La straordinaria vicenda di una delle grandi promesse dell’ebraismo francese. Lo studio della Bibbia gli fa scoprire la verità della fede cattolica. Si converte, viene battezzato e porta a Cristo famigliari e amici ebrei
«L’ebraismo delle province dell’Est della Francia fu scosso nei primi tempi dell’emancipazione da una vera e propria epidemia di conversioni. I neofiti cattolici provenivano dalle famiglie più attaccate alla tradizione». Così scriveva il rabbino di Lille Leon Berman nella sua storia dell’ebraismo francese pubblicata nel 1937, facendo riferimento a un fenomeno che se fu vistoso in Alsazia e in Lorena, interessò in realtà tutto il Paese transalpino tra gli anni ’20 e gli anni ’80 dell’800, prima di essere frenato da una recrudescenza dell’antisemitismo e dall’affaire Dreyfus in particolare. Una lunghissima sequenza di ebrei che riconobbero in Cristo il Messia di Israele, tra i quali vale la pena ricordarne uno, David-Paul Drach, perché fu una figura centrale in quel “movimento” e perché oggi resta piuttosto dimenticata.
Drach nasce nel 1791 a Bischeim, vicino a Strasburgo, in una famiglia profondamente osservante. Viene educato fino all’età di dieci anni dal padre, poi completa la sua formazione in diverse yeshivot alsaziane ottenendo a 18 anni il titolo di dottore della legge e iniziando a lavorare come precettore presso una famiglia di Colmar. La sete di cultura, probabilmente anche le ambizioni personali – era considerato un prodigio degli studi talmudici – e la conoscenza di David Sintzheim, primo gran rabbino del concistoro centrale degli israeliti di Francia, lo portano a fare il grande salto verso Parigi.
Arriva nella capitale nel 1812, diventando precettore dei figli di Baruch Weil, ricco industriale e bisnonno di Marcel Proust. Con i sermoni in sinagoga si guadagna la stima del gran rabbino Emmanuel Deutz – di lì a poco presidente unico del concistoro centrale – di cui nel 1817 sposa la figlia Sara, di dieci anni più grande di lui, da cui ha tre figli. Accanto all’attività di insegnante Drach coltiva gli studi di latino e greco, ottenendo un baccalaureato all’École Normale, cosa rara per un ebreo del suo tempo. Pubblica saggi che gli valgono un posto nella Societé Asiatique e gli viene affidata la direzione della prima école mutuelle israelitica per l’educazione dell’infanzia. In breve, diventa l’astro nascente della comunità ebraica parigina, destinato a ricoprire i massimi incarichi nel concistoro centrale.
Nel 1821 Drach decide di dedicarsi però a un progetto ambizioso che gli cambierà la vita: restituire la versione ebraica della Torah a partire dalla Bibbia dei Settanta, scritta in greco. Si butta a capofitto nell’impresa, dedicandosi per due anni alla lettura di testi della patristica cristiana, cosa che scandalizza l’entourage rabbinico che arriva a minacciarlo di scomunica, ma che colpisce per il rigore della ricerca Sylvestre de Sacy, uno dei maggiori orientalisti dell’epoca, allora rettore dell’università di Parigi. Uno scavo scritturistico e spirituale che fa sì che in Drach maturi un sentimento di simpatia verso il cristianesimo che portava in sé da tempo, sentimento nato dall’incontro con un pio ragazzo di bottega e con la famiglia del borgomastro di Ribeauvillé durante gli anni alsaziani, e cresciuto con la frequentazione di un’altra illustre famiglia cattolica, quella dei coniugi Bernard e Louise Mertian. Così nel marzo del 1823, dopo un catecumenato svolto in segreto, Drach viene battezzato nella cattedrale di Notre Dame dall’arcivescovo di Parigi, prendendo il nome di Paul-Louise-Bernard in onore dell’apostolo delle genti e dei coniugi Mertian. Assieme a lui vengono battezzate anche le due figlie, Clarisse e Rosine, mentre il figlio Auguste diventerà cristiano poco dopo.
