L’autorità politica, quanto più si allontana da Dio, diventa mero potere
Neonazista io? A Bruxelles si preoccupino dei loro pedofili”: così Georg Haider, il capo del partito di destra che ha conquistato un quarto dei voti in Austria, ha rimbeccato al corale ostracismo che s’è levato contro di lui nell’Unione Europea (di cui Bruxelles è capitale). Un’allusione velenosa, che ha toccato un punto assai grave – e misterioso – del potere europeo.
Avverto: quel che vi racconto non vi piacerà. Entriamo in un settore oscuro della realtà, che è perfino difficile capire. Il peso dell’allusione del tribuno austriaco sarà infatti incomprensibile ai più, ma milioni di belgi sono in grado di capirlo perfettamente. Il 20 ottobre 1996, 350 mila belgi hanno sfilato in silenzio per Bruxelles, in memoria di quattro bambine uccise da un pedofilo di nome Marc Dutroux, arrestato nell’agosto, e per protesta contro la strana inerzia con cui erano state condotte le indagini. Marc Dutroux, elettricista disoccupato, era ricchissimo. Possedeva diversi automezzi e almeno sei abitazioni, alcune con giardino, in cui aveva sepolto le sue piccole vittime. In una di queste case sono state trovate 600 videocassette porno, in cui si vedono Dutroux, sua moglie “e altre persone non identificate” stuprare e torturare bambini di sei-otto anni. Nel mercato clandestino questi video si vendevano a 40 – 80 milioni di lire l’uno.
Recidivo, già condannato per pedofilia nel 1989 a 13 anni (ma solo tre scontati), Dutroux ha potuto compiere i suoi delitti per anni, indisturbato. I vicini di una delle sue case, a Martinelle, avevano spesso protestato senza che la polizia intervenisse per gli allarmanti rumori che provenivano da quella casa; a Sars-La Broussière (altro domicilio del Dutroux), i vicini avevano chiesto (invano) l’intervento degli agenti per gli scavi, con una pala meccanica, che l’individuo compiva nel suo giardino: stava scavando le fosse per i piccoli cadaveri; come si saprà poi.
Dutroux agiva alla luce del sole, come se potesse contare su potenti protettori. Di fatto – come hanno dimostrato le successive indagini – la polizia sapeva molto di lui. Due settimane dopo la scomparsa da casa di Juliette e Melissa, due ragazzine finite nel mattatoio del pedofilo, circolava negli ambienti investigativi belgi un documento riservato, da cui risultava che Dutroux aveva proposto a uno dei suoi loschi amici (un confidente) di rapire due minorenni. Nel documento, si indicava inoltre che ad uno dei suoi indirizzi il criminale stava costruendo dei sotterranei segreti. Nel rapporto risulta anche un indirizzo: Avenue de Philippeville 128, dove – troppo tardi – si scoprirà la prigione in cui erano state tenute Juliette e Melissa, prima di essere uccise e bruciate. Il 25 agosto 1995 (le due ragazzine scomparse da due mesi), infine la “gendarmerie” belga dirama un ordine di ricerca per Dutroux. Ma il mandato sottolinea che la ricerca “non è urgente”. Passano altri mesi, durante i quali Dutroux, ufficialmente (e debolmente) ricercato, può continuare a nascondere le due ragazzine, e a rapirne due altre, Eefje (di origine araba) e An. Le famiglie delle vittime, povera gente, trovano le autorità stranamente sorde alla loro disperazione. Solo un giudice istruttore, Jean-Marc Connerotte, si prende a cuore la faccenda; le sue indagini lo portano vicino a Dutroux: da quel momento, viene ostacolato in ogni modo, la polizia non collabora, il magistrato viene dipinto come un pazzo, infine gli viene sottratta l’indagine dal più alto livello giudiziario. Solo la spontanea confessione di Dutroux, alla fine, farà scoprire i cadaveri. Arrestato, Dutroux potrà ancora fuggire durante un trasferimento: non era ammanettato, si impadronisce di un’arma di un agente e se la svigna. Viene però ripreso dopo poche ore.
