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12.12.2024

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E’ finito il ‘Pericolo Comunista’?
31 Gennaio 2014

E’ finito il ‘Pericolo Comunista’?

 

 

 

In Birmania vige un regime comunista, staliniano e dichiaratamente ateo.

Sono nazionalizzate le scuole, le banche, le industrie, le piccole e medie aziende artigianali, i negozi, le terre, i giornali, le radio, gli alberghi e i ristoranti.

E lo Stato si crede onnipotente.

 

 

Nel mondo sono attive circa trenta guerre o guerriglie. La più interminabile è la guerra civile in Birmania, che dura dal 1948, anno dell’indipendenza dall’Inghilterra, quando le tribù minoritarie (28% dei 50 milioni di abitanti) si sono ribellate al governo dei birmani chiedendo l’indi-pendenza o il federalismo. Non è coinvolto l’Occidente cristiano, quindi non interessa la stampa italiana. Dal 1962 la Birmania (dal 1989 si chiama “Myanmar”) è sotto la dittatura militar-socialista, venuta alla ribalta dell’attualità nel 1989 col Premio Nobel per la Pace alla signora Aung San Suu Kyi. Dopo non se ne parla quasi più.
Interessante l’ideologia che ha generato il “socialismo birmano ispirato al buddismo”, staliniano e dichiaratamente ateo. Fra i paesi comunisti sopravvissuti al crollo del muro di Berlino non si nomina mai la Birmania, il cui regime è ben descritto dalla sua Carta costituzionale: “The Philosophy of the Burma Socialist Programme Party”, pubblicata il 17 gennaio 1963, con la dichiarazione programmatica del Consiglio Rivoluzionario intitolata “The burmese Way to Socialism” (La via birmana al socialismo), nella quale si legge «L’uomo è il più importante di tutti gli esseri, è l’“Essere Supremo”. Al posto di dio (il dio di qualsiasi religione compreso Buddha come dio del buddhismo), bisogna mettere l’Uomo. La filosofia del nostro partito è una dottrina puramente mondana e umana. Essa non è una religione. La storia dell’umanità è non solo storia di nazioni e di guerre, ma anche di lotta di classe. Il socialismo intende mettere fine a questo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. L’ideale del socialismo è una società prospera, ricca, fondata sulla giustizia. Non c’è posto per la carità. Noi faremo di tutto, con metodi appropriati, per eliminare atti e opere di falsa carità e assistenza sociale. Lo Stato pensa a tutto. Nutrire ed educare i figli dei lavoratori sarà esclusiva responsabilità dello Stato, quando ci saranno abbastanza risorse economiche. L’attività di imprese sociali fondate sul diritto di proprietà privata è contro natura e non fa che sfociare in antagonismi sociali. La proprietà dei mezzi di produzione deve essere sociale. Un’azione può essere considerata come retta, morale, solo quando serve agli interessi dei lavoratori. Per un uomo, lavorare tutta la vita per il benessere dei suoi concittadini e per quello dell’umanità in spirito di fratellanza è il “Programma delle Beatitudini” per la Società dell’Unione Birmana» (Sintesi fatta usando espressioni tratte dal testo originale, in “Venga il Tuo Regno”, Pime Napoli, 1967, pp. 191-193).

In base a questi principi il governo ha nazionalizzato le banche, le industrie, le piccole e medie aziende artigianali, i negozi, le terre, i giornali, le radio, gli alberghi e i ristoranti; e poi le scuole e il sistema sanitario. Il 31 marzo 1964 è la volta delle scuole cristiane e un missionario scriveva (In “Venga il Tuo Regno”, Pime Napoli 1985, pp. 238-239.): «Il governo, dichiarando sue tutte le scuole private si è appropriato pure dei fabbricati, del denaro, delle terre e perfino delle automobili e dei pullman che trasportavano gli alunni alle scuole. Naturalmente il governo non dà alcun compenso, mentre i debiti restano a carico degli antichi proprietari».
Il giornale governativo The Guardian così giustifica questa decisione del governo: «L’educazione è il fatto sociale più importante per trasformare la società e orientarla al socialismo, per raggiungere uno stato economicamente giusto e fiorente contemplato nel piano detto “La via birmana al socialismo”. In tale società l’educazione deve essere diretta ai bisogni della società e condurre a promuovere non solo pensieri, abitudini, ma anche tutto un modo di vita conforme alla “Via birmana al socialismo”. Bisogna perciò impartire una educazione che sia uniforme non solo nei programmi, ma anche nella qualità in tutte le scuole dell’Unione Birmana».

