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15.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

Il Timone n. 47 – anno 2005 –

«Si dice che un famoso musicista asserisse: “Se tralascio di esercitarmi allo strumento per un giorno lo noto io; se tralascio di esercitarmi per due giorni lo notano i miei amici; si tralascio di esercitarmi per tre giorni lo nota il pubblico”. Nel mio caso questa affermazione si applica alla preghiera: se tralascio di pregare per un giorno lo nota Dio; se tralascio di pregare per due giorni lo noto io; se tralascio di pregare per tre giorni lo nota chi mi circonda».
(Hans-Peter Rothlin, in L’Eco dell’Amore, n. 6, settembre 2005).

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«Il sonno della ragione genera mostri è il celeberrimo titolo di un’incisione di Goya. Ma i mostri partoriti dalle menti degli utopisti ancora oggi vivono in molte parti del mondo, tanto che a volte si ha l’impressione che la “ragione” che li ha prodotti non dormiva per niente ma era ben sveglia e orrendamente lucida. Per molte utopie realizzate Augusto Del Noce ha parlato acutamente di “eterogenesi dei fini”, cioè di buone intenzioni che si rovesciano nel loro contrario. In questo libro si vedrà tuttavia come per alcuni utopisti il fine da realizzare coincideva esattamente con quello da loro perseguito e si imporrà al lettore una domanda perentoria: perché non li hanno messi subito in manicomio?».
(Rino Cammilleri, I mostri della ragione/2. Viaggio tra deliri di utopisti & rivoluzionari, p. 17).

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«Si è data l’impressione che i cristiani e gli stessi cattolici non avessero più qualcosa di specifico che li contraddistinguesse. Gli stessi sacerdoti, le suore, ecc., sempre per questo motivo, hanno addirittura eliminato dal loro abito qualunque segno distintivo, vestendo spesso in maniera indecorosa, nella convinzione che, così facendo, sarebbero stati accettati meglio dal mondo di oggi. È stata anche accettata l’idea che la Chiesa dovesse sbarazzarsi di ogni trionfalismo; non ci si è preoccupati molto del pericolo di cadere nella tentazione che, liberandosi da ogni certezza nel campo delle verità della fede, si sarebbe finiti col dare l’impressione di far proprio il cosiddetto “sincretismo” religioso, per cui sarebbe stato possibile conciliare tra di loro dottrine dal contenuto incompatibile con il Cristianesimo».
(Girolamo Grillo, Il Vangelo e la Chiesa secondo noi altri, p. 72).

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«Qual è la missione del Papa? Il Papa, Vescovo di Roma e successore di san Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità della Chiesa. È il Vicario di Cristo, capo del collegio dei vescovi e pastore di tutta la Chiesa, sulla quale ha, per divina istituzione, potestà piena, suprema, immediata e universale».
(Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 182).

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«Da che godo della facoltà della ragione, Dio non mi ha lasciato in pace. Una evidenza emersa fin dalla prima comunione, a sette anni. A undici scrivevo a mio padre, che si era trasferito a Bolzano per lavoro, della mia intenzione di farmi prete. Non volevo il suo parere né, tantomeno, il suo permesso. Avvisai mia madre, ignorai mia nonna che continuava a disfarmi la valigia.
Per raggiungere il seminario, quello estivo dei canossiani, mi misi sul ciglio della strada a fare l’autostop. Si fermò un trattore e mentre salivo mi girai verso mia madre, ancora incredula, e le chiesi: ma verrai a trovarmi?».
(Aldo Trento, in Roberto Fontolan, Cronache dal nuovo mondo. Paraguay, la missione di padre Aldo Trento, pp. 18-19).

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«Possiamo ora illuderci di giustificare una condotta scorretta affermando che la scienza, coi suoi ritrovati, coi suoi progressi, ci conduce lontani da Dio, ce lo rende inutile, ce lo dimostra non esistente, ma nel giorno del giudizio quanti veri e grandi scienziati: Newton, Pasteur, Volta, ecc., il cui numero è piccolo solo per la nostra mente che nella sua crassa ignoranza non li conosce, i quali, avendo il cuore puro e la mente non guasta dalla vanità e dalla superbia, non hanno trovato alcun contrasto tra la scienza e la fede (…) e anzi, quanto più si approfondivano nella conoscenza dei misteri reconditi della natura, tanto più ne vedevano uscire fulgida l’apologia della fede, e dalle meravigliose armonie delle leggi della natura si sentivano portati ad amare e lodare la bontà e la sapienza del Creatore».
(Riccardo Pampuri, in Filippo Cavazza [a cura di], Un anno con San Riccardo Pampuri, pp. 58-59).

 

 

 

 

IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 34
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