Alle “Giornate mondiali della gioventù” partecipano centinaia di migliaia, talvolta milioni di giovani convocati dal Papa. Ascoltano, interrogano, pregano e sono disposti ad accogliere il messaggio di Cristo.
Anche se esigente.
Ecco la ragione.
Non è vero che è il Papa a condurre i giovani da un capo all’altro del globo terrestre. Sono loro a condurre lui”. Così Giovanni Paolo Il, nell’intervista concessa a Vittorio Messori e diventata il libro Varcare la soglia della speranza, descrive il feeling che fin dall’inizio del pontificato si è instaurato tra lui e i giovani, che ha portato all’istituzione delle Giornate mondiali della Gioventù.
“Ovunque il Papa si rechi ha detto Wojtyla – cerca i giovani e ovunque dai giovani viene cercato. Anzi, in verità non è lui ad essere cercato.
Chi è cercato è Cristo, il quale sa “quello che c’è in ogni uomo”, e specialmente in un uomo giovane, e sa dare le vere risposte alle sue domande.
Anche se sono risposte esigenti, i giovani non rifuggono affatto da esse; si direbbe piuttosto che le attendono”.
Si spiega così, secondo Giovanni Paolo II, la genesi delle Gmg, iniziate durante il Giubileo straordinario della redenzione (1983), continuate nel 1985 e istituite ufficialmente con l’allocuzione del Papa ai cardinali nel dicembre di quell’anno. “Nessuno ha inventato le Giornate mondiali dei giovani – ha detto ancora il Pontefice nell’intervista -, furono proprio loro a crearle. Quelle Giornate, quegli incontri divennero da allora un bisogno dei giovani in tutti i luoghi del mondo. Il più delle volte sono state una grande sorpresa per i pastori, e’ persino per i vescovi. Hanno superato quanto anch’essi si aspettavano”.
Chiunque abbia vissuto, ad I esempio, l’esperienza di Tor Vergata 2000 o di Toronto 2002 comprende bene che cosa intende dire Karol Wojtyla.
Un Papa abituato fin da quanto era viceparroco a lavorare ! con i giovani, ad ascoltarli, a guidarli essendo loro vicino.
Quando viene convocato a Varsavia per ricevere la comunicazione della nomina a vescovo ausiliare di Cracovia, Wojtyla è in canoa con i suoi giovani. E questa predilezione è evidente fin dall’inizio del suo ministero petrino: “Voi siete la speranza della Chiesa e del mondo! – disse rivolgendosi ai giovani, al termine della Messa il giorno dell’inaugurazione del pontificato – Voi siete la mia speranza!”.
La Giornata mondiale della Gioventù si celebra in due forme: ogni anno nelle Chiese locali e con il Papa a Roma la domenica delle Palme. Ogni due anni con grandi raduni internazionali, secondo un programma che tende a toccare tutti i continenti” .
Questi raduni, spiega Giovanni Paolo Il “sono diventati una grande e affascinante testimonianza che i giovani danno di loro stessi, sono diventati un mezzo potente d’evangelizzazione. Nei giovani c’è, infatti, un immenso potenziale di bene e di possibilità creative… Abbiamo bisogno dell’entusiasmo dei giovani. Abbiamo bisogno della gioia di vivere che hanno i giovani. In essa si riflette qualcosa della gioia originaria che Dio ebbe creando l’uomo”.
Dopo Roma 1985, le Gmg si sono svolte a Buenos Aires (Argentina, 1987), a Compostela (Spagna, 1989), Czestochowa (Polonia, 1991), Denver (Usa, 1993), Manila (Filippine, 1995), Parigi (Francia, 1997), Roma (Italia,2000) e Toronto (Canada, 2002).
La prossima si terrà in Germania, a Colonia, nel 2004. Un record di partecipazione sono state le giornate di Manila e di Tor Vergata, a Roma, nell’anno del Giubileo.
C’è chi, anche dentro la Chiesa, guarda con poca simpatia se non con indifferenza a questi appuntamenti.
È vero che talvolta esiste il rischio della spettacolarizzazione, è vero che ai grandi raduni non sempre segue un’adesione costante e “ordinaria” al cammino di fede.
Ma è vero pure che centinaia di migliaia di ragazzi prendono parte all’evento per i motivi più disparati e il loro cuore viene toccato dalla proposta cristiana.
Durante la Gmg di Tor Vergata alcuni giornali hanno ironizzato sul fatto che con la calata dei giovani nella capitale era aumentata la vendita di preservativi nelle farmacie.
Un modo per dire che i giovani non seguono le regole morali della Chiesa, non seguono le parole del Papa.
Bisognerebbe, invece, rimanere stupiti. Stupiti e grati perché in un mondo nel quale tutto congiura per svuotare o ridurre l’avvenimento cristiano, così tanti ragazzi affrontano le spese e i sacrifici del viaggio per essere protagonisti di giornate nelle quali si prega, ci si confessa, si ascoltano catechesi e testimonianze.
Bisognerebbe essere grati del fatto che questi appuntamenti diventano occasione di incontro con la fede, una fede che non è riducibile a morale: soltanto facendo esperienza della fede cristiana si comprende e si può vivere, con l’aiuto della grazia di Dio, la morale cristiana. Non viceversa.
“Noi non siamo la somma delle nostre debolezze e dei nostri fallimenti, al contrario, siamo la somma dell’amore del Padre per noi e della nostra reale capacità di divenire l’immagine del Figlio suo…”, ha detto Giovanni Paolo II nella commovente omelia della Messa conclusiva della Giornata di Toronto, davanti ai giovani radunati a Downsview Park. “Quello che voi erediterete – ha aggiunto – è un mondo che ha un disperato bisogno di un rinnovato senso di fratellanza e di solidarietà umana. È un mondo che necessita di essere toccato e guarito dalla bellezza e dalla ricchezza dell’amore di Dio”.
Le ideologie, le strategie, ma anche certe orgogliose chiamate alle armi che risuonano in campo cattolico, non toccano né guariscono.
Solo un incontro, la bellezza di una testimonianza, lo stupore di qualcosa che accade per grazia, possono toccare a guarire. I giovani che accorrono ad ogni invito del vecchio Papa, lo hanno capito.
RICORDA
Cari giovani, non vi sembri strano se, all’inizio del terzo millennio, il Papa vi indica ancora una volta la croce come cammino di vita e di autentica felicità. La Chiesa da sempre crede e confessa che solo nella croce di Cristo c’è salvezza. Una diffusa cultura dell’effimero, che assegna valore a ciò che piace ed appare bello, vorrebbe far credere che per essere felici sia necessario rimuovere la croce. Viene presentato come ideale un successo facile, una carriera rapida, una sessualità disgiunta dal senso di responsabilità e, finalmente, un’esistenza centrata sulla propria affermazione, spesso senza rispetto per gli altri. Aprite però bene gli occhi, cari giovani: questa non è la strada che fa vivere, ma il sentiero che sprofonda nella morte. Dice Gesù: Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà”.
(Giovanni Paolo II, Messaggio per la XVI Giornata Mondiale della Gioventù, 14 febbraio 2001).
IL TIMONE N. 21 – ANNO IV – Settembre/Ottobre 2002 – pag. 6 – 7