Autentico filosofo, cattolico convinto. È stato uno dei più grandi studiosi del pensiero filosofico medievale. Un vero maestro.
Se noi oggi abbiamo una significativa consapevolezza dell’immenso valore della filosofia medievale, ciò è dovuto in notevole misura all’opera di Etienne Gilson, il grande studioso francese autore di alcuni scritti fondamentali della storiografia filosofica del XX secolo; per usare un’espressione attualmente assai in voga, si può tranquillamente affermare che Gilson fu colui che sdoganò il pensiero dei medievali, restituendo a esso la straordinaria importanza che gli appartiene e che non sempre gli è stata (e, forse, dovremmo dire, continua a essergli) riconosciuta. A questo riguardo, i testi gilsoniani sulla filosofia medievale nel suo insieme, su Sant’Agostino, su Duns Scoto e, in modo del tutto particolare, su San Tommaso, vengono ormai considerati dei veri e propri classici.
Etienne Gilson nacque a Parigi il 13 giugno del 1884; si avviò ben presto verso gli studi filosofici, rimanendo molto colpito – al pari di Jacques e Raissa Maritain – dall’insegnamento di Bergson, che teneva le sue lezioni presso il Collège de France. Furono le ricerche intorno ai predecessori scolastici di Cartesio a indirizzarlo verso il pensiero medievale. Dopo la Grande Guerra, Gilson riprese a insegnare, prima a Lilla, poi a Strasburgo, dove, nel 1919, pubblicò il primo lavoro sul tomismo, e, infine, a Parigi, ove fu docente per lunghi anni, nel corso dei quali ebbe modo di tenere corsi anche in Canada e negli Stati Uniti. All’indomani della Seconda Guerra Mondiale divenne senatore e gli fu assegnato un posto nella prestigiosa Académie Francaise. Gilson proseguì il suo fecondo impegno di maestro e di conferenziere, recandosi in varie parti del mondo, finché la morte lo colse ad Auxerre il 19 settembre del 1978.
La rilevanza dei contributi gilsoniani non riguarda soltanto l’ambito della storiografia, al quale si è già accennato; proprio sulla base delle sue indagini sulla storia del pensiero medievale, Gilson elaborò pure alcune importanti riflessioni in merito alla questione della filosofia cristiana, sulla quale si svolse un ampio dibattito in Francia nel quindicennio che va dal 1924 al 1938. Ha scritto a questo proposito Antonio Livi, che di Gilson è stato allievo e ha recepito con particolare e originale fecondità la lezione: “Etienne Gilson matura (…) la convinzione che la filosofia cristiana ha una sua validità razionale autonoma, e allo stesso tempo è fondata dalla Rivelazione e ha una finalità schiettamente teologica”.
Il modello più alto di questo genere di filosofia è per Gilson quello offerto da San Tommaso, il quale comprese ed espresse in maniera insuperabile che “il filosofo cristiano è un pensatore che, lungi dal credere per esimersi dal comprendere, è convinto di trovare nella fede che egli abbraccia un beneficio netto per la ragione”. È l’insegnamento che Gilson trovò nella celebre enciclica Aeterni Patris, pubblicata da Leone XIII nel 1879, e che egli fece decisamente suo, nella certezza che la Rivelazione e la fede irradiano la loro luce sulla ragione, potenziandola senza toglierle la legittima autonomia.
Muovendosi su questa linea, Gilson avversò sia il razionalismo, che esclude la dimensione del soprannaturale e del mistero, sia il fideismo, che finisce per cadere nello scetticismo. Annota a questo riguardo ancora Antonio Livi: “Il primato di certezza della fede significa che la filosofia, quando è praticata dal credente, ha delle mete specifiche che restano al di sotto della sapienza soprannaturale. Ma, allo stesso tempo, le verità trascendenti influiscono sulla ricerca filosofica e ne determinano il progresso più autentico, come la storia dimostra” .
Ecco alcune eloquenti affermazioni gilsoniane riguardanti il significato della filosofia medievale: “Indubbiamente i pensatori del medioevo sono stati quasi sempre dei teologi (…), ma dei teologi che sono stati allo stesso tempo dei filosofi; una filosofia che cerca di trovare un accordo con la fede non cessa per questo di essere una filosofia (…) Noi osiamo affermare che, per quanti lo considerano senza preconcetti, il XIII secolo appare non meno ricco di opere filosofiche di quanto lo siano i tempi di Cartesio o di Leibniz o di Kant o di Comte.
Tommaso d’Aquino e Duns Scoto – per non citare se non due esempi difficilmente contestabili-(…) sono dei grandi filosofi, cioè dei filosofi grandi per tutti i tempi, tali da imporsi anche a chi fosse deciso a non arrendersi né alla loro autorità né alle loro argomentazioni”.
E ora ascoltiamo ciò che Gilson ha da dirci circa il tema della filosofia cristiana: “In nessun caso si potrà evitare che la filosofia di un cristiano sia puramente razionale, perché altrimenti non sarebbe più filosofia; ma dal momento in cui questo filosofo è anche un cristiano, l’esercizio della sua ragione sarà quello della ragione di un cristiano: il che non significa una ragione diversa da quella dei filosofi non cristiani, bensì una ragione che opera in condizioni differenti (…). Ciò che caratterizza il cristiano è la convinzione della fecondità razionale della sua fede, e che questa fecondità è inesauribile”.
A un quarto di secolo dalla sua morte, Etienne Gilson si presenta come un maestro la cui lezione appare ancora viva e utile, specialmente quando si considerino le numerose debolezze e infermità che stanno fiaccando la filosofia occidentale.
RICORDA
“L’opera della ragione è positiva, sana e importante, poiché prova che la filosofia, lasciata a se stessa, può stabilire con certezza l’esistenza di questo primo essere che tutti chiamano Dio; ma una sola parola del testo sacro ci mette all’istante in diretto rapporto con lui, ci dice il suo nome e, per il fatto stesso di dirlo, ci insegna la semplicità della sua essenza. Soffermandoci a riflettere sul significato di quest’ultima affermazione, vedremo più chiaramente la trascendenza assoluta di una scienza come la teologia, e capiremo meglio in che senso è giusto dire che la ragione naturale, che la teologia utilizza come ancella, mai soppianta in essa la fede”.
(Etienne Gilson, Introduzione al/a filosofia cristiana, Massimo, Milano 1986, pp. 36-37).
BIBLIOGRAFIA
E. Gilson, Lo spirito della filosofia medioevale, trad. it., 3° ed., Morcelliana, Brescia 1969.
E. Gilson, Introduzione alla filosofia cristiana, trad. it., 2° ed., Editrice Massimo, Milano 1986 (con uno studio introduttivo di A. Livi).
E. Gilson, Dio e la filosofia, trad. it., 2° ed., Editrice Massimo, Milano 1990. Blondel – Brehier – Gilson – Maritain, Il problema della filosofia cristiana, (a cura di A. Livi), Pàtron, Bologna 1974.
IL TIMONE N. 24 – ANNO V – Marzo/Aprile 2003 – pag. 28 – 29