Con grande colpa di Castro, nell’isola caraibica gli aborti annui sono 200.000, su una popolazione di poco più di 11 milioni. Contro questa tragedia, che giunge sino all’infanticidio, si è alzata la voce eroica di Oscar Biscet
Solitamente, allorché si analizzano i regimi totalitari gemelli del Novecento, nazional-socialismo e comunismo, si mettono in luce il clima di terrore da essi creato, le guerre e i campi di concentramento (lager, gulag, laogai…). Ce ne sarebbe abbastanza per inorridire, ma, purtroppo, non è tutto.
Uno degli effetti delle ideologie atee che ebbero i loro campioni in Hitler, Lenin, Stalin, Pol Pot, Mao, ecc., fu anche la distruzione dell’umanità stessa di milioni di individui, attraverso la devastazione della famiglia.
Facciamo un esempio: nell’URSS comunista, nel 1922, il fenomeno dei bambini abbandonati e orfani raggiunse livelli inauditi. Gli storici parlano di 7-9 milioni di besprizorniki, cioè, appunto, di bambini vagabondi e senza famiglia. Da dove proveniva questa massa di infelici? Dalla distruzione sistematica della famiglia, introdotta dai comunisti tramite la legalizzazione del divorzio (1917) e dell’aborto (1920). In pochi anni, in seguito alla nuova cultura comunista e alle nuove leggi, l’Urss si trovò ad avere, nelle città, quasi un divorzio ogni due matrimoni! Analogamente, gli aborti crebbero a tal punto che nel 1934 a Mosca si contavano 3 aborti per ogni nascita.
Divorzi, aborti, orfani… in quantità. Ma non è tutto. La distruzione della famiglia generò ovviamente una crescita dell’alcolismo e del ricorso al suicidio. Ebbene, l’esempio dell’Urss vale, in linea di massima, per tutti i Paesi comunisti, anche oggi, dal momento che molti dei Paesi che furono satelliti di Mosca rimangono al vertice nelle graduatorie della disgregazione familiare, del numero di divorzi, di aborti e, per lo più, di suicidi. Questa constatazione vale anche per Cuba, governata ormai da 50 anni da Castro e dai suoi familiari. In quest’isola bellissima, dotata di un mare e di una natura splendidi, il tasso reale di abortività oggi è stimabile pari a 60 aborti ogni 1000 donne in età fertile (ben 7 volte quello italiano!) e il numero di aborti raggiunge la cifra di circa 200.000 annui, su una popolazione di poco più di 11 milioni di abitanti.
Perché? Anzitutto perché il regime ha perseguitato la Chiesa cattolica, sempre in prima linea nel difendere la famiglia e la vita; in secondo luogo perché l’ateismo porta sempre con sé una forte diminuzione del senso della dignità umana: dal momento che l’uomo non è che un ammasso di atomi, nato per caso, senza un destino eterno, perde ogni sacralità e ogni significato; infine, perché Castro, per superare la profonda crisi economica nata dal rifiuto di Mosca di continuare a sovvenzionare il regime, scoprì nel turismo sessuale un modo per far giungere soldi nel Paese. Ovviamente il turismo sessuale ha trasformato piano piano Cuba nel “bordello del mondo”, in un “paradiso” per pedofili di tutte le provenienze.
Ha scritto Carlos Franqui, amico di Castro e rivoluzionario della prima ora, poi pentito, che dopo la caduta del comunismo nel 1989- 1991 «Castro pensò che il turismo sessuale era la sua prima fonte di introiti, compresi quelli che servivano a sostenere il suo apparato di potere». Per mantenere il quale il dittatore ha venduto «ai peggiori capitalisti stranieri negozi, hotel, spiagge, club, ristoranti, centri di divertimenti, industrie, terreni, rum, tabacco, caffè, frutti di mare, il telefono, l’acqua, la produzione di agrumi, i giacimenti minerari, il nichel, il cobalto, le aree petrolifere… e poi le belle cubane. […]. Castro è il primo capo di Stato prosseneta del mondo. Oltre al fatto che nelle più belle spiagge dell’isola, compresa quella di Varadero, fanno il bagno solo i turisti e gli ospiti stranieri, mentre è proibito l’ingresso ai cubani»..
