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15.12.2024

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Divorzio, Aborto, Eutanasia

Divorzio, Aborto, Eutanasia

 

 

 

 

La mentalità laicista rifiuta la Croce. Ma solo questa rende possibile accogliere i limiti altrui e propri, accettare sempre il dono di una vita nuova e dare senso al dolore, che può diventare offerta d’amore ricca di frutti prodigiosi.

 

Solo una spiritualità profondamente radicata nella Croce del Cristo può consentire una vita cristiana impegnata e coerente.
La volta scorsa abbiamo parlato della centralità della Croce per la nostra vita spirituale. Abbiamo detto come essa non sia il frutto di una visione masochista e punitiva della vita ma, al contrario, perché illuminata dalla Risurrezione, una via che porta alla realizzazione vera della persona umana, ad una gioia autentica e profonda.
Per questo non dobbiamo avere paura che l’albero della nostra vita venga ripetutamente potato, che le dif?coltà dell’esistenza ci lavorino ?no in fondo al cuore perché, se le accettiamo alla luce della Croce gloriosa, esse ci faranno crescere progressivamente nell’amore, provocando quella “rinascita dall’alto” che è per l’uomo l’unica fonte della vera gioia.
È chiaro che questa scelta di accettare la dinamica di morte e di risurrezione va applicata a tutti gli aspetti della vita cristiana. Noi qui, però, vorremmo proporla particolarmente per tre problemi – divorzio, aborto, eutanasia – in cui la mentalità laicista, ormai legalizzata perché maggioranza, crea molte dif?coltà anche ai credenti che spesso rischiano di esserne contagiati. Sono convinta che la spinta a capire il signi?cato profondo delle norme, spesso impopolari, proposte in questi campi dalla Chiesa e ad osservarle possa venire solo dalla ferma convinzione del valore salvi?co della Croce nella vita di ognuno e dalla certezza che il percorso che tiene conto della verità del Calvario è una via che porta non ad una vita triste e oppressa, limitata nella sua libertà ma, al contrario, alla vera realizzazione umana.
Le conseguenze del peccato originale, lo sappiamo, rendono confusi la nostra mente e il nostro cuore. Cosicché, giungiamo spesso a scambiare il male per il bene, a credere che ciò che viene proibito dalla Chiesa sia frutto di una chiusura che impedisce uno sviluppo in senso moderno della persona umana. Il nostro tempo è maestro in questi giochi pseudologici e assai pericolosi che ribaltano completamente l’ottica della persona quale emerge dalla Scrittura e dalla Tradizione della Chiesa.
Quali sono le prospettive laiciste che vanno oggi per la maggiore nel campo del matrimonio, dell’aborto, della eutanasia? Vediamole.
Del matrimonio si dice che sarebbe bello e desiderabile un amore che durasse l’intera vita, ma che è ormai del tutto irrealistico pensarlo. Occorre dunque muoversi con grande prudenza, anzi con dif?denza, rimandando nel tempo la scelta di una unione stabile, preferendo altri generi di rapporto a due. Ugualmente, ci si deve sposare soltanto quando si è davvero sicuri di aver trovato la persona “giusta”. In ogni caso, se un matrimonio non funziona, è meglio separarsi e divorziare. Davanti a una gravidanza indesiderata, le esigenze della madre di scegliere il momento giusto in cui avere un bambino sono fondamentali e predominanti. Solo così la donna potrà davvero realizzarsi e il bambino essere bene accolto. Di fronte a una malattia inguaribile o terminale si afferma il diritto alla dolce morte. È giusto, dicono, che chi patisce senza speranza abbia diritto a chiudere di sua volontà la propria esistenza che gli sembra ormai solo una inutile fonte di sofferenza.
Che cosa c’è che non va per un cristiano nei ragionamenti che abbiamo appena illustrati? C’è il fatto di scambiare la libertà umana, peraltro importantissima, per una autonomia assoluta che recide il rapporto vitale di ogni persona con il suo Creatore. C’è il fatto di non riconoscere il progetto divino, che propone ad ogni uomo di entrare in un rapporto d’amore sempre più pieno con il suo Dio e con i fratelli. C’è, in?ne, il fatto di non accettare lo strumento sommo che permette la realizzazione di questo stesso progetto e cioè il gesto d’amore di Gesù, Dio incarnato, quella Croce che ha salvato e salva continuamente ogni uomo.
Colui che non crede in questa possibile redenzione, che non accetta il mistero della vita che sgorga dalla morte del proprio io passionale, appare pertanto una persona che afferma sì la propria libertà, il proprio desiderio di amore e di realizzazione ma che, al contempo, è impaurita e sola nella ricerca di un altro che lo sostenga e lo appaghi nella sua ricerca di unione. È un compagno instabile e insicuro per altri esseri a loro volta instabili e insicuri; uno che si accontenta del relativo, perché non è più capace di intravedere l’Assoluto dietro le trame spesso complicate e dolenti della vita. Un essere spaventato e incerto davanti a un legame de?nitivo, di fronte alla responsabilità di una nuova vita inaspettata, che elimina, perché non sa dove trovare un supplemento d’amore per accettarla. Una persona terri?cata da una sofferenza che gli appare senza signi?cato e che lo porta a ri?utare la vita stessa.
Diversa, non per suo merito, la prospettiva del credente: Gesù ci rivela un Dio che ci ama sempre, nonostante i nostri limiti; che ci fa sentire talmente accettati da potere a nostra volta accettare i limiti degli altri; che colma il nostro cuore, donandoci così la forza di vivere quella carità di cui parla S. Paolo. La carità che è benigna e paziente, che tutto comprende, tutto sopporta, tutto perdona, tutto offre proprio come ha fatto Gesù sulla Croce gloriosa.
Allora, certo, resteranno valide anche per i cristiani le regole della umana prudenza e saggezza. Ma all’interno di esse esisterà la consapevolezza che il matrimonio, anche il migliore, è pur sempre un rapporto tra due peccatori che cercano di amarsi al seguito del Croci?sso. Che la persona ‘giusta’, per quanto si possa essere esigenti, non sarà mai tale in assoluto perché nulla ti garantirà dai cambiamenti, dalle malattie, dagli incidenti di ogni tipo “in corso d’opera”. Che le dif?coltà anche gravi possono essere superate non abbandonando il campo ma crescendo nella carità. Che anche una nuova vita inaspettata, che ti sconvolge i programmi, può essere accettata se vista nell’ottica di un Dio amorevole che veglia sull’esistenza dei propri ?gli e provvede ad essi; che persino una grande sofferenza ?sica, nell’ottica della Croce e della Risurrezione può trasformarsi da dolore inutile in una offerta d’amore ricca di frutti straordinari.

 

 

 

RICORDA

 

“Viene per tutti, presto o tardi, l’ora della tribolazione e dell’angoscia. Quella, a preferenza delle altre, è l’ora in cui bisogna saper guardare alla croce. È l’ora in cui bisogna dire: se su di te ha sofferto l’incolpevole Figlio di Dio, è giusto che mi adatti a soffrire anch’io che non sono senza debiti con la giustizia divina”.

(Giacomo Bif?, Una sorte bellissima. Piccolo Dizionario del Cristianesimo, a cura di Emanuela Ghini, Piemme 2004, p. 62).

 

 

 

IL TIMONE – N. 34 – ANNO VI – Giugno 2004 – pag. 54 – 55

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