenso palcoscenico può essere infatti l’uomo, ma il regista (e scenografo e coreografo e drammaturgo) è senz’altro Dio, che dispone misteriosamente.
(Ogni capitolo del volume di Maggiolini si chiude con una preghiera ad hoc, e l’appendice ne è un ulteriore florilegio…).
BIBLIOGRAFIA
Fine della nostra cristianità, Alessandro Maggiolini, Piemme Casale Mon.to, 2001
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