La tanto attesa prima enciclica. Per aiutarci a capire come il Dio cristiano venga incontro a ogni uomo, amando sempre per primo. E come ci chieda di imitarlo nei rapporti con noi stessi e con il prossimo. La carità sociale e politica compito del laicato.
La coincidenza fra Rivelazione e Rivelatore
La risposta a tale domanda nella Scritturche la supporta – contempla e descrive Dio in relazione con la creazione e con la creatura, e identifica questa relazione non solo come «di causa», ma come una relazione «di convivenza», appunto «d’amore». E il mezzo con cui la Rivelazione illumina tale relazione è il messaggio della stessa Rivelazione: «All’inizio dell’essere cristiano – afferma infatti il Papa – non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n. 1). Rivelatore e Rivelazione coincidono e gettano luce sulla creazione e, soprattutto, sul vertice della creazione stessa, sull’uomo creato «a immagine e somiglianza di Dio».
L’Amore che è Dio scende sull’uomo e nell’uomo s’iscrive come agape, come eros e come philia: il primo è «amore a Dio» e, comunque, «amore divino»; il secondo è «passione d’amore», a proposito del quale l’amore fra uomo e donna «[…] emerge come archetipo di amore per eccellenza» (n. 2); e il terzo è «amore di amicizia», «amore per il prossimo». Dunque, «in un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto» (n. 1).
Quindi «l’intima natura della Chiesa» (n. 25) – secondo sant’Agostino (354-430) «mondo riconciliato» (Serm. 96) e, in parole di papa Paolo VI (1963-1978), «riconciliante» (Esortazione Apostolica «Paterna cum benevolentia», dell’8 dicembre 1974) – «[…] si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia)» (n. 25).
Dopo l’Introduzione, nella prima parte dell’enciclica, intitolata L’unità dell’amore nella creazione e nella storia della salvezza, il Santo Padre affronta anzitutto Un problema di linguaggio, cioè il degrado e l’abuso del termine «amore» nel linguaggio corrente; quindi offre definizioni in «Eros» e «Agape» – differenza e unità, affermando che «la fede cristiana […] ha considerato l’uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà » (n. 5) e denunciando la tentazione sia dello spiritualismo, che alimenta il moralismo, che del materialismo; poi espone La novità della fede biblica, sottolineando come «all’immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico» (n. 11), poi indica in Gesù Cristo – l’amore incarnato di Dio e, finalmente, tratta di Amore di Dio e amore del prossimo.
La carità della Chiesa e la missione dei laici
Nella seconda parte del documento, intitolata «Caritas» – l’esercizio dell’amore da parte della Chiesa quale «Comunità d’Amore», papa Benedetto XVI definisce La carità della Chiesa come manifestazione dell’amore trinitario – «Tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo: cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i Sacramenti, impresa tante volte eroica nelle sue realizzazioni storiche; e cerca la sua promozione nei vari ambiti della vita e dell’attività umana» (n. 19) – e La carità come compito della Chiesa; affronta il tema del rapporto fra Giustizia e carità, descrive quindi Le molteplici strutture di servizio caritativo nell’odierno contesto sociale e Il profilo specifico dell’attività caritativa della Chiesa; infine, prima della Conclusione, indica I responsabili dell’azione caritativa della Chiesa.
Proprio nella seconda parte dell’enciclica trova posto, e viene affrontato, il rapporto fra giustizia e carità: in proposito papa Benedetto XVI afferma che «il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica» (n. 28) e che «[…] la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all’ambito della ragione autoresponsabile» (n. 29).
Perciò, «il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è invece proprio dei fedeli laici. […] Missione dei fedeli laici è pertanto di configurare rettamente la vita sociale, rispettandone la legittima autonomia e cooperando con gli altri cittadini secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità. Anche se le espressioni specifiche della carità ecclesiale non possono mai confondersi con l’attività dello Stato, resta tuttavia vero che la carità deve animare l’intera esistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività politica, vissuta come “carità sociale”» (n. 29).
Il Pontefice esorta, dunque, alla «grande politica, quella che è diretta al bene sommo e al bene comune, […] e che – secondo papa Pio XI (1922-1939) in un discorso ai dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, del 18 dicembre 1927 – sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore».
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