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15.12.2024

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Crociate
31 Gennaio 2014

Crociate

 

 

 

Frugando nel mio archivio, trovo una cartellina di appunti che presi in un’estate lontana, in cui decisi di concentrare sulle crociate le letture vacanziere. Volevo trarne una serie di puntate per il “primo” Vivaio, quello su Avvenire, ma poco dopo decisi di sospendere la rubrica e il materiale accumulato restò lì, dimenticato. Con quella ricerca, intendevo rispondere alle richieste di molti lettori che mi ricordavano come alle crociate avessi dedicato qualche cenno qua e là ma non una trattazione organica. Trattazione che non farò neppure qua, ci mancherebbe: mi limiterò a estrarre qualche nota.
Per esempio questa di uno specialista, il medievista cattolico Franco Cardini. Il quale, quando Giovanni Paolo II si profondeva nelle ben note scuse, un giorno fu preso da malumore per quello che, a lui storico, sembrava un inaccettabile anacronismo e scrisse: «Volendo essere più papista del papa, potrei aggiungere alla lunga lista di delitti attribuiti ai crociati («fanatici, violenti, intolleranti, ladri, superstiziosi…»), anche un’accusa ulteriore: erano stupidi. Non si spiegherebbe altrimenti che abbiano impiegato tanto tempo per arrivare a Gerusalemme attraverso montagne e deserti, quando avrebbero potuto organizzare un bel ponte aereo, impiegando così poche ore».
Continua Cardini: «Credete che sia ammattito o che lo dica per celia? Neppure per idea, sono serissimo. In effetti, se risulta chiaro ad ognuno che i crociati non potevano disporre di aerei, non essendo ancora inventati, non meno grave è l’errore di chi pretende che essi potessero ragionare secondo i parametri di tolleranza e di rispetto della vita umana che l’Occidente ha faticosamente elaborato
tra Seicento e Novecento». Per concludere: «Qualcuno ribatterà che tali princìpi ci sono già nei vangeli e che i crociati erano pur cristiani. Senza dubbio: ma la fede cristiana non era affatto, tra XI e XII secolo, compresa e vissuta come lo può essere oggi».
Insomma, dice lo storico: «Che Dio mi perdoni. Ma le scuse fatte ai pronipoti a nome degli antenati sarebbero roba da sorridere, se non fossero una violazione dei doveri dello storico (che deve capire e non condannare in modo ingenuamente anacronistico) e una grave ingiustizia per quei credenti che ci hanno preceduti».

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È lo stesso Cardini che ha ricordato più volte come l’Occidente moderno abbia contribuito a creare con le sue mani la reazione islamica di cui è ora bersaglio. Nel mondo musulmano, ciò che viene da Europa, da Israele, dall’America è qualificato con odio, invariabilmente, come “crociata”. “Crociati” sono gli israeliani che distruggono case ed elevano muri, “crociati” sono gli americani che bombardano e che occupano, “crociati” sono gli europei, anche se giungono tra loro con organizzazioni umanitarie.
In realtà, come ha documentato lo storico fiorentino, la memoria delle spedizioni dei due primi secoli del Mille era praticamente scomparsa tra i musulmani se non, forse, nelle zone del Medio Oriente che avevano visto quel confronto. In effetti, sul piano oggettivo, le crociate – che avevano mobilitato poche migliaia di uomini – erano state un colpo di spillo in un mondo islamico sconfinato, che andava dal Portogallo sino all’Asia Centrale.
Venne, però, l’era del colonialismo e i governi europei, a cominciare da quello francese – composti da massoni e funzionanti come bracci politici delle Grandi Logge – si inquietarono perché al seguito delle truppe che conquistavano territori in Africa e in Asia giungevano i missionari. Bisognava neutralizzarli: da qui, il gran daffare per installare anche in quei luoghi la contro-chiesa, la massoneria, nella quale educare i notabili locali. A quelle logge fu affidata la propaganda anticattolica: come prendere sul serio i preti, i cui predecessori avevano organizzato e gestito campagne di guerra contro l’Islam, avevano massacrato bambini, violentato donne, rubati i tesori e tutto questo l’avevano chiamato “crociata”? La memoria di quegli eventi, travestita con i panni della più plateale leggenda nera, fu richiamata in vita, annunciata alle plebi, che spesso non ne avevano mai sentito parlare e sempre più radicalizzata.
Il colonialismo finì, ma il seme gettato aveva ormai vigoreggiato: l’odio destinato alla Chiesa ha finito, così, per coinvolgere l’intero Occidente, con i risultati che ora vediamo bene.

