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11.12.2024

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Giuseppe Capograssi
31 Gennaio 2014

Giuseppe Capograssi

 

 

 
 

Fu uno dei più importanti filosofi italiani del Novecento. Attento alla concretezza della vita, rivendicò il valore della persona e la capacità veritativa della conoscenza.
Interessanti le sue riflessioni sulla crisi dello Stato e sui totalitarismi.

Nato a Sulmona, in provincia dell’Aquila, nel 1889 e morto a Roma nel 1956, Giuseppe Capograssi è stato una delle più interessanti personalità della filosofia italiana di ispirazione cattolica del ventesimo secolo. Come ha opportunamente notato Antonio Livi, fin dalle prime pagine dell’opera Analisi dell’esperienza comune, pubblicata nel 1930, le posizioni di Capograssi emergono con chiarezza: «Nelle sue correnti più profonde – scrive il pensatore abruzzese – la speculazione moderna è tutta la negazione dell’individualità umana come realtà sostanziale, come centro permanente e durevole». Nell’errore di annullare il valore del singolo cadono sia l’idealismo sia il naturalismo e, dunque, il compito che si impone come prioritario è quello della riaffermazione della persona e del suo più profondo significato.
Tra i grandi autori a cui Capograssi guarda con particolare attenzione e che diventeranno i suoi principali ispiratori spiccano i nomi di Giambattista Vico e di Antonio Rosmini. Vico è colui che ha risolto il problema del rapporto fra realtà e pensiero, in quanto, come annota il filosofo abruzzese, «il pensiero ha per lui [per Vico] veramente coscienza dell’ordine universale [che si trova nella realtà] e la realtà è per lui veramente quest’ordine, divenuto vivente e veramente determinato». Soltanto attraverso il superamento, operato da Vico, dello gnoseologismo, che riduce la realtà a pensiero, risulta possibile la riaffermazione della differenza tra l’essere e il pensiero umano. E poi – si diceva – Rosmini, per altro, come ci ha insegnato Augusto Del Noce, è filosoficamente non troppo lontano da Vico: «Il tutto del suo pensiero è qui – afferma Capograssi riguardo a Rosmini – che l’individuo è persona. […] Ora che cos’è la persona per Rosmini? “La persona è la potenza di affermare tutto l’essere” (A. Rosmini, Filosofia del diritto, vol. I). Potenza di affermazione di tutto l’essere. Questa è la strana e stupenda definizione di Rosmini: affermare significa riconoscere, cioè volere che l’essere nelle infinite sue posizioni sia e sia nella sua pienezza […].
La persona è questo destino, è questo infinito destino, in quanto individualità empirica».
Vi sono altri influssi operanti all’interno del pensiero capograssiano: vi è certamente quello di san Tommaso, da lui considerato come il remoto progenitore filosofico di Vico, un san Tommaso che diventa, nello stesso tempo, il gigante della verità da opporre al gigante dell’errore, ovvero a Hegel che «ha incalcolabilmente nociuto alla causa dello Spirito».
Bisogna ricordare che, oltre a quelle di Vico, Rosmini e san Tommaso, nella formazione di Capograssi hanno avuto un ruolo significativo le dottrine di Pascal e di Blondel, che attestano pure la presenza di una radice agostiniana nell’opera del pensatore di Sulmona.
Giuseppe Capograssi fu soprattutto un filosofo della politica e del diritto, e l’opera sua più ampia e organica si intitola proprio Il problema della scienza del diritto; accanto a essa si pone un altro suo scritto assai importante, L’analisi dell’esperienza comune; e proprio sulla base dei titoli stessi di questi due libri capograssiani è possibile comprendere come per il nostro autore la filosofia debba essere indirizzata a spiegare non un’assoluta e astratta vita dello Spirito, bensì la vita quotidiana degli uomini, tutti protesi verso i loro innumerevoli fini particolari e tutti, involontariamente e provvidenzialmente, affaticati a tessere la storia.
In virtù di queste considerazioni, diventa più facile capire perché il nostro autore sia stato un filosofo particolarmente attento alle vicende del suo tempo: a questo riguardo assai interessanti sono le sue riflessioni sulla crisi dello Stato verificatasi nel Novecento in occasione dell’affermazione dei totalitarismi.
Nell’interpretazione di Capograssi il totalitarismo si ha quando lo Stato tende a riassorbire in sé i corpi sociali e i dinamismi di cui esso stesso dovrebbe essere espressione.
Lo Stato contemporaneo si arroga, con ciò, il diritto di essere esso stesso il creatore del mondo sociale. Questa pretesa di uno Stato totale sopprime ogni creatività dell’individuo. Di fronte a questa situazione, come segnala giustamente Paolo Terenzi, «uno degli scopi che la riflessione di Capograssi si prefisse fu quello della fondazione di una metafisica civile […]. Il pensiero di Capograssi si configura dunque come un tentativo assai fecondo di guardare i problemi pratici della contingenza dall’altezza della tradizione metafisica, nella convinzione che al di fuori di questo orizzonte non si possano trovare vie di uscita percorribili. Il richiamo alla metafisica che l’autore opera è inscindibile da una rivalutazione della esperienza umana in tutte le sue dimensioni. Per Capograssi riaffermare la metafisica è l’unica possibilità di salvaguardare la dignità della persona e della sua libertà».
Al termine di questa breve ricostruzione di alcuni tratti del pensiero del filosofo abruzzese, appare opportuno ricordare lo spessore cristiano della vita di quest’uomo che non cercò mai le luci della ribalta, ma preferì il silenzio della ricerca seria e rigorosa. Nei Pensieri a Giulia, una sorta di lungo colloquio con la fidanzata, troviamo una testimonianza bella ed edificante di questa fede sobria e forte.
 
 
 
 
 
RICORDA
 

«Giuseppe Capograssi fu un filosofo italiano tra i più importanti del Novecento […]. La riflessione sulla finitezza umana – sul destino dell’individuo posto tra la nascita e la morte – conduce Capograssi a porre il problema di Dio, che egli risolve positivamente. Così, quella che Capograssi presenta è una concezione spiritualistica tanto del diritto quanto della vita».
(Antonio Livi, La filosofia e la sua storia. La filosofia contemporanea, Dante Alighieri,
1996, vol. III/2, p. 1002).

 
 
 
 
 
BIBLIOGRAFIA
 

Giuseppe Capograssi, Opere, a cura di Mario D’Addio ed Enrico Vidal, Giuffrè, 1959.

A. VV., Giuseppe Capograssi, a cura di Claudio Vasale, Edizioni Romane di Cultura, 1998.

Enrico Opocher, Giuseppe Capograssi, filosofo del nostro tempo, Giuffrè, 1991.

Antonio Livi, La filosofia e la sua storia. La filosofia contemporanea, Dante Alighieri, 1996, vol. III/2, pp. 1001-1014.

 
 
 
 
 
 
IL TIMONE – N. 55 – ANNO VIII – Luglio/Agosto 2006 – pag. 30 – 31

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