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12.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

Il Timone n. 27 – anno 2003 –


“La storia di azioni incivili condotte in nome delle manifestazioni ‘ecologiste’ e ‘no global’ è lunga e sempre più densa di episodi. Solo a Genova in occasione del G8 (19-22 luglio 2001) i no global hanno dato alle fiamme 7 banche e 2 uffici postali. Hanno devastato 51 agenzie di credito e 3 agenzie assicurative, 45, esercizi commerciali, 20 distributori di benzina, 23 uffici pubblici; hanno incendiato o distrutto 90 automobili. Nelle manifestazioni vi sono stati centinaia di feriti e un morto”.
(Antonio Gaspari – Vittorfranco Pisano, Dal popolo di Seattle all’ecoterrorismo. Movimenti antiglobalizzazione e radicalismo ambientale, 21mo Secolo, Milano 2003, p. 7).
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“Dio non è un concorrente, non fa concorrenza alla nostra libertà. Dio a modo suo nella trascendenza è fondamento della nostra libertà; ma talmente grande, talmente immenso, talmente potente, talmente abbracciante e vitalizzante la nostra libertà che noi non saremmo liberi se Dio non ci avesse dato la libertà” .
(Comelio Fabro, Libro dell’esistenza e della libertà vagabonda, Piemme, Casale Mon.to 2000, p. 187, n. 1077).

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“Ma il dialogo non può essere fondato sull’indifferentismo religioso, e noi cristiani abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi. Non dobbiamo aver paura che possa costituire offesa all’altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione di Dio-Amore che ‘ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3,16). Tutto questo, come è stato recentemente sottolineato dalla dichiarazione Dominus lesus, non può essere oggetto di una sorta di trattativa dialogica, quasi fosse per noi una semplice opinione: è invece per noi grazia che ci riempie di gioia, è notizia che abbiamo il dovere di annunciare”.
(Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte, n.56).
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“Il cristianesimo è entrato nel mondo con la coscienza di un mandato universale. I credenti in Gesù Cristo sapevano d’essere tenuti fin dal primo istante a trasmettere la loro fede a tutti gli uomini; essi vedevano nella fede un bene che non apparteneva solo a loro, ma a cui tutti potevano aspirare. Sarebbe stato un’appropriazione indebita non portare fino agli estremi confini della terra ciò che avevano ricevuto. Il punto di partenza dell’universalismo cristiano non fu la brama del potere, bensì la certezza d’aver ricevuto la conoscenza salvifica e l’amore che redime, a cui tutti gli uomini possono aspirare e che attendono nel più profondo del loro cuore. La missione non fu considerata un allargamento della propria sfera di potere, ma la doverosa trasmissione di quanto era destinato a tutti e di cui tutti avevano bisogno”.
(Card. Joseph Ratzinger, Fede Verità Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 57).

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Non va dimenticato comunque che, secondo il Magistero della Chiesa, le cause profonde e vere delle guerre non sono di ordine politico od economico, ma spirituale e morale e risalgono alla violazione dell’ordine naturale e cristiano: in una parola all’abbandono della legge di Dio nella vita nazionale e internazionale. Se la pace è la tranquillità dell’ordine, la guerra è la turbolenza del disordine: l’ordine è il fondamento della pace, il disordine è la radice della guerra: ma il disordine, prima di essere quello visibile, che si esprime nella morte e nella distruzione degli uomini e delle cose, è il disordine immateriale, ma non meno reale, che consiste nella distruzione, nel bombardamento a tappeto della legge naturale e divina”.
(Roberto de Mattei, La “guerra giusta” e l’intervento americano in Iraq, in Nova Historica. Rivista internazionale di storia, anno II, n. 5, 2003, p. 69).

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“Credente forse sui generis – ma che prima di partire per la campagna del 1799 non esita ‘[…] in Verona restando in quel freddo quattro ore e più in chiesa’, a chiedere a Dio la grazia di mantenere l’impegno di liberare i milanesi dalla Rivoluzione -, Lucioni dimostra uno zelo fuori del comune nella lotta per restaurare quelli che crede i diritti di Dio e per ripristinare l’ordine civile di sempre, che per lui, legittimista e poco portato alle analisi politologiche, coincide tout court con il ritorno in Lombardia dell’aquila bicipite e in Piemonte del Re sardo” .
(Oscar Sanguinetti, Un italiano contro Napoleone: il maggiore Branda de’ Lucioni, in Annali Italiani. Rivista di studi storici, Anno II, n. 3,gennaio-giugno 2003, p. 177).


IL TIMONE N. 27 – ANNO V – Settembre/Ottobre 2003 – pag. 30

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