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La crociata non fu aggressione e non fu guerra santa, fu legittima difesa: è una verità che sembra non si riesca a far passare. Eppure, basterebbe un piccolo atlante storico per capire. Quando Costantinopoli fece pervenire in Europa il suo grido di aiuto, il già estesissimo Impero Romano d’Oriente era ridotto alle dimensioni dell’attuale, piccola Grecia, inferiore alla metà dell’Italia. Dopo la conquista del Medio Oriente e di tutta l’Africa del Nord, ai guerrieri di Allah bastava solo un passo ulteriore ed era finita anche per quell’ultimo lembo di cristianità. Andare in soccorso dei fratelli nella fede era un sacro dovere.
Certo, la storia è misteriosa e, ad occhi umani, talvolta crudele. Nate anche come impresa di solidarietà tra cristianità orientale e occidentale, le crociate finirono col creare tra le due comunità un muro che non si è ancora riusciti a sgretolare. Quella Costantinopoli che i turchi non erano riusciti ancora ad espugnare, fu presa e saccheggiata, nel 1204, da un esercito che era partito dall’Europa con le insegne della crociata e che, invece che contro gli infedeli, finì coll’accanirsi contro i fratelli nella fede.

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Se la crociata non fu aggressione, non fu neppure, dicevamo, guerra di religione. Ciò che importava era riaprire ai cristiani la via del pellegrinaggio verso il santo Sepolcro, nessuno aveva intenzione di convertire al Vangelo i seguaci del Corano. Non ci furono sforzi missionari. A parte qualche atto isolato di gruppetti fanatici, nessun musulmano fu infastidito per la sua fede. La Chiesa, comunque, non mise mai questo tra gli obiettivi della crociata. Come mostrano le fonti, a Gerusalemme i Templari stessi, pur sempre pronti a dar battaglia, se necessario, avevano a fianco della loro chiesa una moschea e ciascuno lasciava che l’altro pregasse il suo Dio. I primi tentativi di conversione in quei luoghi risalgono al XIII secolo, ad opera dei Francescani, quando ormai tutto era finito per i Regni cristiani e l’Islam aveva ridisteso ovunque la sua coltre. Non a caso, quei frati finirono quasi tutti martiri.
Quanto al rapporto con gli ebrei, riporto qui quanto scrive uno storico americano di oggi, Thomas F. Madden. Mi sembra significativo, visto che si tratta di uno studioso protestante: «Certo, come in ogni conflitto, ci furono sventure, errori e crimini. Cose sin troppo ricordate, oggi! All’inizio della prima Crociata, nel 1095, un gruppo, condotto dal conte Emicho di Leiningen, si aprì la strada lungo il Reno derubando e talvolta assassinando gli ebrei incontrati. Senza successo, i vescovi locali tentarono di fermare la strage. Agli occhi di quei guerrieri, gli ebrei erano i nemici di Cristo. Depredarli ed ucciderli, pertanto, non era peccato. Effettivamente, credevano trattarsi di un atto retto, potendo i soldi degli israeliti essere usati per finanziare la crociata verso Gerusalemme. Ma avevano torto, e la Chiesa condannò fermamente le ostilità contro gli ebrei. Cinquant’anni dopo, quando la seconda crociata stava già per muoversi, san Bernardo proclamava che gli ebrei non sarebbero stati toccati: «Chiedete a chiunque conosca le Sacre Scritture cosa si auspica, per gli ebrei, nel Salmo. “Non per la loro distruzione io prego” sta scritto. Gli ebrei sono per noi le parole viventi della Scrittura, ci ricordano ciò di cui sempre soffrì il nostro Dio […]. Sotto i prìncipi cristiani sopportano una prigionia dura, ma “aspettano solamente il tempo della loro liberazione”.
«Ciononostante, un certo Radulf, un monaco cistercense, aizzò parecchia gente contro gli ebrei della Renania, malgrado le numerose lettere inviategli da Bernardo per fermarlo. Infine, il Santo fu costretto a recarsi personalmente in Germania, dove prese Radulf, lo spedì di nuovo nel suo convento e fece finire i massacri.
«Spesso si dice che le radici dell’Olocausto possono essere rintracciate in questi pogrom medievali. In realtà, le radici affondano molto più indietro nel tempo, sono più profonde e più estese dei tempi delle crociate. Ebrei perirono, ma lo scopo non era certo quello di uccidere ebrei. È vero esattamente il contrario: papi, vescovi e predicatori assicurarono che gli israeliti non sarebbero stati molestati. Nella guerra moderna chiamiamo le morti tragiche come queste “danno collaterale”. Gli Stati Uniti hanno ucciso, con le tecnologie “intelligenti”, molti più innocenti di quanti i crociati avrebbero mai potuto uccidere. Ma nessuno oserebbe dire seriamente che lo scopo delle guerre americane è di massacrare donne e bambini».

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È singolare: i credenti della mia età hanno passato buona parte della vita a confrontarsi con coloro, i comunisti, che non avevano religione. E adesso, ci tocca fare i conti con coloro, i musulmani, che di religione ne hanno troppa.

