Si paga un prezzo per far nascere un bambino da fecondazione in provetta: il sacrificio, cioè la morte, di decine di embrioni. Come fermare questa ecatombe? La Chiesa denuncia e ha una soluzione: l’adozione.
Diciamo la verità: oggi la scienza e la tecnica ci stanno proprio viziando.
Vuoi andare dall’ altra parte del mondo in poche ore? Prendi il Concorde, se te lo puoi permettere. Desideri parlare con chi vuoi, in qualsiasi istante e dovunque sei? Usa il telefono cellulare. Vuoi cambiare faccia perché la tua non ti piace più? Ti aspetta il chirurgo estetico. Vuoi accedere a milioni di informazioni in pochi secondi? Naviga in Internet. E finalmente: vuoi essere mamma a tutti i costi, anche se hai raggiunto i cinquanta e passa anni? No problem, oggi puoi: c’è la fecondazione artificiale.
Sì, la fecondazione artificiale, ultima invenzione partorita, così ci dicono, per il bene dell’umanità. Nei fatti, si tratta di un ingegnoso stratagemma per aggirare regole della natura che il Creatore ha stabilito da sempre, ben prima che gli alchimisti della vita vedessero la luce.
Una tecnica, per farla in breve, che permette di avere un bambino quando papà e mamma, magari dopo tanti tentativi, non ci sono riusciti. È sufficiente fecondare, in qualche provetta di laboratorio, un ovulo femminile con seme maschile ed impiantare l’embrione così ottenuto nel grembo di una donna. Il resto vien da sé.
Poco importa che il seme impiegato non sia quello del marito. Importa ancora meno se l’utero utilizzato non è quello della mamma vera e propria, ma preso in affitto da una parente o da un’ amica, se non da una sconosciuta, come si fa con la casa al mare. Tutto è possibile, quindi tutto è lecito, dicono.
Non c’è da scandalizzarsi – assicurano i “benefattori della maternità” – se per un bambino che nasce in provetta è necessario sacrificare molti suoi fratellini. Già, perché la fecondazione artificiale va avanti a tentativi e per aver successo, per dare vita ad un bambino, bisogna pur disporre di qualche decina di embrioni, pronti all’uso. E da sacrificare.
In effetti, di questi ultimi, ridotti al rango di vere cavie umane, solo una parte sopravviverà al “soggiorno”, più o meno lungo, in provetta. I superstiti saranno pronti, uno dopo l’altro, come alla catena di montaggio, ad essere inseriti nel corpo delle richiedenti. Si sa che esistono vere e proprie liste di prenotazione, come per gli acquisti attraverso Postal Market.
Ma, anche giunti a questo punto, non è detto che tutto vada per il meglio. Infatti, non sempre l’embrione si impianta nell’utero al primo tentativo, dando così inizio ad una vera e propria gravidanza. Al contrario, spesso viene espulso, si passa al successivo e così via fino ad arrivare al “fortunato vincitore”, che si impianterà definitivamente. Tanto peggio, evidentemente, per chi non ce l’ha fatta.
Alla nascita del pargolo, poi, TV e stampa si precipiteranno a raccontare il miracolo laico, a decantare le virtù di una tecnica che appaga ogni desiderio di maternità, anche in donne non più fertili, a celebrere le doti professionali di quel medico che dispensa felicità alle coppie disperate, come Babbo Natale ai bimbi buoni.
Tutto sembra bello, giusto, idilliaco: a guardare quella creatura, concepita tra provette e siringhe, quasi ci si commuove.
E chi pensa più, invece, a quelle decine di suoi fratellini che non ce l’hanno fatta, sacrificati in nome del “figlio a tutti i costi”? O chi si preoccupa di quegli embrioni che se ne stanno, come surgelati alimentari in qualche freezer al supermarket, ad aspettare che qualcuno li scongeli, con il rischio nel frattempo di “avariarsi”?
Va denunciato che per far nascere un essere umano in provetta bisogna sacrificarne molti altri. Bisogna ricordare che per avere un solo battesimo, grazie alla fecondazione artificiale, si dovrebbero celebrare molti funerali.
Va detto a chiare lettere che la fecondazione artificiale non è uno strumento per la vita, ma uno strumento di morte.
Opinion maker e tuttologi di ben remunerata professione probabilmente ribatterebbero che a nessuno si può negare il diritto di avere un figlio.
Ma il semplice buon senso, ancor prima delle norme morali, risponde che prima del “diritto al figlio” viene il diritto alla vita di quella moltitudine di piccoli esseri umani, autentiche persone, chiamate embrioni, che sono immolate sull’ altare di una crudele tecnica “scientifica”.
Oltre a ciò, a costo di dispiacere, si può ricordare che non sta scritto da nessuna parte che è lecito ricorrere ad ogni mezzo pur di avere un figlio.
E a costo di dispiacere ancor di più, diciamo con franchezza che spesso, dietro un esasperato desiderio di maternità, non c’è vero amore per la creatura che verrà, come molti sostengono con toni persuasivi e buonisti, tanto in voga oggi. A noi pare piuttosto che si nascondano buone dosi di egoismo e una pericolosa ipocrisia, prodotti tra i più riusciti del millennio che sta per finire.
Da una parte, dunque, quell’ egoismo che a molti suggerisce di prendersi quel che la vita ha loro negato, costi quel che costi.
E d’altra parte, una malcelata ipocrisia di quanti sono capaci di inorridire per l’uccisione di una foca, ma non si smuovono di un centimetro alla notizia di questa strage di innocenti, provocata dalla fecondazione in vitro.
Di fronte a questo scenario tragico e mostruoso, si alza una sola voce di protesta, seppur derisa e ignorata: quella della Chiesa, da sempre paladina delle cause dei più deboli ed indifesi.
E questa voce ci ricorda un dato di una evidenza banale: se una coppia non può avere un figlio proprio, potrà sempre adottarne uno. In questo modo, un vero e disinteressato desiderio di maternità e di paternità potrà essere soddisfatto appieno con l’adozione e arricchito dal gesto del dono di un papà e di una mamma a chi per sorte ne è rimasto privo.
Perché allora non promuovere lo strumento dell’ adozione e fermare quest’ ecatombe di embrioni, che silenziosamente, giorno dopo giorno, a centinaia muoiono in fredde provette?
Forse perché le adozioni non saranno mai un business miliardario, come la fecondazione artificiale? Forse perché i guadagni che ruotano intorno a questa tecnica sono troppo alti? Forse perché è meglio non far sapere che, solo negli USA, il fatturato di chi si dedica a promuovere la fecondazione artificiale supera la strabiliante somma di 30mila miliardi all’ anno?
Domande alle quali questo mondo laico, dimentico di Dio e delle leggi che Egli ha posto nella natura, preferisce non rispondere.
RICORDA
“Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l’intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell’utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio…”
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2375)
“Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l’atto sessule dall’atto procreatore.
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2376)
IL TIMONE – N. 2 – ANNO I – Luglio-Agosto 1999 – pag. 14 – 15