La conversione al Cristianesimo non solo fa conoscere il vero Dio, ma produce anche un netto miglioramento delle condizioni di vita. La testimonianza di un vescovo missionario in Africa, dove molti non hanno mai sentito parlare di Cristo
Il 21 ottobre si è celebrata la Giornata missionaria mondiale, che ricorda alla Chiesa universale e a tutti noi battezzati il comando dato da Gesù ai suoi discepoli: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura».
L’umanità ha superato i 7 miliardi di individui e i cristiani sono circa due miliardi, per di più divisi fra di loro. La missione alle genti è valida ancor oggi, anzi si può dire che è solo agli inizi. Nel Messaggio per la Giornata missionaria 2012, Papa Benedetto riafferma «la volontà della Chiesa di impegnarsi con maggior coraggio e ardore nella missione alle genti, affinché il Vangelo giunga fino ai confini della terra ». Eppure, l’ideale missionario e l’interesse per le missioni sono in crisi anche tra i cristiani. Le obiezioni alla missione universale della Chiesa sono di vario tipo:
a. una religione vale l’altra e tutte portano, sia pur in modo diverso, allo stesso Dio;
b. il primo annunzio di Cristo è fatto e le Chiese locali sono in tutto il mondo. Il primo annunzio di Cristo e la conversione degli infedeli è compito loro.
c. perchè portare Cristo in Asia e Africa, se lo stiamo perdendo qui in Italia?
d. la missione universale nasce dalla fede in Cristo e la crisi di fede porta con sè anche la crisi dell’ideale missionario.
Incontro a Milano mons. Pedro Zilli, italobrasiliano del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), vescovo di Bafatà in Guinea Bissau: «La mia diocesi – dice – è nata con me primo vescovo nel 2001. È estesa più della Lombardia (24.000 kmq), tutta pianeggiante e sulla riva dell’Oceano Atlantico, con terre fertili, acqua e sole a volontà. Gli abitanti sono 600.000, i cattolici battezzati circa 30.000. Quando sono andato a Bafatà non avevo la mia casa, abitavo col parroco dell’unica parrocchia. All’inizio, avevo sei sacerdoti, che oggi sono una ventina, di cui undici diocesani, tre del Pime, due fidei donum di Verona, uno fidei donum di Ivrea e altri francescani e spiritani. E poi un certo numero di volontari laici e di suore.
Mons. Zilli mi ricorda che «In Guinea ci sono ancora popolazioni di religione tradizionale quasi totalmente isolate dal mondo esterno. Adesso entra la radio e a volte la televisione, quindi hanno sentito parlare di Cristo, ma non hanno ancora avuto nessuna notizia più precisa. Ci sono vaste regioni della mia diocesi, come il Boè, nelle quali non abbiamo nemmeno una presenza cristiana. C’è ancora un lungo cammino da fare di primo annunzio e questo è un tema fondamentale nella nostra diocesi come anche in tutta la Guinea. Bisogna far conoscere Cristo, ma poi il cammino verso il Battesimo è lungo, lento, almeno nella nostra Africa rurale, tutto procede lentamente. La vera missione alle genti qui è ancora agli inizi, ecco perché abbiamo bisogno di missionari. Ci sono conversioni, ma ancora poche perché la diocesi ha solo dieci anni e molti sono nel catecumenato: l’anno scorso, i battezzati dal paganesimo sono stati 230, ma molti vorrebbero il battesimo».
Chiedo a dom Pedro cos’è che attira i non cristiani che chiedono il battesimo. Risponde: «I motivi sono tanti, specialmente il fatto che la fede cristiana cambia la vita. Ad esempio, il credente della religione tradizionale (l’animismo), se riceve un’offesa o un furto, si vendica, fa pagare al nemico la stessa pena. È un suo diritto, dicono. Il cristiano porta lo spirito di perdonare le offese, questa è una novità assoluta e tutti vedono che porta la pace tra le famiglie e i villaggi. Così l’amore e la solidarietà al prossimo, non più solo a quello della famiglia, del clan, del villaggio, ma a tutte le creature umane, anche a quelle di tribù tradizionalmente considerate nemiche. I cristiani sono amici di tutti e per quel che possono aiutano tutti».
