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15.12.2024

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Genitori separati. I figli soffrono
31 Gennaio 2014

Genitori separati. I figli soffrono

 

 

 

Quando una coppia si divide, i figli pagano un prezzo altissimo in termini di sofferenza e aumentano la violenza e i costi sociali. I Pacs-Dico incrementano il rischio che i bambini patiscano duramente il naufragio del rapporto tra i loro genitori.
Dati allarmanti e, purtroppo, sconosciuti.

 

 

 

Come ho scritto sul Timonedi febbraio, per rintracciare la maggiore (non l’unica) motivazione per opporsi ai Pacs-Dico bisogna mettersi dalla parte dei bambini e considerare il loro sviluppo psicologico-affettivo. In effetti, un vedovo/ a e due genitori divisi possono, in certi casi, essere degli ottimi genitori. Ma è decisamente meglio avere due genitori invece che uno (come accade agli orfani) e due genitori uniti invece che divisi (come accade ai bambini i cui genitori, per vari motivi, si lasciano). Infatti, il contesto più propizio per la crescita e l’educazione di un bambino è una relazione caratterizzata dall’amore, dalla stabilità e dalla coesione. Per contro, le convivenze sono connotate (con poche eccezioni) dalla provvisorietà, sono di breve durata, perché i conviventi non si impegnano con nessun vincolo a rimanere insieme. È vero che il matrimonio è in crisi nella nostra epoca, ma è più stabile delle convivenze: per esempio, in Gran Bretagna l’82% delle convivenze termina entro 10 anni, contro il 25% delle coppie sposate (O’Neill 2002, p. 4). Il tasso di rottura delle unioni tra conviventi è solo leggermente più basso quando es-si hanno generato dei figli: infatti il 74% dei bambini nati da coppie di fatto patisce la rottura dell’unione dei suoi genitori, contro il 30 % dei bambini nati da coppie sposate (ibidem).
Pertanto, i bambini nati da coppie di fatto, patiscono, soprattutto (sebbene non solo) per la frequentissima rottura dell’unione dei loro genitori, più disordini psicologici (per es., asocialità, depressione, difficoltà di concentrazione) rispetto a quelli degli sposati (Brown 2004, p. 364, cfr. anche Cavanagh – Huston 2006, p. 2) e il 34,3% dei figli di conviventi è stato sospeso da scuola, contro il 20,3% dei figli degli sposati (Fagan – Johnson – Butcher 1996, tabella 9).
Ora, i Dico creano un modello concorrenziale alternativo al matrimonio, perciò lo indeboliscono, diminuendo il numero complessivo dei matrimoni, giacché danno la possibilità di godere di vari benefici ed incentivi, senza nessuno (o pochi) dei doveri che, invece, i coniugi si assumono: perché sposarsi se si possono avere quasi gli stessi diritti e quasi nessun dovere mediante i Dico? Perché rischiare, in caso di naufragio del matrimonio, di doversi sobbarcare tutte le fatiche burocratiche, le spese economiche e lo stress psicologico di un divorzio quando è possibile sciogliere un Dico con una comunicazione?
Su questo numero del Timoneintendo riferire alcuni studi sociologici che riportano dati davvero significativi sulle conseguenze, per un bambino, della divisione dei suoi genitori (conviventi o sposati che siano).
Un bambino soffre davvero molto quando i suoi genitori si dividono. Il divorzio dei suoi genitori lo fa soffrire molto, lo ferisce psicologicamente ed affettivamente (cfr. Wallerstein – Lewis – Blakeslee 2000).
Per es., la ricercatrice R. O’Neill (2002) ha rilevato i seguenti dati. Se il 40% dei bambini inglesi vive in famiglie a basso reddito complessivo, la percentuale sale al 75% tra quelli che vivono con un solo genitore. Tali bambini con un solo genitore hanno il triplo di probabilità di ottenere cattivi risultati a scuola, il doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la depressione o di comportarsi in modo antisociale, il triplo di probabilità di avere problemi nelle relazioni amicali e il 22% assume droghe contro il 10% dei figli degli sposati (cfr. anche Sweeting – West – Richards 1998; cfr. anche Mauldon 1990). Inoltre (Pesenti 2004) negli Usa 3 suicidi su 4 in età adolescenziale coinvolgono ragazzini che vivono con un solo genitore. Ancora, le bambine che vivono con un genitore ed il suo nuovo compagno/a hanno il 3,7% di possibilità di subire abusi sessuali domestici, contro lo 0,2% di quelle che vivono con entrambi i genitori biologici (Bartholomew 2004, p. 272).
Ancora, negli Stati Uniti i figli degli sposati sono coinvolti in risse nel 28,8% dei casi, rispetto al 39,5% dei figli di divorziati che rimangono a vivere con un solo genitore e al 42% di quelli la cui madre vive con un nuovo uomo, che non è il padre del ragazzo/a (Fagan – Johnson – Butcher 1996, tabella 1).
Il 13% dei figli degli sposati ha commesso un furto del valore di 50 $ o più, contro il 19% dei figli di divorziati che rimangono a vivere con un solo genitore e il 22,6% di quelli la cui madre vive con un nuovo uomo, che non è il padre del ragazzo/a (ibidem, tabella 3).
Il 20,3% dei figli degli sposati è stato sospeso da scuola, rispetto al 37% dei figli di divorziati che rimangono a vivere con un solo genitore e al 40,8% di quelli la cui madre vive con un nuovo uomo, che non è il padre del ragazzo (ibidem, tabella 9).
In Gran Bretagna il 70% dei giovani criminali proviene da famiglie monoparentali (www.avvenireonline.it/Famiglia/Documenti+e+Rapporti/20060112.htm).
Circa la violenza, secondo P. Fagan (1995, p. 2) «L’aumento della violenza è parallelo a quello della crescita in famiglie abbandonate dal padre» e «anche nei quartieri con un alto tasso di criminalità, meno del 10% [precisamente il 6%, cfr. p. 27] dei bambini cresciuti in famiglie stabili diventa delinquente, mentre diventa delinquente il 90% dei bambini cresciuti in famiglie instabili».
Sempre per Fagan (ibidem, p. 4) la causa principale della criminalità non è la povertà: «se questo fosse vero ce ne sarebbe stata di più in passato, quando la gente era povera […]. Al contrario, la criminalità è aumentata in America durante il lungo periodo di crescita economica: dal 1905 al 1933. Quando subentrò la Grande depressione calarono i redditi e anche la criminalità. Che ricrebbe di nuovo dal 1965 al 1974 quando i redditi crebbero notevolmente». E la criminalità è più alta tra i neri «perché l’incidenza della dissoluzione delle famiglie è più alta tra di loro».
Questi studi mostrano che soltanto nelle famiglie dove i conflitti sono gravissimi il bambino può trarre beneficio dalla eliminazione del conflitto che avviene mediante la divisione dei suoi genitori; ma (Cockett – Tripp 1994) tale tipo di conflittualità è rara, perciò nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe meglio per i figli se i genitori, invece di dividersi, rimanessero insieme.
I costi sociali, poi, sono molto elevati. Per esempio nello Stato della Georgia le cause concernenti disgregazioni familiari costituiscono il 65% di tutti i processi a livello di Corte d’appello (Flynn 2007).
E il crollo della famiglia rappresenta un peso economico notevole per lo Stato. Per es.,in Gran Bretagna
(www.avvenireonli-ne.it/Famiglia/Documenti+e+Rapporti/20060112.htm) supera ampiamente i 20 miliardi di sterline l’anno, la maggior parte dei quali vengono spesi per le sovvenzioni ai genitori single. Se ci fossero meno separazioni familiari e meno nuclei monoparentali, ci sarebbero meno bambini da prendere in carico, meno persone senza casa, meno dipendenza dalla droga, meno criminalità, meno domande per i servizi sanitari, meno bisogno di insegnanti di sostegno nelle scuole, migliori risultati medi nell’ambito educativo.
Non sono un sociologo, perciò la mia conoscenza della letteratura specialistica è limitata. Ma mi pare che questi studi debbano fare riflettere molto sull’importanza di sostenere energicamente il matrimonio. Per il bene dei bambini e dell’intera società.

