Ci siamo mai davvero resi conto del privilegio e della gioia che ci sono stati concessi nell’essere nati cristiani? Del dono che ci è stato fatto nell’aver saputo che Dio è amore? Della opportunità straordinaria che ci è stata messa a disposizione tramite Gesù Cristo, la sua incarnazione, la sua morte, la sua risurrezione? Siamo davvero coscienti dello Spirito santi?catore che è continuamente all’opera per inserirci sempre più pienamente nelle vita divina?
Forse no. Un po’ perché il Mistero di Dio, nonostante la rivelazione che Egli ci ha fatto di Se stesso resta in?nito come Lui è. Ma soprattutto perché molte sono le impurità, gli attaccamenti che induriscono il nostro cuore e oscurano la nostra mente. Dio, che ci ha fatti liberi, normalmente non usa la via della forza per costringerci a scoprirlo. Non ci disarciona bruscamente da cavallo come ha fatto con Paolo di Tarso. Sceglie la maniera dolce: sta alla porta e bussa, come ci ha detto Gesù nel Vangelo. Vuole che siamo noi a metterci in ascolto e a decidere di aprire.
Ma non è sempre facile. Spesso la nostra fede è as?ttica, incompleta. Si è fermata a quelle poche nozioni di catechismo che abbiamo appreso per la prima comunione o per la Cresima. Abbiamo imparato molte cose utili per la vita e per la professione. Ma siamo rimasti alle nozioni elementari, magari male assimilate, per ciò che più conta per la nostra esistenza e cioè il nostro rapporto con Dio. In questo caso, anche la nostra vita spirituale sarà modesta, limitata, senza un vero respiro, senza un profondo slancio interiore, senza una progressiva e reale puri?cazione del cuore. È un vero peccato, perché in questo caso quello che per noi è stato un grande dono (e cioè il nascere cristiani, l’aver ricevuto i sacramenti) rischia di essere un’occasione se non proprio perduta certamente sottoutilizzata.
La tradizione spirituale cristiana è ricchissima nei modi e nelle forme di espressione: dalle semplici devozioni ai gesti più complessi. Ne abbiamo già parlato molte volte e continueremo a farlo per cercare di nutrire la nostra interiorità.
Ma in realtà, ciò che conta davvero, ciò che rende comparabili le pratiche più raf?nate di un maestro dello Spirito e la semplice devozione di un credente, che recita il suo Rosario o anche una sola Ave Maria, è l’atteggiamento del cuore.
È cioè il fatto che entrambi, seppure ai loro diversi livelli di cultura e di preparazione teologica, abbiano davvero incontrato Gesù Cristo e attraverso di lui siano entrati nella dinamica della vita trinitaria. Perché in questo caso tutto, anche i gesti più semplici, alla ?ne altro non sono che un’occasione, uno strumento per mantenere e ravvivare l’amore tra un uomo e il suo Dio.
Incontrare Gesù Cristo, intuire anche senza aver molto studiato che la salvezza vera passa attraverso di Lui: ecco l’essenziale, senza il quale potremo anche dirci credenti in Dio ma non certo cristiani. Ecco il cuore, il nocciolo duro attorno al quale si muove, si deve muovere la nostra fede e tutta intera la nostra vita, quella spirituale ma anche quella pratica, quotidiana nei suoi gesti comuni, nella professione, nella famiglia, nei vari impegni che ogni giorno ci tocca affrontare.
È Gesù infatti la chiave di tutto. Anzitutto perché egli ci rivela chi è davvero Dio e quale è il suo progetto sull’uomo. Dio è Amore. Per questo è Trinità: cioè Padre, Figlio e Spirito. Un solo Dio, ma in tre Persone. Questo signi?ca che il Dio in cui crediamo, il Dio di Gesù Cristo è già nella Sua stessa natura una dinamica viva di continui scambi amorosi: il Padre dall’eternità genera e ama il Figlio che, a sua volta, dall’eternità lo riama. Questo loro amore è lo Spirito. È da questo amore che nasce l’intera creazione e in essa la presenza di un essere libero e intelligente come l’uomo. Un essere fatto a immagine divina, dunque anch’esso capace di amore, che Dio vuole coinvolgere in modo cosciente nella sua stessa vita, al quale vuole donare non solo l’esistenza ma addirittura Se stesso.
