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14.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

 

Il Timone n. 40 – anno 2005 –

 

«Pensate alla frase di san Paolo: “Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”; pensate all’Agonia: “Padre, se puoi allontana da me questo calice… sia fatta però non la mia ma la tua volontà”. Non è semplicemente amore. Nell’amore c’è la fusione dei voleri: non si può più parlare di due volontà. Qui ce ne sono due: una che si inchina (per amore, ma non solo) davanti a un’altra che decide. In questa luce si può dire che, per certi versi, la stessa prova degli angeli e dei nostri progenitori è stata una prova di obbedienza. L’obbedienza sembra perciò essere un evento cruciale, quello del passaggio nella gloria. Il destino eterno di ciascuno di noi si gioca su questa domanda: “Vuoi obbedire, sì o no, in circostanze in cui non hai voglia di farlo?».
(Marie-Dominique Molinié o.p., Prigionieri dell’infinito, pp. 17-18).

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«L’essenza dello gnosticismo, infatti, è sempre stato il nichilismo, caratterizzato dall’as-senza di fondamento e, poiché l’assenza di fondamento è una cifra essenziale anche di gran parte del pensiero filosofico contemporaneo, a cominciare dal primo Heidegger, lo studio di Ireneo potrebbe costituire l’occasione per rivedere il giudizio sulla validità di ciò che oggi, anche e soprattutto dentro molta teologia, viene rigettato come inutile e dannoso: la metafisica. I Padri, prima e dopo Ireneo, decisero di incarnare la comunicazione del messaggio rivelato nelle categorie greche del loro tempo, che erano categorie metafisiche; il cristianesimo non è filosoficamente neutro: scegli le filosofie; cerca quelle che possono offrire un linguaggio universale e un evento che si pone come unico».
(Giovanni A. Maria Ferrara, L’indice verso il basso. Vedere e conoscere in Ireneo di Lione, p.8).

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«Quante volte, leggendo questi racconti di Vismara, mi scopro a pensare: pensa come sarebbe bello il mondo, se tutti i bambini e le bambine avessero un papà come Clemente! Se tutti avessero delle mamme come le suore di Maria Bambina che lavoravano con lui! Cos’è che rendeva formidabili genitori ed educatori padre Vismara e le sue suore? L’intelligenza? L’abbondanza dei mezzi materiali? La conoscenza della psicologia e della pedagogia? No, nemmeno per sogno! Era la fede e la vita secondo il Vangelo. Non avevano altro da donare a quegli infelici orfanelli o orfanelle che questa ricchezza spirituale, che però era tutto e valeva più di tanti altri doni. Chissà se i genitori del nostro paese “cristiano” questo lo capiscono, chissà se insegnanti ed educatori ci pensano qualche volta al fatto che il più grande dono da fare ai loro piccoli è la fede e la vita cristiana”.
(Piero Gheddo [a cura di], Clemente Vismara, il santo dei bambini, p. 23).

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«La posizione del corpo: anche se non è essenziale una posizione determinata per la orazione, perché si può pregare anche malati a letto, conviene che il corpo si trovi de-gnamente preparato e vestito, e preferibilmente in una posizione stabile. Le due posizioni preferibili del corpo, che nella tradizione cristiana indicano rispetto per la presenza di Dio, sono in ginocchio e in piedi.
stare in ginocchio significa coscienza della grandezza di Dio e della nostra piccolezza, sottomissione, piena fiducia, consegna nelle mani di Dio, umiltà e pentimento. Lo stare in piedi significa rispetto per la dignità di Dio presente, partecipazione alla vittoria della salvezza, perché dopo la battaglia rimane in piedi il vincitore. Lo stare seduti richiama invece il senso dell’ascolto e della riflessione”.
(Paolo Scarafoni L.C., I frutti dell’albero buono. Santità e vita spirituale cristocentrica, p. 155).

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«Alcuni partigiani comunisti lo hanno portato nella loro “base”. Rolando capisce con chi si trova. Quelli lo spogliano della veste talare che li irrita troppo. Lo insultano, lo percuotono con la cinghia sulle gambe, lo schiaffeggiano.
Adesso hanno davanti un ragazzino coperto di lividi, piangente. Così era stato fatto un giorno a Gesù. Per tre giorni, nella mani di quegli uomini senza-Dio. Una valanga melmosa di bestemmie contro Cristo, di insulti contro la Chiesa e contro il Sacerdozio, di scherni volgari si abbatte su di lui, povero piccolo. Quindi – secondo quanto hanno detto alcuni testimoni – l’orrore della flagellazione sul suo corpo puro di ragazzo. E l’indicibile, che non possiamo raccontare. Rolando, innocente, piange e geme come un agnello condotto al macello, prega nel suo cuore e chiede pietà. Tuttavia, nella sua anima, posseduta da Cristo, è forte e sereno. Qualcuno si commuove e propone di lasciarlo andare, perché è soltanto un ragazzo e non c’è motivo o pretesto per ucciderlo. Ma altri si rifiutano: “Taci, o farai anche tu la stessa fine”. Prevale l’odio al prete, all’abito che lo rappresenta. Decidono di ucciderlo: “Avremo domani un prete di meno””.
(Paolo Risso, Rolando Rivi, un ragazzo per Gesù, p. 71).

IL TIMONE – N. 40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 34

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