15.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

Il Timone n. 35 – anno 2004 –

 

 

“Ma non è l’Europa frutto dell’evangelizzazione dei barbari operata dalla Chiesa grazie alla quale, fra l’altro, abbiamo ancora memoria della civiltà greco-romana? Non sono il latino e il greco (le lingue della cristianità) le lingue ufficiali dell’Europa fino al Cinquecento? Non sono tutte le maggiori istituzioni europee nate in ambito cristiano? L’Università, le opere pie, gli ospedali, le scuole, la libertà, i cimiteri, tutte le forme di carità organizzata, non sono tutte, dicesi tutte, frutto dello spirito cristiano? E come mai, nonostante l’evidenza, nonostante la Storia, nonostante i continui richiami del Papa, nonostante l’ovvietà del fatto, non si vuole, proprio non si vuole riconoscere che l’anima europea è cristiana?”.
(Angela Pellicciari, in Studi Cattolici, n. 518, aprile 2004, p. 296).
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“Anche questo testo del Papa [Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia] mostra con chia-rezza come la fede sia la risposta più umana al bisogno vero dell’uomo, un uomo che spesso non comprende più il suo cuore e il suo desiderio più profondo. La realtà del nostro cuore e dei suoi desideri non è quello che immediatamente appare o capiamo. Così l’Eucaristia mostra in una realtà fragile e normale il compimento del cuore dell’uomo. Ciascuno di noi desidera la felicità e la permanenza nell’essere (come diceva san Tommaso D’Aquino), ma questo unico desiderio (perché sarebbe spaventosa una vita infinita ma infelice e disumana una felicità finita, senza possibilità di essere vissuosta) ha come ostacolo il male, frutto della libertà malata di ciascuno di noi. La realtà è che il male produce la morte. La realtà è che Gesù Cristo prendendo su di sé il nostro male vince la morte. Lui è il reale compimento del nostro cuore, lo libera dal male e dalla morte. Questo fatto costituisce il cuore del Sacrificio Eucaristico”.
(Pinuccio Mazzucchelli, in Documenta. Materiale di lavoro per insegnanti di religione, voI. 2, anno VII, agosto 2003, p. 3).
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“Non un progetto culturale ha definito e determinato il processo attraverso il quale si è venuta costituendo la civiltà occidentale, ma il diffondersi del cristianesimo, che fin dai suoi primi passi si è caratterizzato come fenomeno sociale in cui le differenze non erano eliminate, perché non costituivano un fattore di opposizione frontale, bensì la varietà di una comune ricchezza. Non un’idea, ma l’appartenenza alla stessa esperienza cristiana fece sì che romani e barbari si incontrassero dopo la caduta dell’impero romano, generando una nuova civiltà, quella medievale; e, più tardi, che i nuovi invasori provenienti dal Nord si trasformassero in alleati arricchendo ulteriormente la tradizione occidentale”.
(Luigi Negri, in AA.VV., Europa. Quale Europa?, p. 180).
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“San Benedetto può dirsi l’ultimo romano e il primo europeo; la sua figura fa da cerniera fra l’antichità classica e il medioevo. Vissuto nel travagliato passaggio fra paganesimo e cristianesimo, in tempi in cui si manifestava in tutta la sua terrificante violenza la forza distruttiva dei barbari, riesce ad intraprendere una attività culturale di vitale importanza per il futuro del nostro continente. Questa diventa prova credibile della forza del Vangelo che è in grado di salvare l’uomo dalla confusione e da ogni tipo di barbarie distruttiva, proteggendo lo così dalla cosiddetta civiltà della morte e dal nichilismo. Anche noi pos-siamo essere aiutati dalla testimonianza del nostro Patrono nello sforzo con cui cerchiamo di difenderci dalla scristianizzazione e dal conseguente imbarbarimento della vita che ogni giorno minaccia l’uomo della nostra epoca, considerata di grande civiltà”.
(Ludmila Grygiel, San Benedetto il primo europeo, Cantagalli, Siena 2004, p. 29).
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“In realtà, se l’atmosfera della rivoluzione francese risulta già ad un approccio superficiale dominata da un ateismo e da un deismo (comunque inefficace ed inoperante in un mondo che resta completamente estraneo ad ogni intervento di un qualunque Ente Supremo) violentemente avversi alla religione cristiana, sulla quale si era fino ad allora modellata la società, nell’America cosiddetta rivoluzionaria sono invece ben evidenti la presenza e l’influenza del cristianesimo (nella versione protestante)”.
(Francesco Mario Agnoli, L’epoca delle rivoluzioni…, p. 30).

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 35 – ANNO VI – Luglio/Agosto 2004 – pag. 34

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