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3.12.2024

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Europa, è l’ora della presenza
31 Gennaio 2014

Europa, è l’ora della presenza

 

Nasce un movimento di laici, radicato in diversi Paesi d’Europa. Si chiama “Convenzione dei Cristiani per l’Europa” (CCE): Per non lasciare il vecchio continente in mano ai laicisti.
E per ricordare all’Europa le sue radici cristiane.

Davanti a un’opinione pubblica distratta e poco interessata sta prendendo forma la futura Costituzione europea.
Se tutto andrà secondo il calendario prestabilito, la Convenzione (cioè l’Assemblea Costituente), guidata dall’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing, approverà entro la fine di giugno il testo che dovrà poi essere esaminato – ed eventualmente corretto dalle Conferenze intergovernative, probabilmente entro la fine del 2003.
Tanto disinteresse può forse essere comprensibile, dato che le istituzioni europee paiono così ontane dalla nostra vita quotidiana, ma è tragicamente pericoloso. Perché in gioco c’è proprio la nostra vita quotidiana e i valori su cui poggerà la Casa comune europea. In particolare, alcune lobby e Paesi – Francia in testa – stanno facendo di tutto per cancellare l’esperienza religiosa – prima di tutto le radici cristiane – dai fattori costitutivi dell’Europa. In questo sono d’accordo sia quanti sostengono che l’Europa non ha affatto radici cristiane sia coloro che al contrario ne ammettono l’evidenza, ma giudicano fuori luogo menzionarle nella Costituzione. È il ritornello di sempre: Dio non c’è, ma se c’è non c’entra con la vita.
La storia d’Europa dimostra invece esattamente il contrario: non solo Dio c’è, ma c’entra al punto che l’arte, la letteratura e persino la struttura delle nostre città sarebbero incomprensibili se si cancellasse il fatto cristiano.
Il punto è che una costruzione politica deve partire dalla realtà, altrimenti è inevitabile il rischio di un’azione politica basata esclusivamente sull’ideologia e sul potere. Inoltre, il riferimento a Dio – o comunque all’elemento religioso – affermando l’esistenza di un valore trascendente implica la relatività di ogni istituzione politica, ed è dunque antidoto fondamentale contro ogni forma di totalitarismo. Ogni potere è in questo modo vincolato al rispetto della dignità della persona (immagine di Dio), all’eguaglianza di tutti gli uomini e le donne, al perseguimento della giustizia e del bene comune. Lo Stato dunque trova legittimazione proprio nel rispetto della dignità dell’uomo, cosa che possiamo anche tradurre con il concetto di libertà religiosa.
Purtroppo, la strada intrapresa dalla Costituente europea e tradotta negli articoli della Costituzione già presentati porta altrove: a una concezione statalista per cui i diritti dei cittadini sono di fatto una concessione da parte del potere.
Bisogna essere chiari: se si esclude il fatto religioso, il rispetto della dignità umana – citato anche nella bozza di Costituzione – diventa un concetto relativo, definito dal potere del momento. Per fare un esempio: riconoscere la persona come immagine di Dio implica il rispetto della sacralità della vita umana; invece chi vuole cancellare l’elemento religioso è anche chi si batte per introdurre aborto ed eutanasia tra i diritti umani fondamentali. Con il risultato che una stessa espressione dignità umana o diritti umani – assume significati totalmente diversi.
Ma non è importante solo il riconoscimento esplicito delle radici religiose dell’Eua; né basta garantire la libertà religiosa sia individuale sia sociale (cioè con il riconoscimento giuridico delle Chiese e delle confessioni religiose). È anche necessario che vengano riconosciuti e definiti come valori fondanti dell’Europa quelli che dall’esperienza cristiana discendono e che sono alla base delle nostre società: il diritto alla vita, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la solidarietà, la sussidiarietà, la lotta alla povertà, la giustizia sociale.
Da questo punto di vista, ciò che la Convenzione di Giscard d’Estaing ha saputo tirar fuori in prima battuta non solo è deludente ma decisamente preoccupante. Si impone dunque una scelta: abbandonare l’Europa al proprio destino, magari cercando di tirarsene fuori, oppure raccogliere le forze e lottare per vedere rispettata la verità? Non c’è dubbio che solo la seconda opzione è possibile e auspicabile.
Proprio perché siamo chiamati a partire dalla realtà non possiamo fuggire e lasciare che il volto dell’Europa venga sfigurato.
Un movimento di laici che si sta radicando nei diversi Paesi europei ha già iniziato da alcuni mesi questa battaglia: è la Convenzione dei Cristiani per l’Europa (CCE, il sito internet è www.eurocristians.org), che sta conducendo un’azione di lobby a Bruxelles con l’aiuto di alcuni eurodeputati del Partito Popolare Europeo e si sforza di fornire strumenti culturali con pubblicazioni e seminari.
Al termine di un seminario tenutosi il 3 aprile nella sede dell’Europarlamento a Bruxelles, che ha visto la partecipazione di storici, costituzionalisti e accademici provenienti da ogni parte d’Europa e anche dagli Stati Uniti, è stato redatto un Manifesto (si può leggere il testo integrale all’indirizzo internet sopra citato) successivamente presentato a tutti gli eurodeputati e ai membri della Convenzione che sta preparando la Costituzione europea.
Altre iniziative seguiranno, ma è chiaro che un manipolo di volenterosi non basta, è necessario che l’opinione pubblica – e i cristiani per primi – si svegli dal torpore e cominci a chieder conto ai legislatori europei di quanto stanno costruendo.
E’ un momento storico per l’Europa, nessuno può permettersi il lusso di starsene alla finestra.

RICORDA

“Sotto l’influenza della Chiesa,l’Europa cristiana realizzò una comunità internazionale che, senza distruggere i caratteri propri di ogni nazione, tendeva a realizzare una vera unità. Questa realtà fu evocata da sant’ Agostino che, rivolgendosi alla Chiesa, scriveva: “Sei tu che ravvicini i cittadini ai cittadini, le nazioni alle nazioni, e che, ricordando a loro la comune origine, riunisci tutti gli uomini non solo in una società ma anche in una sorta di fraternità” (De morlbus Ecclesiae Catholicae, Lib. I, c. 30)”.
(Roberto de Mattei, La sovranità necessaria. Riflessioni sulla crisi dello Stato moderno, Il Minotauro, Roma 2001, p. 167).

 

 

 


IL TIMONE N. 25 – ANNO V – Maggio/Giugno 2003 – pag. 16 – 17

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