15.12.2024

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Democrazia difficile
31 Gennaio 2014

Democrazia difficile

 

 

 

Le nostre democrazie proclamano la dignità dell’uomo, ma poi la negano nei fatti, perché presuppongono che la libertà umana sia assoluta. E’ necessario ancorare la democrazia alla legge naturale.

 

La società occidentale çontemporanea vive una situazione paradossale: da una parte proclama di voler difendere il valore e la dignità dell'essere umano in quanto tale e di volerne tutelare i diritti, dall'altra nega nei fatti tali affermazioni riducendole ad un puro esercizio retorico, come è rivelato con evidenza dalla legittimazione politica dell'aborto e dell'eutanasia. Presentati come conquiste della libertà individuale, essi sono in realtà espressione di una violenza inaudita contro l'uomo, resa ancora più minacciosa dal fatto di non essere percepita come tale da molti.
All'origine di questo paradosso sta l'idea della libertà intesa come fatto «assoluto», senza legge e senza presupposti, una libertà pensata e vissuta come «potere» senza limiti su tutta la realtà, anche su ciò che l'uomo trova come già posto: la natura dentro di sé e fuori di sé. La rivendicazione del diritto di liberarsi da ogni presupposto naturale mettendolo a disposizione dell'individuo produce una società civile dominata dal contrattualismo e dall'utilitarismo: se il rapporto tra gli uomini è pensato come contrapposizione di libertà in linea di principio assolute, e quindi senza legami reciproci, l'unica forma d'incontro possibile diventa il «contratto» reso necessario dall'interesse individuale.
Nell'enciclica Evangelium vitae Giovanni Paolo Il insegna che questa concezione di libertà deforma la convivenza sociale perché rende tutto negoziabile, mettendo in discussione anche ciò che è originario e inalienabile, come il diritto alla vita, primo e fondamentale tra i diritti dell'uomo perché condizione di tutti gli altri. Quando anche questo diritto viene negato «sulla base di un voto parlamentare o della volontà di una parte – sia pure maggioritaria – della popolazione […] il "diritto" cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull'inviolabile dignità della persona, ma è assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo […]. Tutto sembra avvenire nel più saldo rispetto della legalità […] in verità siamo di fronte solo a una tragica parvenza di legalità e l'ideale democratico, che è davvero tale quando riconosce e tutela la dignità della persona umana, è tradito nelle sue stesse basi» (n. 20).
La democrazia tradisce le proprie basi quando riduce la persona a individuo sia rispetto all'essere che all'agire. L'idea di persona denota la realtà di un soggetto che sussiste in se stesso (non come parte di un tutto) e per se stesso (non come finalizzato al bene di un tutto di cui egli è una parte), ed è originariamente in relazione con gli altri.
Come nell'essere la persona è costitutivamente in relazione, così anche nell'agire è naturalmente capace di autotrascendersi, cioè di cercare il bene che è tale, non solo per il proprio utile, ma in sé e per sé, ed è quindi anche bene dell'altro.
L'idea d'individuo (dal latino individuus, indiviso, non divisibile) si limita ad indicare l'aspetto per cui un ente è distinto dagli altri e a se stante, è un'unità indivisa: anche le piante e gli animali sono individui, ma non sono persone.
Si riduce la persona a individuo quando si nega che l'uomo sia naturalmente in relazione con l'altro e si ritiene che ciascuno agisca solo per conseguire il proprio interesse individuale.
Una società d'individui non può essere pensata indipendentemente dagli interessi di singoli egoismi; al contrario, una società di persone è basata sul fatto che ciascuno sia capace di perseguire un bene comune. Se anche per la comunità degli uomini vale il principio che il fine è la prima delle cause, determinando modo e misura, necessità e impiego dei mezzi, allora non sarà sufficiente che un regime sia democratico perché sia orientato al bene comune.
La parola «democrazia», che deriva dal sostantivo greco demokratia composto da démos (popolo) e kratéin (governare), si limita ad indicare il soggetto cui spetta il governo, non prescrive nulla circa l'origine, la natura e il fine del potere civile, dice a chi spetta governare, non come deve essere usato il potere. Nei regimi democratici sorti dalla modernità prevale l'influenza culturale di un'antropologia soggettivista che ha come conseguenza il relativismo; anzi, secondo alcuni proprio il relativismo etico è una condizione della democrazia perché esso garantirebbe la tolleranza e porterebbe ad adeguarsi e aderire alle decisioni della maggioranza.
Bisogna tuttavia ricordare che il meccanismo maggioritario è un mezzo di esercizio del potere, esso non può produrre la moralità degli atti che pone; in altre parole, una legge non può essere considerata «legittima» perché è stata stabilita dalla maggioranza, essa è legittima soltanto se ha come punto di riferimento normativo la legge naturale. Scrive san Tommaso che «la legge umana in tanto è tale in quanto è conforme alla retta ragione» e che «ogni legge posta dagli uomini in tanto ha valore di legge in quanto deriva dalla legge naturale. Se invece in qualche cosa è in con-trasto con la legge naturale, allora non sarà legge bensì corruzione della legge».
La Chiesa è forse l'unica voce che continua a proclamare l'esistenza e la conoscibilità della legge naturale, eppure quest'ultima non interpella solo i credenti, ma appartiene a ogni coscienza umana, soprattutto quando c'è in gioco il diritto alla vita.
Difendere il principio dell'indisponibilità della vita e il conseguente diritto inalienabile di ciascun uomo è la condizione perché continuino ad esistere sia la società che la democrazia.

RICORDA

«Se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo, come dimostra la storia».
(Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 101).

 
 
 
 
 
BIBLIOGRAFIA

Giovanni Paolo Il, Evangelium vitae, 1995.
Paolo VI, La società democratica. Lettera «Les prochaines assises», Cristianità, 1990.
San Pio X, La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi «Notre charge apostolique», Cristianità, 1993.
Tommaso d'Aquino, Somma teologica, I-Il, qq. 93-96.
Tommaso d'Aquino, Il governo dei principi, in Opuscoli politici, ESD, 1997.
Jacob TaImon, Le origini della democrazia totalitaria,Il Mulino, 1967.
Carlo Caffarra, Libertà nella modernità: una promessa mancata, Lectio doctoralis tenuta alla Real Academia de Doctores, Madrid 29 aprile 1998.

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 38 – ANNO VI – Dicembre 2004 – pag. 30 – 31

 

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