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12.12.2024

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Difendiamo la Messa
31 Gennaio 2014

Difendiamo la Messa

 

 

 

I fedeli restano sempre più sconcertati da certi abusi liturgici. Nel 2004 la Chiesa era scesa in campo per correggere gli errori, ma in pochi se ne sono accorti. In questo articolo un vademecum da far leggere al proprio parroco.


 

 

La Comunione distribuita da una suora; il Vangelo let-to da un laico; l’organo che suona durante la consacrazione; bambine vestite da chierichette sull’altare. Chissà quante volte, andando alla Messa, abbiamo notato cose un po’ strane. E abbiamo taciuto perché, in fondo, pensiamo che “se il parroco fa così, avrà ragione lui”. Ma invece anche il parroco può sbagliare e può compiere – magari in buona fede – dei veri e propri abusi liturgici. Abusi che abbiamo il dovere di correggere fraternamente, per il bene della Chiesa. Perché – come scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia – «tutti i fedeli godono del diritto di avere una liturgia vera, e in particolare una celebrazione della Santa Messa che sia così come la Chiesa ha voluto».

Un documento sconosciuto ai più


Nel 2004 la Congregazione per il Culto Divino è intervenuta con un documento intitolato Redemptionis sacramentum (RS), «su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia». Dove sta la notizia, visto che il documento è ormai “vecchio” di tre anni? Nel fatto che questo documento è sostanzialmente sconosciuto. Lo ignorano quasi tutti i fedeli, lo snobbano molti sacerdoti, sembrano sottovalutarlo non pochi vescovi. Basta girare alcune chiese per accorgersi che gli abusi continuano nell’indifferenza generale. Roma locuta est, si diceva una volta: il Papa ha parlato, ma certe stranezze liturgiche continuano imperterrite. È singolare: si discute – giustamente – circa la opportunità di restituire piena cittadinanza alla Messa di San Pio V, ma bisognerebbe chiedersi se esiste un unico “nuovo” rito in vigore per tutti; o se invece non stiamo assistendo alla diffusione di tante Messe quante sono le “sensibilità” dei celebranti.

 

Abusi che «devono cessare»
Quando si tocca il tasto della liturgia, ci si imbatte non di ra-do in un atteggiamento di sufficienza, se non di sospetto. Del tipo: “E che sarà mai! Vuoi insegnarci come si celebra la messa?”. Tutto ciò, nonostante la Chiesa ci richiami con toni che rendono inspiegabile l’immobilismo di molte chiese locali: «Non si possono passare sotto silenzio gli abusi, anche della massima gravità, contro la natura della liturgia», abusi che «in alcuni luoghi sono all’ordine del giorno, il che non può essere ammesso e deve cessare» (4). Ecco perchè il Timone ha pensato di proporre ai suoi lettori gli errori più clamorosi denunciati dal documento.
 

Non si recita a soggetto
Ci sono sacerdoti che ritengono possibile trattare la Messa con arbitrio personale (11), assecondando le proprie inclinazioni con «cambiamenti, riduzioni o aggiunte arbitrarie» (31). Come se si trattasse di dipingere un bel quadro, invece che di celebrare il mistero dell’Eucaristia. Chi agisce così «lede la sostanziale unità del rito romano, che va tenacemente salvaguardata». Si tratta di veri e propri arbitrii, che pregiudicano «il giusto diritto dei fedeli all’azione liturgica». Le conseguenze? «Insicurezza dottrinale, perplessità e scandalo del popolo di Dio e, quasi inevitabilmente, reazioni aspre» (11).
A chi compete vigilare sulla correttezza della liturgia? La RS chiama in causa il vescovo diocesano. Ma grande responsabilità hanno i sacerdoti, che celebrano in persona Christi (30), e che sono insostituibili. Infatti, non esiste Messa senza il sacerdote, anche se si riuniscono migliaia di fedeli (42).
 

La Comunione

Com’è noto, il pane per la celebrazione deve essere azzimo, di frumento, senza alcuna aggiunta di altri ingredienti (cereali, miele, frutta, zucchero). Anche il vino non può essere sostituito con bevande di altro genere, pena la validità del sacramento (48-50). Quanto alla preghiera eucaristica, dovranno essere usate soltanto le formule contenute nel messale, senza cede-re alla fantasia individuale. In questo momento cruciale della Messa «non si sovrappongano altre orazioni o canti, e l’orga-no o altri strumenti musicali tacciano» (53). L’ostia non deve essere spezzata al momento della consacrazione: ove questo avvenga, si tratta di «un abuso che va molto urgentemente corretto» (55).
 