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Le vie del mondo furono aperte dalla forza e dall’entusiasmo di quell’ideale struggente, non soffocato dal termine delle spedizioni e vivo sin quasi alle soglie dell’età contemporanea. Le vele delle caravelle di Colombo portavano la grande croce rossa della crociata: si cercava di raggiungere le Indie navigando verso Occidente per trovare oro ed argento che servissero a finanziare la ripresa della lotta. Con la Spagna che, varcato lo stretto di Gibilterra, avrebbe raggiunto la pur remota Gerusalemme con una marcia vittoriosa attraverso il Nord Africa. Questo il sogno de los Reyes catòlicos.
Ma già nel 1245 era stata aperta ad Oriente la via dell’Asia: il francescano Giovanni da Pian del Carpine mandato, dieci anni prima di Marco Polo, presso i Mongoli per ottenere la loro alleanza, prendere l’Islam tra due fuochi e ricominciare la Crociata. Con lo stesso obiettivo, nel 1253, le ambascerie che san Luigi di Francia invia in Persia (il domenicano Ivo il Bretone) e in Cina (il francescano Gugliemo di Rubruck). Chi ricorda, poi, che a salvare l’Europa contribuirà una realtà che senza le crociate non sarebbe esistita? Come l’ordine del Tempio, i Templari, anche l’ordine dell’Ospedale, gli Ospitalieri, nacque per sorreggere lo sforzo di tenere la Terra Santa. Espulso da questa, poi da Cipro, poi da Rodi, l’Ordine, installato a Malta, diverrà la maggiore potenza navale nel Mediterraneo, la sola in grado di tenere a bada le flotte ottomane e ripulire il mare dalle imbarcazioni dei pirati in caccia di cristiani da vendere come schiavi ad Algeri o a Tunisi.

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La “Garzantina”, la piccola Enciclopedia Universale, lo strumento di prima informazione più diffuso in Italia, ormai da decenni. Io pur la tengo sulla scrivania, come pronto intervento. Voce Crociate: «Quelle spedizioni ebbero alla base ragioni sociali, economiche e politiche». Queste; e queste soltanto, secondo il manuale.
La fede, dunque, non è una ragione da mettere in campo, per spiegare perché, per secoli, migliaia di ricchi e di poveri, di giovani e di vecchi, di uomini ma anche di donne (quante famiglie partirono al completo!) abbiano affrontato fatica, miseria, morte inseguendo il sogno di liberare, per sempre, i luoghi santificati dal Cristo. Nella primavera del 1097, quando i capi diedero il segnale di partenza da Costantinopoli, erano in più di centomila. Allorché, due anni dopo, nel giugno del 1099, giunsero sotto le mura di Gerusalemme erano meno di ventimila: gli altri erano morti lungo il cammino o erano stati catturati, per essere venduti come schiavi, da incursioni di predoni. Ma non tirate in ballo la fede, per spiegare una simile ostinazione di raggiungere a ogni costo la meta. A chi volete darla a bere, voi cristiani? Noi sappiamo bene che i motivi erano soltanto sociali, economici, politici. Parola di enciclopedia.

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Dicevamo di Franco Cardini. Gli dobbiamo anche una biografia di san Francesco in cui fa giustizia del santino tutto dialogo, tolleranza, ecologismo, costruito prima dal romanticismo e poi dalle ideologie attuali, che lo strumentalizzano per la loro propaganda.
In realtà, il Francesco “vero” si aggregò alla quinta crociata e non solo non disse mai una parola di condanna o di critica, ma arrivò a dare consigli ai capi della spedizione sui modi e i tempi per affrontare la battaglia sotto Damietta. Molto addolorandosi, poi, perché l’esito fu infausto per i cristiani.
Cardini rileva come molti biografi moderni abbiano rivestito di panni politicamente corretti quell’esperienza del Santo, che mal si concilia con la caricatura da “scemo del villaggio” che predica agli uccellini, parla con i lupi e abbraccia giulivo tutti quelli che incontra.
Compreso il sultano: dal quale il Francesco della storia, non quello del mito, andò non per dialogare ma per convertirlo, sfidandolo anche a un’ordalia per vedere se fosse più potente il Dio di Gesù o quello di Maometto.
Ma riprendiamo da Cardini: «Per sostenere l’immagine “corretta” del Santo, si sono allineati argomenti che sfiorano il ridicolo. Si è osservato, ad esempio, che egli non portava armi, fingendo di ignorare che la sua condizione di chierico gli vietava comunque di portarne. Si sono forzate le fonti per leggere – in un episodio in cui Francesco sconsiglia i crociati di dar battaglia, avendo avuta la visione della sconfitta – una specie di astuzia cui sarebbe ricorso per impedire il combattimento. Si è addirittura sostenuto – e senza giustificazione alcuna! – che avrebbe predicato ai crociati di gettare le armi. Francesco, si è concluso alla fine di questa galleria di sciocchezze, ha dimostrato di volere convertire gli infedeli con l’amore, non con la spada».

 
 

IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 63

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