FONTE DI VITA
In attesa di conoscere quanto il Santo Padre vorrà recepire dei lavori del sinodo dei vescovi sull’Eucaristia, e offrire alla fede e alla vita di noi cristiani, limitiamoci a due o tre verità sempiterne. Sono vecchie quanto la storia della Chiesa, tuttavia attuali oggi come lo erano ieri e come lo saranno sempre. Almeno in una prospettiva di fede. Verità che non si inventano, naturalmente, ma che sono attinte dalla dottrina della Chiesa. Estratte dal tesoro incommensurabile della fede cattolica, che purtroppo non apprezziamo mai abbastanza. Riguardano il sacri?cio eucaristico. La Messa è innanzitutto e sostanzialmente lo stesso sacri?cio della Croce, compiutosi in modo cruento sul Calvario circa duemila anni orsono e che si rinnova senza spargimento di sangue sull’altare delle nostre chiese. Ora, questo sacri?cio si offre per quattro scopi: adorare Dio, ringraziarLo, riparare i peccati commessi e domandare le grazie di cui abbiamo bisogno. Vediamo di chiarire, senza inutili commenti. Adorare: la Messa rende a Dio una adorazione in?nita e questo avviene anche se celebrasse un sacerdote indegno, in stato di peccato mortale. Sì, perché la Messa ha in Gesù Cristo il principale sacerdote celebrante e perché viene offerto a Dio Padre una Vittima perfettissima, che è Cristo. Quanto sia preziosa una sola Messa agli occhi di Dio non ne abbiamo la più pallida idea. Leggo nel classico manuale “Teologia della perfezione cristiana” del padre domenicano Royo Marin, che saccheggio – lo confesso – per stendere queste note: «Una sola Messa glori?ca più Iddio di quanto lo glori?cheranno in cielo, per tutta l’eternità, tutti gli angeli, i santi e i beati, insieme a Maria santissima». Ringraziare: chi di noi può, con le sue capacità, anche solo lontanamente ricambiare i doni di ordine naturale e soprannaturale che Dio si è degnato di farci? Bene, solo con la Messa possiamo saldare questo debito di gratitudine, «perché è Cristo stesso che, immolandosi per noi, ringrazia Iddio dei bene?ci che ci concede». Riparare: il linguaggio sarà anche datato, ma la verità è limpida: i nostri peccati esigono di essere riparati. Ma poiché offendiamo Dio, amore in?nito, anche la riparazione deve essere adeguata, dunque in?nita. E noi, creature ?nite, non ne abbiamo la capacità. Provvede la Messa, nella quale «viene offerta al Padre l’in?nita riparazione di Cristo», per me, per ciascuno di noi, per il mondo. Domandare: la miseria della quale facciamo esperienza quotidianamente ci pone in una condizione di assoluto bisogno. Necessitiamo di tutto: di forza, di luce, di coraggio, di grazie immense. Sappiamo bene che da soli non guadagniamo il Paradiso e nemmeno sapremo vivere su questa terra come si conviene ad un cristiano. Sentiamo il Manuale: «La Messa, di per sé, muove infallibilmente Dio a concedere agli uomini tutte le grazie di cui hanno bisogno». Certo, vi si spiega anche che «il dono effettivo di queste grazie dipende dalle nostre disposizioni, la mancanza delle quali può impedire completamente che queste grazie giungano ?no a noi». Mi pare tutto chiaro, non è vero? Non v’è da strabiliare? Non viene quasi da svenire, di fronte all’immensa grandezza, alla straordinaria bellezza, all’abissale forza di consolazione di questa verità? E l’Eucaristia? La relazione è lampante: la Messa è il sacri?cio eucaristico. E la Comunione ricevuta, si legge nel Manuale, «mette a nostra disposizione tutti i tesori di santità, di sapienza e di scienza racchiusi in Gesù Cristo». E ancora: «L’anima riceve quindi nella comunione un tesoro rigorosamente e assolutamente in?nito che le viene dato in proprietà». Naturalmente, poiché riduciamo la nostra anima, con il peccato, a brandelli, di questo tesoro ne perdiamo – per colpa nostra – gran parte. Bisogna darci una mossa. Proporci di diventare cristiani più veri, autentici. Ma, ancora una volta, constatiamo la nostra debolezza. E allora torniamo alla fonte: alla Messa. E disponiamoci bene per fare una buona comunione.
IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 3