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12.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

Il Timone n. 37 – anno 2004 –

 

«Il nostro essere sacerdoti ci fa manifestare agli uomini come “uomini di Dio”; l’abito ecclesiastico ci obbliga, quindi, a comportarci di conseguenza e non già come se non lo fossimo.
Pertanto, esso ci invita a sviluppare sempre di più la coerenza tra la nostra consacrazione sacerdotale interiore ed il nostro agire esterno, davanti agli uomini. Il sacerdote si presenta così come un uomo vero, quindi libero. Perciò la fedeltà all’abito ecclesiastico è, se ben capita, fedeltà che rimanda al Vangelo ed è, innanzitutto, per tale ragione che la Chiesa, custode del Vangelo, chiede ai suoi ministri di essere visibilmente riconosciuti come tali in mezzo agli altri uomini».
(Card. Dario Castrillon Hoyos, Premessa a Michele De Santi, L’abito ecclesiastico: sua valenza e storia, pp. 10-11).

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«I cosiddetti missionari delle altre Chiese cristiane che chiedono ai cattolici di convertirsi, se non pretendono da loro che conoscano bene la fede cattolica per fare un confronto serio e leale, dimostrano di essere poco onesti: approfittano, infatti, dell’ignoranza altrui.
Peraltro, essi sostengono che a tutti è concesso di leggere e di interpretare la Parola di Dio. Che senso ha, allora, questo loro accanito proselitismo, se ognuno può interpretare e vivere a suo modo la Bibbia? Se non c’è un’interpretazione unica e vincolante, perché il cattolico deve apostatare dalla sua Chiesa? Se ci tengono proprio alla Bibbia e desiderano che la si conosca veramente, rimproverino pure i cattolici ignoranti della Parola di Dio, li svergognino, li inducano a meditarla, ma non pretendano di convertirli alla loro interpretazione».
(Gerlando Lentini, Perché cattolici. Le ragioni della nostra fedeltà alla Chiesa cattolica, p. 26).
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«È necessario stare in guardia da una visione del continente che ne consideri soltanto gli aspetti economici e politici o che indulga in modo acritico a modelli di vita ispirati ad un consumismo indifferente ai valori dello spirito. Se si vuole dare durevole stabilità alla nuova unità europea, è necessario impegnarsi perché essa poggi su quei fondamenti etici che ne furono un tempo alla base, facendo al tempo stesso spazio alla ricchezza e alla diversità delle culture e delle tradizioni che caratterizzano le singole nazioni. Vorrei anche in questo nobile Consesso rinnovare l’appello che in questi anni ho rivolto ai vari Popoli del continente: “Europa, all’inizio di un nuovo millennio, apri ancora le tue porte a Cristo”».
(Giovanni Paolo Il, al Parlamento della Repubblica Italiana, 14 novembre 2002).
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«I musulmani affermano di accettare Gesù Cristo e il cristianesimo. Tuttavia, la Bibbia, in forma assai ridotta e infarcita di apocrifi, è vista esclusivamente nella loro ottica che esclude ogni giudizio critico anche sul Corano. Gesù Cristo non sarebbe più che un profeta, anche se un grande profeta, nato da una vergine. La meraviglia dei musulmani appare quando, affermando essi di accettare il cristianesimo come religione rivelata, si accorgono che i cristiani non accettano il Corano come rivelazione, né Maometto co-profeta. Non si accorgono se accettassero questo, i cristiani non avrebbero più motivo di essere cristiani…».
(Livio Tescaroli, Gesù Cristo o il Corano, p. 12).

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«Essere persone ragionevoli, fare uso della propria ragione che cosa significa se non cercare il vero? Se non discernere il vero dal falso? Se non desiderare di sapere “come stanno le cose”? La lettura del cap. XL dell’autobiografia di Teresa d’Avila è al riguardo assai illuminante. Ha ancora senso, vale ancora la pena sobbarcarsi la fatica del ragionare, se qualsiasi conclusione ha lo stesso valore del suo contrario? La difficoltà che ogni educatore oggi incontra nel “far ragionare” i ragazzi ha radici assai profonde: è una malattia mortale dello spirito».
(Carlo Caffarra, L’educazione, una sfida urgente, pp. 12-13).

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«Si presume che molti immaginino un santo come una persona bizzarra ed estranea al mondo, la cui vita si svolge a mille miglia dalla nostra quotidianità. Per questo motivo è ancora più importante mostrare al nostro prossimo e convincerlo che Dio vuole donare ad ogni uomo, nella sua personale vocazione, una vita realizzata e felice, già qui sulla terra e poi nella pienezza dell’eternità. Dio ha sempre cercato e cercherà persone che credano a questa sua intenzione e che gli si affidino completamente».
(Maria Hildegard Brem, Santa Gianna Beretta Molla. Un inno alla vita, p. 11).

 

 

 

 

 

 

IL TIMONE N. 37 – ANNO VI – Novembre 2004 – pag. 34

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