Gesù in ebraico significa “il Dio che salva”. Questo nome non lo scelse Maria, ma se l'è scelto Dio stesso, e al momento dell'Annunciazione fu rivelato a quella Madre che col suo sì lo sigillò alla storia: “Lo chiamerai Gesù” (Le 1,31).
E come tutti i nomi ebrei anche questo esprimeva l'identità e la missione di chi lo portava. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il nome di Gesù significa che il Nome stesso di Dio è presente nella persona del Figlio suo, fatto uomo per l'universale e definitiva Redenzione dei peccati” (n.432). Dio solo, infatti, può rimettere i peccati, come affermano gli stessi oppositori di Cristo in occasione della guarigione del paralitico (Me 2,7). Dio quindi ricapitola in Gesù tutta la storia della salvezza e anzi la porta a compimento. “È il nome divino che solo reca la salvezza” (CCC n.432) e “non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12). Il lungo esodo dell'uomo, iniziato con la Rivelazione del Nome di Dio a Mosè (“lo Sono”, Es.3,14), culmina quindi con la Rivelazione completa di quel Nome: “lo sono il Dio che salva”. “Dio non si è limitato a liberare Israele dalla condizione servile, facendolo uscire dall'Egitto; lo salva anche dal suo peccato” (CCC n.431). Quando Gesù si appropria del Nome di Dio pronunciandolo con le sue labbra, i suoi nemici cadono a terra (“Quando ebbe detto loro lo Sono indietreggiarono e caddero a terra”; Gv 18,6).
Gesù è dunque il Cristo. Il termine Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico Messia, che a sua volta significa Unto, e cioè scelto e consacrato per una missione.
In Israele, infatti, erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a Lui consacrati per una missione che Egli aveva ad essi affidato: era il caso dei re, dei sacerdoti, e in qualche caso dei profeti. Gesù ha realizzato in pienezza la speranza messianica d'Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, profeta e re, peraltro già simboleggiata alla sua nascita dai tre doni dei Magi. Ed anche l'angelo del Signore confermerà ai pastori: “Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore” (Le 2,11 ). Anche il termine Cristo non viene dunque assegnato a Gesù dagli uomini ma da Dio stesso; sebbene Pietro, sotto l'azione ispiratrice del Padre, farà in modo che la Chiesa lo assuma nel suo Credo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).
“Figlio di Dio” è un'espressione già implicita nell'annuncio dell'arcangelo Gabriele, ed “indica la relazione unica ed eterna di Gesù Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio Unigenito del Padre e Dio egli stesso. Per essere cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio” (CCC n.454).
Ecco la Buona Novella, essenza stessa del Vangelo (lieto annuncio, eu angheliòn: vangelo): “Dio ha visitato il suo popolo, ha adempiuto le promesse fatte ad Abramo ed alla sua discendenza; ed è andato oltre ogni attesa: ha mandato il suo Figlio Prediletto” (CCC n.422). Il Verbo, come dice Giovanni, si è fatto carne. La natura divina si è congiunta con la natura umana. Il Figlio di Dio, l'Inviato del Padre, si è fatto uomo.
L'eternità irrompe così nella storia, assorbendola in sé e instaurando in essa il Regno di Dio, ove Gesù Cristo è il Signore.
IL TIMONE N. 11 – ANNO III – Gennaio/Febbraio 2001 – pag. 59