Il governo si dichiara “socialista” ed esclude di essere un comunismo sovietico o maoista, ma professa il materialismo, nega l’esistenza dell’anima umana, insegna che tutti i fondatori di religione sono deceduti, introduce l’insegnamento dell’ateismo e della filosofia marxista nelle scuole e assume come verità indiscussa che la proprietà è un furto per cui tutto appartiene al popolo, cioè al partito “socialista birmano” che esprime gli interessi del popolo, coordinando ogni cosa al “bene sociale”. Il regime è detto “Lanzin”, cioè “la via” al socialismo birmano: si tratta di una preparazione remota al vero socialismo il cui avvento si prospetta in un lontano futuro.
Il testo costituzionale rivela chiaramente la mentalità, la strategia per la trasformazione della società in senso socialista che i regimi comunisti perseguono dove ancora sopravvivono (Cina, Corea del nord, Vietnam, Cuba, ecc.). Ma è facile notare che queste intenzioni dichiarate in favore delle “scuole statali” e contro le “scuole private” portano all’imposizione graduale del “pensiero unico” fin dalla più tenera infanzia (i figli appartengono allo Stato, non alle famiglie!), togliendo all’uomo il tesoro più bello che Dio gli ha dato: la libertà di pensiero, di scelta, di azione. Nessuna dittatura tendenzialmente totalitaria può lasciare libertà all’educazione.
Le scuole cattoliche e protestanti godevano di una reputazione secolare in tutta la Birmania, le famiglie si stimavano fortunate se potevano iscrivere i loro figli alle scuole cristiane. Il risultato della scelta statalista nel campo dell’educazione (come in altri settori della vita civile) è stato la decadenza dell’insegnamento e l’arretratezza del paese per mancanza di persone preparate. Oggi, ad esempio, anche il governo militar-socialista cerca di ricuperare i quarant’anni in cui non veniva più insegnata la lingua inglese se non nelle scuole superiori; non si trovano più insegnanti di inglese, i giovani conoscono solo la “lingua nazionale” che fuori del paese non serve quasi a nulla. Una delle migliori eredità che la vicina India ha ricevuto dall’Inghilterra è la lingua della nazione colonizzatrice, conosciuta da buona parte della popolazione e soprattutto dai giovani, che le ha permesso di inserirsi facilmente nel progresso scientifico e tecnologico mondiale, mentre la Birmania, ora che si sta aprendo al mondo esterno, è ancora bloccata da questo limite (ma ce ne sono tanti altri).
In Italia si dice che il comunismo non c’è più, che il pericolo di finire in un regime comunista è scomparso. È vero, ma il danno peggiore dell’ideologia socialista-comunista è quello espresso nel testo appena letto: la mentalità dello Stato onnipresente che porta alla fine o alla mortificazione del libero mercato; lo Stato che educa i giovani e orienta la società verso il “pensiero unico”; la proprietà privata è un furto quindi la tendenza allo statalismo: l’educazione dei giovani è compito dello Stato, non della famiglia; l’ateismo come inevitabile prevalere di un’ideologia sconfitta dalla storia sulla libertà dell’uomo; e via dicendo. L’eredità peggiore del comunismo è questa “cultura” (mentalità), che sopravvive a tutte le smentite della storia.

DA NON PERDERE

 

In questo volume, padre Piero Gheddo ci offre la storia del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) in terra di Birmania, Paese che dal 1989 ha assunto il nome di Myanmar. Centoquarant’anni fa, nel 1867, i primi missionari di questo Istituto cominciarono a predicare il Vangelo di Gesù Cristo in mezzo a difficoltà enormi, portando fede, pace, scuole, strade e fondando un’arcidiocesi e cinque diocesi. Un’autentica avventura della fede, che ha visto i sacerdoti del Pime affrontare rischi di vario genere con un grande coraggio umano, nato da quell’amore per Cristo che tutto fa sopportare. Non pochi sacerdoti e suore morivano in giovane età per mancanza di cibo, di medicine, per le guerre, il brigantaggio, carestie ed epidemie di colera. Altri hanno subito persecuzioni di vario tipo, fino alla espulsione. E ancora ai nostri giorni annunciare il Vangelo non è facile, in questo Paese retto da una dittatura militar-socialista. Una lettura edificante, che offre segnali di speranza per il futuro della Chiesa birmana.
(Piero Gheddo, Missione Birmania 1867-2007. I 140 anni del Pime in Myanmar, Emi, Bologna 2007, pp. 462, €16).

IL TIMONE – N.64 – ANNO IX – Giugno 2007 pag. 18-19

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