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15.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

 

 

Il Timone n. 52 – anno 2006 –

«Nelle prove della vita e in ogni tentazione il segreto della vittoria sta nel dare ascolto alla Parola di verità e nel rifiutare con decisione la menzogna e il male. Questo è il vero e centrale programma del tempo della Quaresima: ascoltare la parola di verità, vivere, parlare e fare la verità, rifiutare la menzogna che avvelena l’umanità ed è la porta di tutti i mali. Urge pertanto riascoltare, in questi quaranta giorni, il Vangelo, la parola del Signore, parola di verità, perché in ogni cristiano, in ognuno di noi, si rafforzi la coscienza della verità a lui donata, a noi donata, perché la viva e se ne faccia testimone. La Quaresima a questo ci stimola, a lasciar penetrare la nostra vita dalla parola di Dio e a conoscere così la verità fondamentale: chi siamo, da dove veniamo, dove dobbiamo andare, qual è la strada da prendere nella vita».
(Benedetto XVI, Catechesi del mercoledì delle ceneri, 1 marzo 2006).

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«Ho per lui (Benedetto XVI, n.d.r.) un sentimento di affetto, di grande stima ma… soprattutto di tenerezza, perfino quando lo sento parlare “fortiter et soaviter”. Avevo letto nel 1989 “Guardare Cristo: esercizi di fede, speranza e carità” e ne ero rimasto edificato, come rimasi edificato da un altro suo libro “Guardare il crocifisso”. Ora sono usciti i suoi primi discorsi uno più bello, uno più entusiasmante dell’altro. Mi ha colpito l’incontro con i giovani a Colonia, il fatto che abbia fatto fare per la prima volta durante questi incontri l’adorazione al Santissimo e il modo in cui è riuscito a spiegare ai giovani la Presenza Reale entrando così nei loro cuori mi ha commosso. Del resto io ricordo sempre l’intervista che concesse a Vittorio Messori: che gioia! Quante speranze! Ecco – mi dicevo – come dovrebbe essere il prossimo papa, il mio papa».
(Pucci Cipriani, L’altra Toscana. Diario di un conservatore, p. 275).

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«Il più bel ricordo che ho di mamma Rosetta (morta che avevo cinque anni e mezzo) è quando alla sera, inginocchiati con lei davanti alla bella immagine di Maria che c’era in camera da letto, noi bambini dicevamo le “preghiere della buona notte”; se papà Giovanni era in casa, anche lui pregava con noi. Noi tre fratelli Piero, Franco e Mario siamo cresciuti in una famiglia che ci ha trasmesso non solo la fede, ma l’amore alla preghiera e il senso profondo della Provvidenza…».
(Piero Gheddo, Rosetta e Giovanni Gheddo. Sposi secondo il cuore di Dio, p. 13).

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«Mentre la burocrazia comunitaria chiama “ampliamento” il processo di aggregazione dei diversi paesi, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha da sempre parlato di storica “riunificazione” di un’Europa che ha bisogno di respirare con entrambi i polmoni, quello dell’Ovest come quello dell’Est, e così facendo ha consegnato profeticamente una grande missione al continente e al tempo stesso ha tracciato una grande visione strategica. Circa l’Est europeo, mi sembra necessario e giusto ricordare che i rappresentanti degli otto paesi dell’Est, recentemente riunificatisi con l’Unione europea, iniziano ogni intervento di tenore politico dicendo: “Noi usciamo da quarant’anni durante i quali l’uomo e la società sono stati distrutti” e nessuno, dico nessuno, osa contestare o replicare, inclusi coloro che non accetterebbero da altri affermazioni simili».
(Giorgio Salina, L’Europa secolarizzata e la censura delle origini cristiane, in La Nuova Europa, n. 1, gennaio 2006, p. 56).

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«Il dato archeologico della tomba conservata nella basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme concorda in tutto e per tutto con la narrazione evangelica.
E questo è un elemento importante da considerare. Il sepolcro, ritrovato all’epoca dell’imperatore Costantino (IV secolo) non può infatti essere un’“invenzione” posteriore, un oggetto di culto tardivo. È stato infatti scoperto nella città bizantina, sotto un tempio di Venere, connesso con la rifondazione di Gerusalemme, ribattezzata Aelia Capitolina nel 136 d.C. per volere dell’imperatore Adriano. Abbiamo potuto constatare come all’epoca le tombe fossero poste fuori dalle mura cittadine. Senza un’antichissima tradizione locale di venerazione del sepolcro, nessuno lo avrebbe cercato proprio in quel luogo all’interno delle mura di Gerusalemme. Gli ipotetici “inventori” del cristianesimo non sarebbero andati lì a ritrovarlo, ma avrebbero attribuito il titolo di tomba a qualche sepolcro che si trovasse ancora fuori dalle mura della città».
(Andrea Tornielli, Inchiesta sulla Resurrezione, pp. 40-41).

IL TIMONE – N. 52 – ANNO VIII – Aprile 2006 – pag. 34

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