Un viaggio che è un pellegrinaggio, un concerto che è una testimonianza.
Cantare Gesù Cristo in Terra Santa, dicendo agli ebrei che il Messia è già arrivato. E che la salvezza viene solo da Lui.
E così sono arrivato a Gerusalemme… se all’inizio della mia storia mi avessero detto che sarei arrivato a cantare le mie canzoni a Gerusalemme avrei pensato ad una forma di presa in giro nei confronti della mia “scarriera”… e invece sono qui, proprio qui da dove la Storia dell’umanità, e quindi anche la mia, è ricominciata.
Sono arrivato a Gerusalemme di sera, dopo un interrogatorio di 50 minuti della Sicurezza alla Malpensa e cinque ore di volo. C’erano due cose non chiare per gli uomini della sicurezza di El Al, oltre alla mia chitarra e alla mia faccia: che cosa c’entra un musicista con un Festival Internazionale di Cinema Religioso e cosa può cantare un cattolico a degli ebrei in Israele sotto “Natale”?
Solo dopo due telefonate alla Cineteca Ebraica di Gerusalemme che mi aveva invitato ho avuto il pass: adesso toccava a me. «Turista allora?». «No, pellegrino», avrei voluto rispondere, ma non mi è sembrato il caso di complicare le cose.
Gerusalemme di notte è veramente unica, non assomiglia a nessuna delle città che ho visto, silenziosa e attaccata alla roccia, piena di luce e di buio. Cerco di individuare dalla collina l’orto degli ulivi e i luoghi santi e penso che Lui è stato qui, ha camminato per questi campi e queste strade, è stato crocifisso lassù e lì è risorto. Mi prende come una vertigine di fronte a questo Mistero infinito e di fronte alla carne e al sangue del suo Calvario: un fatto storico concreto come i piedi che calpestarono questa terra e per cui nulla è più come prima. Se io ho un briciolo di speranza nella mia vita è per questo che è iniziato 2000 anni fa a pochi minuti da qui e qui si è compiuto.
Mi ritrovo con alcuni amici che avevo chiesto di incontrare in una trattoria araba: due medici italiani, un giornalista, un docente universitario, un meccanico, alcuni studenti universitari, due casalinghe, un prete e tre studenti e il discorso arriva subito al dunque: cosa vuol dire essere cristiani e testimoni qui dove si sente che deve giocarsi il destino del mondo? Devo cantare e non posso mangiare molto, ma le canzoni e le domande si susseguono e si alternano con semplicità mentre gli altri avventori osservano in silenzio quella tavolata “strana” di gente che non si era mai vista prima, che balbetta in due o tre lingue la gioia consapevole del Dono ricevuto e di un incontro inaspettato.
Sono già le due di notte quando, dopo che ho cantato “In questa notte splendida” (il 21 dicembre a due passi da Betlemme), cantiamo insieme “Ave Maria Splendore del Mattino”. Io non so se li rivedrò e quando li rivedrò, ma so che, grazie a quel Dio che ha fatto nascere suo Figlio tra di noi, ogni incontro non è per caso ed è per sempre.
La notte, prima di dormire e cercando di immaginare quello che dirò domani cantando per i registi ebrei e di altre religioni presenti alla Cineteca Nazionale di Gerusalemme, penso ai cristiani della Terra Santa, alla grande responsabilità che hanno di essere testimoni del fatto cristiano e a come possiamo aiutarli noi da tutto il mondo, perché sento fortemente che è qui che si gioca una battaglia, quella della Verità, forse la più dura di tutte e forse l’arma decisiva sarà proprio l’unità dei cristiani per cui il Santo Padre profonde ogni sua preghiera ed energia.
Mi sembra che il Male protenda le sue mani su questa città segnata da Dio come per soffocare nell’odio e nella guerra quel Bambino che è sfuggito alla strage degli Innocenti: nuove stragi di innocenti di tutte le razze impediscono la vista del Calvario e della Resurrezione, unica speranza.
Il giorno dopo alla Cineteca concludo con la mia canzone di Natale il concerto per i nostri “fratelli maggiori”, consapevole di essere stato immeritatamente chiamato a cantare lì che il Messia è già arrivato e che è da Gesù che viene la salvezza.
La mattina dopo, alla partenza per l’Italia, all’aeroporto di Tel Aviv mi sequestrano la chitarra perché sostengono che “c’è qualcosa di pericoloso dentro che non riescono ad identificare”: lo so bene, ma non ce l’ho messo io e soprattutto non credevo che si vedesse ai raggi x… Parto senza la chitarra, segno che devo tornare.
RICORDA
«Quanto al vangelo, essi [gli ebrei] sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, essi sono amati a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch’essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!».
(Lettera ai Romani 11,28-32).
IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 18 -19