La reazione dell’ambiente ebraico è al calor bianco. La prova più dura che il rabbino convertito deve affrontare è la fuga della moglie con i tre figli e il suo nascondimento in Inghilterra, con l’appoggio del potente banchiere James de Rothschild. Drach intraprende con tenacia un’indagine privata su è giù per l’Europa. Viene investito della questione anche lo scrittore François-René de Chateaubriand, nella sua veste di ministro per gli Affari esteri. Alla fine, rintracciata la consorte a Londra, con un blitz riesce a sottrarle i figli, portandoli con sé a Parigi, forte del diritto francese che gli riconosceva la potestà sulla prole. A questo punto può iniziare a spendere le sue energie per quella che sarà la sua missione, ossia l’apologia della fede cattolica in primis di fronte al mondo ebraico. Nel 1825 esce la Lettera di un rabbino convertito ai suoi fratelli israeliti sui motivi della sua conversione, a cui ne seguiranno in poco tempo una seconda e una terza. Lo zelo del neofita, l’integrità personale e la profonda conoscenza della tradizione ebraica rendono la sua testimonianza di enorme impatto. Simon Deutz, cognato di Drach e tra i suoi persecutori nella primavera turbolenta del 1823, mosso dal suo esempio abbraccia il cattolicesimo (anche se poi farà ritorno alla religione ebraica). Ignace Morel, un medico che si converte leggendo la Lettera di un rabbino convertito, scrive nel 1826 che gli ebrei parigini che si erano più accaniti nei confronti del traditore Drach si ritrovavano tutti con uno o più parenti divenuti cattolici. Dei sette figli di Lazare Liberman, rabbino di Saverne in Alsazia, Drach ne porta al cattolicesimo cinque. Uno di questi, Jacob, battezzato con il nome di François, diventerà sacerdote, fondatore della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria e, dopo che questa si sarà fusa con la Congregazione dello Spirito Santo, la renderà una delle realtà protagoniste dell’evangelizzazione dell’Africa e delle colonie francesi nel resto del Mondo.
Dopo aver contribuito in modo determinante alla quinta edizione della Bibbia di Vence ed essere entrato in dialogo con intellettuali cattolici come Felicité de Lamennais, nel 1830 Drach si sposta a Roma assieme ai figli (Auguste entrerà in seminario, diventando canonico di Notre Dame a Parigi, Clarisse e Rosine si faranno religiose, anche se la prima non persevererà nella vocazione). Studia teologia all’Università Gregoriana, si lega di amicizia con il teologo gesuita Giovanni Perrone – che farà parte della commissione voluta da Pio IX per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione e che molto riceverà da Drach – quindi viene nominato bibliotecario di Propaganda Fide, una posizione che gli permette di allargare le proprie conoscenze alle figure più colte della curia romana, dal cardinale Angelo Mai, il filologo omaggiato da Leopardi, al cardinale Giuseppe Mezzofanti, considerato uno dei più grandi poliglotti di sempre, al cardinale e patrologo Jean- Baptiste-François Pitra.
Nel 1842 Drach torna in Francia per partecipare da protagonista a una delle imprese culturali del secolo, organizzata dall’abbé Jacques Paul Migne, ossia la pubblicazione della patrologia latina e della patrologia greca, più una mole di grandi e piccole opere di erudizione religiosa per il clero. È in questo periodo di lavoro intensissimo (Drach continua anche la sua produzione accademica candidandosi alla cattedra di ebraico al Collège de France), che pubblica la sua opera maggiore, Dell’armonia tra la Chiesa e la Sinagoga (1844). È un lavoro in due volumi in cui espone i capisaldi del suo percorso esegetico e spirituale: il suo sentirsi sempre e per sempre ebreo, con accenti che ricordano quelli di Edith Stein; i cristiani come i veri israeliti; la Chiesa cattolica come il vero e nuovo Israele; la dimostrazione della messianicità di Gesù attraverso le profezie dell’Antico Testamento; la centralità della profezia di Isaia sulla maternità miracolosa di Maria; la dottrina della Trinità contenuta nelle fonti della tradizione ebraica essoteriche ed esoteriche. Su questo ultimo punto svolge anche in altri scritti un’interpretazione in parte inedita della Qabbala ebraica, distinguendo in essa una Qabbala autentica, che rimanda alla venuta del Redentore, da una spuria inficiata da panteismo e teurgia. Un lavoro che offriva un potente antidoto alle elucubrazioni gnosticoqabbalistiche di cui si nutriva l’occultismo francese e non solo.
Antesignano di un confronto costruttivo con il mondo ebraico che fu troncato dall’antigiudaismo che anche nella Chiesa avrebbe ripreso piede a cavallo tra ’800 e ’900, Drach si spegne a Roma nel gennaio del 1865. Muore come aveva vissuto, in condizioni estremamente modeste. Unico lusso, il titolo di Cavaliere conferitogli da Pio IX: sigillo di una milizia cattolica durata quasi una vita.
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