Adamo ed Eva non capiranno questo grande disegno. Ri?uteranno il ruolo di creature, taglieranno quel rapporto profondo che li univa al loro Signore e che garantiva loro la vera vita. Inevitabilmente ne pagheranno le conseguenze.
Ma l’amore divino genera altri piani ancor più ricchi per l’uomo. Quella creatura libera ma ribelle potrà, se vuole, raggiungere una meta ancor più grande. Il Figlio stesso si incarnerà, abbassando se stesso ?no a diventare uomo in Gesù di Nazareth. Con il suo amore e la sua obbedienza perfetti riaprirà le porte non solo della somiglianza divina ma addirittura quelle della ?liazione. Attraverso l’umanità di Gesù, infatti, tutti gli uomini potranno realizzare la propria umanità ?no al punto di entrare ?n da ora e per tutta l’eternità nel cuore stesso della Trinità, potranno partecipare alla stessa vita divina. Parole e promesse come vediamo assai impegnative. Come prestar loro fede? Come non sospettare che siano favole di un sognatore quando non di un esaltato? Sono i fatti stessi della vita di Gesù che ci rassicurano sulla verità delle parole da lui pronunciate e dei gesti compiuti. Come aveva predetto, egli davvero muore in croce, cioè offre Se stesso in sacri?cio perfetto. Ma, sempre come aveva predetto, tre giorni dopo risorge, cioè vince per sempre il peccato e con esso la morte. In?ne, dopo aver reso testimonianza a questa Sua risurrezione, ascende al Cielo e di lì, con il Padre, sempre come aveva annunziato, invia ai discepoli lo Spirito. È la prova decisiva e concrete che in Lui, con Lui e attraverso di Lui, gli uomini godono della luce e dell’aiuto necessari per partecipare davvero alla vita divina.
Ecco perché Gesù è la Via, la Verità, la Vita. Il luogo di accesso al Padre, la fonte attraverso la quale ci giunge lo Spirito, quel pozzo a cui attingere l’acqua viva promessa alla Samaritana. È la sua perfetta umanità unita alla sua divinità che ci spiana il cammino. Sono la Sua morte e la Sua risurrezione che ci indicano insieme la metà, cioè la glori?cazione ?nale che riguarderà anche noi. Ma anche il nostro Golgota, cioè la necessità di una puri?cazione. Sono i Suoi insegnamenti che, assimilati poco a poco, vissuti con l’aiuto dello Spirito, cioè dell’amore di Dio che ci illumina e ci sostiene nelle nostre dif?coltà, ci consentono di vivere quella Cristoterapia che è davvero capace di salvarci, di farci crescere ?no alla statura del modello: Gesù.
Ecco il quadro generale in cui deve inserirsi ogni spiritualità, anche la nostra se vuol dirsi cristiana. Ecco i punti di riferimento sulla base dei quali operare il giudizio sulla nostra vita interiore. Il nostro anelito è davvero quello di incontrare e conoscere Gesù Cristo sempre più? Quello di imitarlo e seguirlo? Quello di essere uniti a lui come tralci a una vite?
Davvero Lo cerchiamo con desiderio profondo del cuore nella Scrittura e nella vita sacramentale? Se così è, stiamo nella pace perché, nonostante i nostri limiti, anche a noi verrà dato di vedere le sua gloria: “gloria come di unigenito del Padre pieno di grazia e di verità” (Gv 1, 14).
IL TIMONE – N. 32 – ANNO VI – Aprile 2004 – pag. 54 – 55