Petronio era consigliere di stile di Nerone; cadde in disgrazia nel 65 e fu costretto al suicidio, come vari Stoici perseguitati dal tiranno, le cui morti esemplari Petronio parodiò con la propria. Era infatti maestro di parodia, di cui riempì il Satyricon, scritto in quel 64 che vide la prima persecuzione: Nerone fece ricadere la colpa dell’incendio di Roma sui Cristiani, già invisi al popolino per i loro presunti crimini, infanticidio e incesto, derivati dal fraintendimento dell’eucaristia e dell’usanza cristiana di chiamarsi «fratelli». I Cristiani, già numerosi a Roma, furono uccisi in modo spettacolare, destando commiserazione anche tra i pagani, secondo Tacito. Petronio allora affiancava Nerone e stava scrivendo il suo romanzo, il Satyricon, in cui allude chiaramente all’incendio. E sembra alludere anche ad episodi evangelici e ai Cristiani, che non poteva non conoscere.
1) L’unzione di Betania sembra parodiata ove il parvenu Trimalcione, in un contesto conviviale, prende del nardo e ne cosparge i convitati in prefigurazione del suo uso funebre sul suo corpo alla sepoltura. Similmente, Gesù ci dice che la donna che lo ha cosparso di nardo ha preparato il suo corpo alla sepoltura. I due passi sono gli unici in tutta l’antichità in cui il nardo è usato in un contesto conviviale in prefigurazione del suo uso funebre. Inoltre, Trimalcione per una predizione è convinto di avere ancora molti anni da vivere: perché insiste sulla sua morte come imminente? Con un riferimento al Vangelo si spiegherebbe.
2) Il canto del gallo che denuncia il tradimento di Pietro e annunzia il giorno della morte di Gesù sembra parodiato nella scena in cui il canto di un gallo, nel mondo classico sempre considerato segno positivo, è invece ritenuto annuncio di una sciagura mortale – unico caso in tutta la letteratura classica insieme al Vangelo – e il gallo è detto index, denunciatore.
3) L’Eucaristia è parodiata ove il protagonista si finge possessore di un bene prezioso che lascerà a quanti taglieranno il suo corpo in parti e ne mangeranno al cospetto di tutti. Analogamente, i Cristiani sin dalle origini mangiavano con l’Eucaristia il corpo di Cristo frazionando il pane in parti al cospetto della comunità, per entrare in possesso dell’eredità più preziosa, la vita eterna donata da Cristo.
4) La crocifissione e la resurrezione sembrano parodiate ove tre uomini sono crocifissi da un governatore di provincia e i loro cadaveri, come quello di Gesù, sono custoditi dai soldati perché nessuno li trafughi. Ma il terzo giorno uno è portato via e sostituito con un altro, al che Petronio deride i creduloni ammirati davanti all’improvvisa rianimazione di un defunto.
Le vicinanze con i Vangeli sono impressionanti. Il romanzo contiene anche una chiara parodia del Giudizio di Salomone, e il nome di Trimalcione, durante la cui cena avvengono tre degli episodi descritti, è semitico: «tre volte re», «re per eccellenza».
Anche lo scrittore greco Caritone di Afrodisia sembra avere scritto il suo Romanzo di Calliroe poco dopo la metà del I sec.: l’ultimo suo editore, B. Reardon, come C. Thiede, data il romanzo non dopo il 62, quando lo stoico Persio lo cita alla fine della sua satira I: «Dopo pranzo ti do la Calliroe».
Afrodisia, in Caria, era vicina a zone di antica evangelizzazione, il che rende possibile una conoscenza del cristianesimo, che alcune scene del romanzo sembrano presupporre.
Colpiscono quelle della crocifissione di Cherea e della morte apparente di Calliroe. Cherea è condannato da un governatore, porta la sua croce, non si ribella né accusa nessuno, e dalla croce è poi invitato a discendere con l’identica forma verbale greca usata anche per Gesù. Il terzo giorno dalla presunta morte della giovane protagonista Calliroe, Cherea giunge alla tomba all’alba, con libagioni, ma trova le pietre rotolate via dall’ingresso e prova smarrimento (aporia), lo stesso termine usato da Luca per le pie donne al sepolcro, come pure l’incredulità di fronte al fatto paradossale è anche nei Vangeli. La Fama, come nunzio (aggelos), vola a dare notizia; tutti accorrono ma Cherea non osa entrare prima del padre di Calliroe, come Giovanni, che nel Vangelo non entra nel sepolcro prima di Pietro; la tomba è incredibilmente vuota e, mentre alcuni parlano di trafugamento, Cherea proclama la divinizzazione e assunzione in cielo della fanciulla. Inoltre, il riconoscimento finale di Calliroe, tornata in vita, avviene grazie alla voce, come quello di Gesù da parte della Maddalena.
Altre affinità di pensiero con il cristianesimo sono interessanti: il valore della castità, della vita, la dignità degli schiavi, etc.
Petronio e Caritone alludono anche al trafugamento di cadavere, di cui erano accusati i Cristiani nei primi decenni, come attesta Mt 28. A questa accusa sembra connesso l’Editto di Nazareth, in cui l’imperatore (Nerone) commina la morte ai profanatori di tombe, una colpa usualmente punita solo con una multa: l’editto è probabilmente rivolto contro i Cristiani, tanto più se si intende che i trasgressori sarebbero stati sottoposti «ad un processo relativo alla religione per un culto reso a un essere umano»: ciò si adatta al cristianesimo, che dal 35 era fuori legge per un senatoconsulto sotto Tiberio, che tuttavia aveva posto il veto alle accuse anticristiane, impedendo una persecuzione che scoppiò solo nel 64 per volere di Nerone e di cui Petronio era al corrente. Il Vangelo di Marco sarebbe così databile a prima del 64, come sostiene l’antica tradizione del II sec. e come suffraga 7Q5, il probabile frammento marciano che si può collocare prima del 70 su base archeologica e agli anni 50 su base paleografica. Infatti, l’Editto sembra indicare la volontà di Nerone, con la «svolta» del 62, di colpire i Cristiani, sia in quanto adoratori di un uomo, sia in quanto presunti trafugatori di cadavere, secondo l’accusa fatta circolare dai Giudei e probabilmente riflessa in entrambi i romanzi di Petronio e di Caritone; ora, il primo è certamente databile a prima del 65, e il secondo molto probabilmente circolava in età neroniana (54-68 d.C.)
I riferimenti ai Vangeli e ai Cristiani in autori dei primi anni Sessanta del I sec., o anteriormente per Caritone, contribuiscono a sostenere la datazione alta dei Vangeli: la loro stesura avvenne dunque mentre erano vivi i testimoni oculari degli eventi della vita di Gesù, che avrebbero potuto smentire eventuali falsificazioni.
I romanzi antichi, pur composti anche da autori che, come Petronio, sembrano deridere i Cristiani, parrebbero suffragare la storicità dei Vangeli.