Il Timone n. 17 – anno 2002 –
“In effetti il 1848 fu un grande movimento di rivoluzione generale finalizzato, nell’immediato, all’estinzione della società della Restaurazione e all’affermazione delle nazionalità contro i principi della monarchia sacrale, alla lunga, all’affermazione delle prime istanze di rivolta socialista e comunista nella società europea. In un concetto, fu una fase della Rivoluzione tesa a sovvertire l’ordine cristiano della società: nell’ambito religioso, contro il potere temporale della Chiesa (Repubblica Romana); nell’ambito politico, contro le monarchie cattoliche per Grazia divina e quindi contro ogni principio di legittimità sacrale a favore delle istanze demagogiche sovversive; nell’ambito sociale, contro la proprietà privata a favore delle istanze di rivoluzione comunista e anche anarchica”.
Massimo Viglione [a cura di], La Rivoluzione italiana. Storia critica del Risorgimento, II Minotauro, Roma 2001, p. 37).
“Ho sentito dire dai vostri emigrati politici (spagnoli, n.d.r.) che la guerra civile vi è costata mezzo milione di vite umane. Non so quanto sia esatta questa cifra. Diciamo, allora, che anche la nostra guerra civile è costata due o tre milioni di vite. Ma il seguito è stato molto diverso per voi e per noi. Da voi ha prevalso una visione cristiana, una volta finita la guerra si volle voltare pagina per poter curare le ferite. Da noi, invece, ha trionfato l’ideologia comunista e la fine della guerra civile segnò in realtà l’inizio di un’altra guerra, in quanto la lotta del regime contro il popolo cominciò proprio allora. Dodici anni fa è stato pubblicato in Occidente uno studio di un autore russo, il professor Kurganov. Certamente nessuno pubblicherà mai dati statistici ufficiali sul numero di persone cadute vittime, da noi, della guerra intestina tra il regime e il popolo. Ma usando le vie indirette di cui dispone la statistica, il professor Kurganov ha calcolato che tra il 1917 e il 1959, solamente a seguito della guerra condotta dal potere sovietico contro il proprio popolo, cioè a seguito dello stermi: nio di questo popolo con la fame, la micidiale deportazione dei contadini, le prigioni, i lager e semplicemente con le fucilazioni, solo a seguito di tutto questo e comprese le vittime della guerra civile, noi abbiamo perduto 66 milioni di persone”.
(Aleksandr Solzenicyn, Conversazione alla televisione di Madrid del 20 marzo 1976, in Dialogo con il futuro. Discorsi e interviste, La casa di Matriona, Milano 1977, p. 87).
“Il maggior denigratore dell’Inquisizione, l’americano Henry C. Lea, nella sua monumentale opera sull’argomento dovette ammettere che “la causa dell’Inquisizione era la causa della civiltà”.
Infatti anche i più sfegatati anticattolici devono confessarsi contenti che i catari non siano riusciti a far suicida-re l’umanità, che gli anabattisti non abbiano distrutto tutte le opere d’arte, che i dolciniani non siano riusciti a scannare tutti i reprobi e che i fratelli del libero spirito non abbiano potuto escludere dalle cariche pubbliche quelli che non erano in stato di grazia. E chi si sognerebbe di dire, oggi, che le opere buone non servono a nulla e che è meglio la sola fides? Nessuno. Eppure fu per secoli il principale fondamento del protestantesimo. Nessuno sarebbe così pazzo da ammettere l’esistenza di un Dio che crea alcuni solo per dannarli. Eppure la dottrina della predestinazione era il nucleo del calvinismo, che per causa di essa mise a ferro e fuoco le città”.
(Rino Cammilleri, Prefazione a Joseph de Maistre, Elogio dell’Inquisizione spagnola. II Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 1998, pp. 9-10).
“Chiunque, conoscendo l’Antico e il Nuovo Testamento, legga il Corano, vede con chiarezza il processo di riduzione della Divina Rivelazione che in esso s’è compiuto. È impossibile non notare l’allontanamento da ciò che Dio ha detto di Se stesso, prima nell’Antico Testamento per mezzo dei profeti, e poi in modo definitivo nel Nuovo per mezzo del Suo Figlio. Tutta questa ricchezza dell’autorivelazione di Dio, che costituisce il patrimonio dell’Antico e del Nuovo Testamento, nell’islamismo è stata di fatto accantonata”.
(Papa Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Intervista di Vittorio Messori, Mondadori, Milano 1994, pp. 103-104).
“La biologia dello sviluppo conferma che la realtà del neo-concepito è totalmente umana. Ma quand’anche si volesse dubitare dei risultati raggiunti sin qui dalla scienza, resterebbe sempre l’obbligo, nell’incertezza, di avvicinarsi con ogni possibile cautela a quella che “potrebbe” essere una vita umana. A questo proposito gli esempi scolastici che ci propone il mondo del diritto sono assai eloquenti: in caso di valanga, di crolli, di terremoti, si presume che vi siano dei superstiti; non si seppelliscono i morti se si dubita del loro decesso; non si procede – almeno per ora – all’espianto di organi, se non è certa la morte del donatore; il cacciatore diligente non spara prima di essersi assicurato che dietro al cespuglio ci sia la selvaggina e non una persona; e così via”.
(Mario Palmaro, Ma questo è un uomo. Indagine storica politica etica giuridica sul concepito, San Paolo, Cinisello Bal.mo (MI) 1996, P- 37).
IL TIMONE N. 17 – ANNO IV – Gennaio/Febbraio 2002 – pag. 30