Chi può distribuire la Comunione?
È sempre più frequente vedere suore o laici che distribuiscono la comunione durante la Messa. La RS ricorda che questo compito è specifico del sacerdote celebrante, eventualmente aiutato da altri sacerdoti e dai diaconi. Soltanto «in caso di vera necessità» si può ricorrere ai «ministri straordinari» (88), tenendo presente che questa azione non serve ad «assicurare una più compiuta partecipazione dei laici» (151), ma solo per ragioni suppletive e provvisorie. Lo scopo di concludere la Messa qualche minuto prima è considerato ragione sufficiente per ricorrere ai ministri straordinari? Secondo il documento vaticano, no (158).
 

Come si riceve la Comunione?

Per il documento, i fedeli possono ricevere la comunione in ginocchio o in piedi, sulla bocca o in mano a loro scelta. Non si può negare la Comunione a chi vuole stare in ginocchio.
Quando i fedeli sono in piedi, si raccomanda che facciano la debita riverenza (90-92). Ricordate il piattino, che i chierichetti mettevano sotto il nostro mento al momento della Comunione? La RS al n. 93 ricorda che «è necessario che si mantenga l’uso del piattino per evitare che la sacra ostia o qualche frammento cada».
Chi può accedere alla Comunione?
La RS ricorda che per ricevere la comunione il fedele deve «avere premesso la confessione sacramentale a meno che vi siano una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi», nel qual caso è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che comprende il proposito di confessarsi quanto prima (81). Siccome è invalsa l’abitudine di comunicarsi senza la dovuta disposizione, «è compito dei pastori correggere con prudenza e fermezza tale abuso» (83), con particolare riguardo ai casi in cui dei non cattolici pensino – per ignoranza – di poter ricevere la particola consacrata.
 

Quello che i laici non possono fare

In alcune parrocchie si sperimentano momenti separati della stessa Messa, soprattutto a beneficio dei bambini che partecipano in un luogo diverso con altro sacerdote, salvo poi “ricongiungersi” al momento della consacrazione. La RS pare riprovare questa prassi, richiamando l’unicità della Messa e affermando che «non è lecito separare una parte dall’altra, celebrandole in tempi e in luoghi differenti» (60). Il Vangelo non può mai essere proclamato da un laico, fosse anche un religioso (63). Lo stesso dicasi per l’omelia, che non può essere affidata nemmeno a un seminarista, a un teologo o a un «assistente pastorale» (64-66).
Per quanto riguarda il segno della pace, meglio evitare scene da happening: «Conviene che ciascuno dia la pace soltanto a coloro che gli stanno più vicino, in modo sobrio. Il sacerdote può dare la pace ai ministri, rimanendo tuttavia nel presbiterio». (72).
 

Le chierichette abusive
Nonostante la diffusione del fenomeno, la Chiesa ha sempre vietato di ammettere donne al servizio della Messa. La RS non fa parola della questione, ma in un’istruzione del 1970, la Congregazione per il Culto Divino vietava esplicitamente alle donne «ad altare sacerdoti inserire». Prescrizione ribadita nel 1984, nel 1985 e nel 1987. Soltanto nel 1994 il Pontificio Consiglio per l’interpretazione delle leggi modificava questa disciplina, con una discutibilissima interpretazione del testo del 1970, che contrasta con i più elementari principi del diritto. Resta pertanto molto discutibile e sconsigliabile il ricorso alle bambine per il servizio dell’altare.
 

Lex orandi, lex credendi

Perché è così importante difendere la liturgia da errori ed orrori? Perchè spesso gli abusi sono originati da errori sulla dottrina. La Chiesa crede come essa prega. La lex oran-di determina la lex credendi. Il cuore di ogni discorso apologetico parte da qui: ai piedi di quell’altare sul quale si rinnova il sacrificio di Cristo, nei modi e nelle forme voluti dalla tradizione della Chiesa.

IL TIMONE – N.61 – ANNO IX – Marzo 2007 pag. 14-15

 

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