Ricorda

 

«L’amicizia tra marito e moglie […] è naturale: l’uomo, infatti, è per sua natura più incline a vivere in coppia che ad associarsi politicamente, in quanto la famiglia è qualcosa di anteriore e di più necessario dello Stato».
(Aristotele, Etica Nicomachea 1162a 16-19).

Bibliografia


Bartholomew, J.The welfare state we’re in, Politi-co’s, London 2004.
Brown, S.Family Structure and Child Well-Being: the Significance of Parental Cohabitation, in «Journal of Marriage and Family», 66 (2004), pp. 351-367.
Cavanagh, S. Huston, A.Family instability and Children’s early Problem Behaviour, «Social For, 1 (2006).
 Cockett, M. Tripp, J.The Exeter Family Study. Family Breakdown and Its Impact on Children, University of Exeter Press, 1994.
Fagan, P – Johnson, – Butcher, J.A Portrait of Family and Religion in America: Key Outcomes for the Common Good, The Heritage Foundation 2006,
www. heritage.org/research/family/Map_of_Religion.pdf
Fagan, P.The Real Root Causes of Violent Crime: The Breakdown of Marriage, Family, and Community, in «The Heritage Foundation Backgrounder», 1995, www.hertage.orgResearchCrmeupoadbg_1026.pdf
 Flynn, J., La condizione della famiglia
www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=10583
Mauldon, J.The effects of marital disruption on children’s health, in «Demography», 27 (1990), pp. 431-446.
O’Neill, R.Experiments in Living: The Fatherless Family,in «Civitas», September 2002, pp. 1-20, www.civitas.org.uk/pdf/Experiments.pdf
Pesenti, L., Appello laico per la famiglia, in «Il Domenicale», 6 marzo 2004, pp. 1-2.
Sweeting, H. – West, P. – Richards, M.Teenage Family life, lifestyles and life chances, in «International Journal of Law, Policy and the Family», 12 (1998), pp. 15-46.  
Wallerstein, J. Lewis, J.M. Blakeslee, S., The Unexpected Legacy of Divorce, Hyperion 2000.

IL TIMONE – N.63 – ANNO IX – Maggio 2007 pag. 14-15

 

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