Anche perché la popolazione comincia a dire, a voce sempre più alta, che Dutroux è coperto da una “cupola” segreta, dedita alle sporche pratiche sessuali, i cui referenti (e utenti) sarebbero membri del governo belga, e anche del livello più alto della dirigenza europea. Sempre più spesso, la gente scende in piazza a difesa del giudice Connerotte, e a protesta contro l’inerzia – o la complicità – dei politici e degli alti magistrati. Il 20 ottobre 96, sono in piazza in 350 mila: è la “Marcia bianca”. Il governo belga vacilla. Due ministri si dimettono. Chi scrive, inviato dal suo giornale a testimoniare questo evento, può assicurarvi che allora, fra la gente, correva una voce univoca: che quelle videocassette sequestrate nei rifugi di Dutroux mostravano, come spettatori e attori dei delitti sessuali, personaggi altissimi. Di uno mi fu sussurrato il nome: un Padre dell’Europa Unita, notissimo, che da allora – abbastanza stranamente – s’è messo da parte, fuori delle luci della notorietà. Il sospetto è rimasto e continua ad avvelenare la vita quotidiana belga. Un ministro socialista, Elio Di Rupo, omosessuale dichiarato, s’è difeso con querele da accuse e voci, siano o no calunnie, che lo volevano coinvolto o vicino alla “rete” pedofila. Una deputata di destra, Margherite Bastien, il 26 novembre 96 ha agitato in Parlamento un video che mostrava, a suo dire, un tale Luc Michel mentre compiva atti innominabili su un bambino; sequestrata seduta stante, la cassetta è, ha scritto la Bastien, da allora “sepolta nei sotterranei del Parlamento”. Con le altre. Un giornalista, Jean Nicholas, ha scritto (“Les protecteurs sont parmi nous”) che esiste prova di relazioni fra quel Michel, Di Rupo e la Sicurezza di Stato. Sono seguite querele, controquerele, veleni e diffamazioni. Nella gente, resta la sensazione che ci sia una verità che forze potenti quanto oscure continuano, grazie al loro potere, a tenere sotto chiave. In questo clima, corre un’ipotesi anche più atroce: che cioè la rete di altissimi pedofili non sia un semplice gruppo di lussuriosi, che hanno i mezzi di pagarsi il loro vizio, ma una specie di società segreta. In questa società, può entrare – ed esserne aiutato a scalare i vertici del potere politico – chi accetta di compiere un crimine pedofilo come “atto iniziatico”.
Si sono scritti libri, in Belgio e in Francia, su questo lato oscuro e nefando: come “Homosexualité Iniziatique”, di Bernard Sergent (ed. Payot, Parigi). Il sospetto orribile è che la setta richieda l’atto “di iniziazione” non solo perché un delitto commesso in comune (e video-filmato) lega chi lo commette ai suoi complici, e consente al gruppo di ricattare ogni suo membro. Si tratterebbe di un vero atto “magico”, che qualifica chi lo compie a governare, in quanto capace di commettere quello che in quegli ambienti viene chiamato “il peccato del Nono Cerchio”. Il Nono Cerchio dell’Inferno è quello dove Dante ficca coloro che hanno commesso “il tradimento contro chi si fida”. Il genere di peccatori più vicino a Satana. Dante vi pone Giuda (traditore di Gesù) e Bruto (traditore di Cesare, suo padre adottivo) eternamente maciullati nelle bocche plurime di Lucifero (traditore di Dio Padre). Stuprare un bambino è tradire uno che, nella sua ingenuità innocente, più di tutti “si fida”: ad attrarre gli adepti che si dedicano a simili atti non sarebbe il piacere sessuale, ma la pura prova di saper fare il male peggiore. Vi avevo avvertito che tutto questo non vi sarebbe piaciuto. Io non posso provarlo: e spero ardentemente che non sia vero. Che non vi sia, al centro d’Europa, un “cuore di tenebra”. Ma purtroppo l’autorità anche politica, quanto più s’allontana da Dio, diventa mero potere: e può ben rovesciarsi in una “sacralità” che ha come centro il culto del Principe di Questo Mondo, Colui che da il potere, se placato con sacrifici atroci. Forse per i nostri tempi, Gesù evocò la “macina da mulino” che attende chi scandalizza “uno di questi piccoli”.
RICORDA
“Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insiedie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”.
(San Paolo, Lettera agli Efesini, 6, 11-12)
IL TIMONE – N. 7 – ANNO II – Maggio/Giugno 2000 – pag. 6-7