Da anni dunque, a Cuba legioni di giovani ragazze si danno alla prostituzione con turisti giovani e vecchi che provengono dai Paesi ricchi, per mantenere se stesse e le proprie famiglie, in un Paese in cui il comunismo ha creato, come sempre, un livello di povertà intollerabile. Ovviamente una delle ricadute del turismo sessuale è stato l’ulteriore incremento degli aborti; a cui si aggiunga il fatto che a Cuba molti di questi sono forzati, per scopi “scientifici” e di ricerca.
Contro questa tragedia, che giunge sino all’infanticidio in serie, si sono alzate poche, eroiche voci: tra queste va segnalata quella di Oscar Elias Biscet. È, costui, un medico nero, cristiano, nato a l’Avana nel 1961, che è divenuto oppositore del regime anzitutto denunciando l’uso del veleno abortivo Rivanol e l’abitudine ormai presente in vari ospedali cubani di lasciar morire i bambini che siano eventualmente sopravvissuti a questo ritrovato abortivo soffocandoli tra fogli di carta o in altro modo. Biscet è stato invitato in più occasioni a tacere: gli hanno spento addosso sigarette, lo hanno minacciato e incarcerato diverse volte, senza però indurlo al silenzio. Rinchiuso in galera dal 3 novembre al 31 ottobre 2002 con l’accusa, falsa, di «insulti ai simboli della patria» e «pubblico disordine », è stato poi incarcerato nuovamente nel 2003, con una condanna a 25 anni, nelle terrificanti galere cubane, nell’isola di Guantanamo. Nonostante tutto ciò, Biscet ha continuato a difendere la sua battaglia contro l’aborto, l’eutanasia forzata e la fucilazione degli anticomunisti cubani e a pagare per questo: la sua cella era un locale piccolissimo, senza finestre, senza bagno, infestato da vermi, sporcizia ecc…
Durante la prigionia, Biscet ha anche perso qualche dente, ma il suo coraggio e la sua fortissima fede gli hanno permesso di divenire un eroe negli Usa (soprattutto grazie all’azione di tantissimi cubani esuli che ne hanno fatto conoscere il pensiero e le sventure). In Europa, invece, il suo nome è rimasto sconosciuto sino alla pubblicazione, sul Foglio, di un appello per la sua liberazione, firmato tra gli altri da Giuliano Ferrara, dal ministro Giorgia Meloni, da Antonio Socci e da tantissime altre personalità, tra cui alcuni europarlamentari europei, Lorenzo Fontana e Mario Mauro, che hanno portato la storia di Biscet in Europarlamento.
Proprio all’inizio di quest’anno, improvvisamente, il governo cubano ha deciso di interrompere preventivamente la carcerazione di Biscet: forse per evitare che la sua figura divenisse leggendaria e nuocesse al buon nome della dittatura, ma anche perché da tempo sono ormai in corso varie trattative con la Chiesa cattolica che hanno portato alla liberazione di vari dissidenti politici, tra cui altri medici pro life.
Oggi Biscet, nonostante il fisico debilitato e le terribili torture subite, ha deciso di rimanere a Cuba, accanto al suo popolo, a differenza di altri cui è stato concesso il permesso di espatrio, per contribuire ancora, con la sua tenacia, alla dissoluzione di un regime degno, a suo dire, di Hitler e di Stalin.
PER SAPERNE DI PIÚ
Francesco Agnoli, Novecento. Il secolo senza croce, Sugarco, 2011.
Lucia Capuzzi – Nello Scavo, Adios Fidel. Fede e dissenso nella Cuba dei Castro, Lindau, 2011.
IL TIMONE N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 50 – 51
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