Il Timone n. 8 – anno 2000 –
“La scienza moderna è nata grazie ad alcune circostanze favorevoli dovute in buona parte al cristianesimo, che porta a vedere i mondo come l'opera razionale di un Creatore infinitamente sapiente e l'uomo come creatura fatta a immagine di Dio, con una intelligenza capace di penetrare nell'ordine impresso da Dio nel mondo. Questa scienza si è sviluppata grazie al lavoro e alle convinzioni di scienziati profondamente cristiani. La scienza e la fede sono alleate, non nemiche. E la fede cristiana offre aiuti più validi per evitare un materialismo che niente ha da spartire con la scienza, affinchè la scienza possa contribuire alla soluzione dei gravi problemi che oggi l'umanità deve affrontare”.
(Sir John Eccles, Premio Nobel per la Medicina, in Mariano Artigas, Le frontiere dell'evoluzionismo, Ares, Milano 1993, p. 231 ).
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“Dio, dando all'uomo e alla donna il potere di trasmettere la vita, ha legato tale potere alla sua volontà espressa nella natura e prima ancora nell'ordine della creazione. I soggetti procreativi sono tenuti a rispettarla fedelmente. Con la loro intelligenza penetrano nell'ordine della creazione e leggono le norme stabilite da Dio stesso. Quando la Chiesa si appella all'ordine della creazione o alla legge naturale fa esplicito riferimento alla volontà di Dio, percepibile dalla ragione e dalla coscienza. Pertanto, non fa della natura un assoluto etico, tanto meno un criterio di comportamento umano. Ribadisce soltanto che, nella procreazione, rispettando l'ordine naturale, si rispetta la volontà di Dio; viceversa, violandolo e alterandolo si contraddice l'ordine stabilito da Dio”.
(Gino Concetti, L'embrione uno di noi, Edizioni Vivere in, Roma – Monopoli 1997, p. 15).
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“Gli uomini dei tempi passati, quelli che torto chiamiamo “primitivi”, avrebbero potuto concepire un Dio a loro statura, che conoscesse la morte, che avesse fatto il mondo come essi facevano i loro vasi di terra o i loro tetti di corteccia. Non è mai avvenuto così […]. L'uomo di cui scopriamo le ardue tappe superate con fatica, ad una ad una, nella conquista della materia, sembra non aver mai lottato, mai faticato per raggiungere la certezza del Dio unico, principio creatore di tutte le cose […]. La testimonianza apportata dallo studio delle civiltà, da un estremo all'altro del tempo e dello spazio, ci mostra un uomo rivolto verso l'Invisibile in se stesso in ogni istante della vita quotidiana, come se rimpiangesse una patria perduta”.
(Jean Servier, L'uomo e l'Invisibile, Rusconi, Milano 1973, pp. 122 e 124).
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“Senza la vicenda della caduta di Adamo e della redenzione del Messia, senza il peccato e la grazia, senza la salvezza eterna che il Cristo promette al credente, senza sopravvivenza immortale, il cristianesimo si riduce a un non-senso. Non si può sostituire l'escatologia con la sociologia, tacendo la promessa della liberazione dal peccato e della vita eterna: o, almeno, lo si può ma rendendo insignificante la fede. Per fare il sindacalista o l'“operatore sociale” non occorre il Vangelo. E per asserire l'eguaglianza e la fraternità tra tutti gli uomini non occorre che un Dio si immoli sulla croce: bastano la morale di Kant e la ragione terrena”.
(Luigi Firpo, in Vittorio Messori, Inchiesta sul Cristianesimo, Mondadori, Cles 1993, p. 31 )
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“La certezza che il credente ha dei dogmi della fede non si poggia sugli argomenti storicamente trovati della loro verità e nemme¬no sulla confutazione delle obiezioni che si oppongono ad esso. Essa poggia sopra un principio che oltrepassa tutte le condizioni, tutte le presupposizioni e persino tutte le eventualità storiche. Credere di fede cattolica è sapere fermissimamente che contro le verità credute non vale argomento trovato o trovabile; è sapere che non solo sono insussistenti, false e solubili le obiezioni accampate contro di esse, ma che saranno insussistenti, false e solubili quelle che potranno essere accampate in tutto il corso dell'avvenire in secula seculorum sotto qualunque estensione dei lumi del genere umano”.
(Romano Amerio, Iota Unum, Riccardo Ricciardi Editore, Milano – Napoli 1989, pp. 330-331).
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“La vita, tutte le vite, lunghe o brevi che siano, sono come un'ascesi ininterrotta tra gioie e dolori, i compiersi di vicende irripetibili, come scrivevo all'inizio di questo personale racconto. Il significato di ogni esistenza si trasfigura nella memoria e raccoglie i frutti di tutti gli incontri che nel tempo diventano un unico incontro con il destino e con quella Persona, la quale, duemila anni orsono irruppe nella Storia per redimerci e salvarci. Anche se mala tempora currunt, nelle case, nelle strade e nella società tutta molti cuori ardono nell'attesa”.
(Mario Marcolla, Una vita in fabbrica, Mau¬rizio Minchella Editore, Milano 1998, p. 100).
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“Dobbiamo pensare che Cristo resterà sempre un segno di contraddizione. Non è possibile annunciare i suo Vangelo in modo che nessuno se ne dispiaccia. Poiché chi scrive o predica con parole così velate da non ferire nessuno, non può consolare o entusiasmare nessuno. Solo se noi nello smarrimento spirituale, di cui ancora non si prevede la fine, diamo ai fedeli chiarezza, sicurezza, consolazione e coraggio, allora soltanto quelli che cercano Dio ci aiuteranno con sorprendente spirito di sacrificio a continuare l'opera che ci è affidata dalla Chiesa”.
(P. Werenfried van Straaten, Dove Dio piange, Edizioni Aiuto alla Chiesa che soffre, Roma 1994, p. 8).
TIMONE – N. 8 – ANNO II – Luglio/Agosto 2000 – pag. 19