Non solo: «E poi, la vita familiare migliora, il marito aiuta in casa, pulisce la casa, aiuta la moglie in tante piccole e grandi faccende quotidiane. Sono una coppia unita che si aiuta a vicenda. Nelle famiglie tradizionali c’è una divisione più netta dei compiti, tu fai questo, io faccio quello e basta. E poi, le famiglie cristiane cercano di tenere una borsa unica, una contabilità unica. Nelle famiglie non cristiane no, se il marito lavora non dice nemmeno quel che guadagna, ciascuno cerca di nascondere all’altro qualcosa».
La conversione al Cristianesimo giova anche alla vita quotidiana: «Vivere una vita comune nella coppia è proprio dei cristiani. La comunione dei beni c’è tra i cristiani. È vero che non tutte le coppie cristiane arrivano a fare bene, ma la Chiesa insiste, il prete raccomanda, a poco a poco questa idea entra. Ci sono matrimoni veramente esemplari, che diventano testimonianze evidenti del matrimonio cristiano. Altro esempio, mandare i figli a scuola. Ormai quasi tutte le famiglie li mandano, ma nei cristiani c’è più attenzione. Le famiglie cristiane avvertono di più l’impegno di educare i figli a studiare, a obbedire, a essere rispettosi degli altri. In un villaggio questi esempi li vedono tutti».
E continua: «In Africa, la moglie che non ha figli è un grave problema, tutti vogliono aver figli; quando capita questo, il marito può prendere una seconda moglie e rimanda a casa sua la prima moglie, che è vista male e disprezzata. Una signora cattolica non ha avuto figli, ma essendosi sposata in chiesa con un marito cattolico sono ancora assieme dopo 40 anni, pur non avendo avuto figli propri. Hanno adottato dei bambini, ma sono rimasti senza figli. Esempi del genere sono provocatori in senso positivo».
I benefici portati dalla fede e dalla cultura cristiana si vedono ovunque. Per esempio, mi dice dom Pedro, «Gli anziani sono da tutti venerati e rispettati. Ma quando uno non è più autosufficiente e non rende nulla, nel mondo tradizionale tante volte lo si emargina, e a volte lo si elimina. Ad esempio, non gli si dà più da mangiare e muore. Si chiude il vecchio in una capannuccia a parte e dopo un po’ muore. Per il cristiano, curare i malati e gli anziani anche non autosufficienti è un dovere perché in ogni persona sofferente il cristiano vede Gesù in Croce».
E ancora: «Altra cosa importante è la preghiera. I cristiani pregano sempre, il pagano prega solo quando deve chiedere qualcosa. La preghiera cristiana è per lodare Dio, per mettersi in comunicazione e amare Dio; quindi è quotidiana in tempi precisi, e settimanale nella Messa domenicale, cioè strettamente collegata ai ritmi quotidiani della vita, perché sempre abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Il pagano non ha tempi precisi, prega quando deve chiedere qualcosa. Cioè, prega quando serve, che è un po’ la mentalità che sta entrando anche qui in Italia o in Brasile; diventiamo anche noi pagani».
Ma il cammino di conversione non è sempre agevole e diversi sono i pericoli e gli ostacoli che si possono incontrare nella missione evangelizzatrice. «Passare dalla religione tradizionale al cristianesimo è un cammino lungo, complesso, lento. Nella mia diocesi siamo alla prima o alla seconda generazione cristiana e c’è il pericolo che le persone, prima che arrivi il cristianesimo, passino dalla mentalità tradizionale alla modernità praticamente atea del nostro mondo occidentale. L’ha detto anche il Papa nella Messa di apertura della II Assemblea Speciale per l’ Africa nel Sinodo dei Vescovi , quando ha detto che «l’Africa rappresenta un immenso “polmone” spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo “polmone” può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista».
Ricorda
«Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”».
(Matteo, 28,16-20).
IL TIMONE N. 117 – ANNO XIV – Novembre 2012 – pag. 50 – 51
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