Il Timone n. 51 – anno 2006 –
«Davvero ci sembra, in conclusione, di potere tranquillamente affermare – con buona pace di tutti i laicisti delle varie osservanze – che nessun uomo al mondo è impegnato a vivere in termini di libertà con pienezza pari a quella del cristiano e del cattolico: libero, nell’amore, lungo le prospettive dell’eterno; libero, nell’amore, lungo le strade della città terrena che conducono alle soglie della città celeste. L’affermazione – di indiscutibile verità come deduzione dai principi – è confermata dalla esperienza storica, vista nella sua complessa unità, purché la si esamini attentamente, oltre la superficiale apparenza della facciata. Risulta infatti storicamente irresistibile – per tutti i laicisti delle varie osservanze – la tentazione di caricare di una certa religiosità il loro asserito laicismo, rinnegandosi di conseguenza il principio della “laicità dello Stato”».
(Gabrio Lombardi, Testimoni di libertà, p. 55).
«Il sacerdote: in genere, salvo lodevoli eccezioni, l’uomo di Chiesa fa pessime figure in TV. Primo perché è impreparato rispetto a questo tipo di comunicazione, secondo perché, duole dirlo, spesso propina idee sue e non certo di Santa Romana Chiesa. Ciò deriva il più delle volte dal fatto che il sacerdote invitato nei salotti televisivi ha l’idea fissa che quanto più si mostrerà “del mondo” tanto più “il mondo” lo accetterà. E allora eccolo che canta, balla, fa girotondi, oppure intimorito siede stretto stretto su un divanetto serrato tra le giunoniche curve di una stella del cinema e il cattedratico ateo che già se lo è mangiato appena ha aperto bocca.
Crede di stare a parlare con i suoi miti parrocchiani, ingannandosi sul fatto che sarà sufficiente un dolce sorriso che comunichi solidarietà, rispetto e dialogo per convincere tutti. Non si è reso conto invece che metà delle cose che ha detto sono state tagliate dai consigli per gli acquisti».
(Tommaso Scandroglio, TV accesa cervello spento, pp. 100-101).
«Finché l’aborto era unanimemente riprovato non si ponevano problemi circa una sua esatta e scientificamente ineccepibile definizione. Ora, alla luce delle esperienze degli ultimi decenni, non è più così. Si rende quindi necessario fare chiarezza anche sui termini.
In generale, la definizione preferita dai fautori dell’aborto libero (e purtroppo presente sia nel Nuovo dizionario di Teologia morale delle Edizioni Paoline, sia nel Dizionario di Bioetica delle Edizioni Dehoniane) è quella di “Interruzione della gravidanza”. La natura omicida dell’aborto, quindi, con tale definizione, viene ad esser seriamente oscurata. Mettendo la centro la “gravidanza” l’attenzione si sposta dal bambino alla donna. La gravidanza, infatti, è una condizione particolare della donna. Inoltre, la stessa parola “interruzione” non ha nulla di drammatico, come invece subito richiama la parola “aborto”. Alla luce di queste puntualizzazioni, ci sembra che possa definirsi aborto: l’uccisione deliberata e diretta, comunque attuata, di un bambino nella fase iniziale della sua vita, compresa tra la fecondazione e la nascita».
(Emilio Salatino, Lasciamo battere questo cuore, p. 15).
«Pertanto, a definire e descrivere questa verace chiesa di Cristo – che è la chiesa santa, cattolica, apostolica, romana – nulla si trova di più nobile, di più grande, di più divino che quella espressione con la quale essa viene chiamata “il corpo mistico di Gesù Cristo”; espressione che scaturisce e quasi germoglia da ciò che viene frequentemente esposto nella sacra Scrittura e nei santi padri».
(Pio XII, Mystici corporis, 29 giugno 1943).
IL TIMONE – N.51 – ANNO VIII – Marzo 2006 – pag. 34
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl