Il Timone n. 127 – anno 2013 –
«La fede è un’esperienza, la fede è ricerca, la fede è camminare con gli altri. Invece la fede è un vedere, è uno stare saldi, è un contemplare. Il Papa, infatti, “conferma” nella fede. Capita così che il primato della pastorale abbia prodotto il movimento, il darsi da fare, l’efficientismo, trasformando anche la vita religiosa e quella del prete. Una messa vale se è piena di gente, se la gente partecipa attivamente, se i fedeli esprimono le loro intenzioni, se è la comunità che si raduna. Le parrocchie pullulano di attività, ma ai ritiri spirituali di quaresima non va nessuno. I monaci si ritrovano in pochi alla recita della liturgia delle Ore, perché ora l’uno ora l’altro sono via per impegni. (…) Una volta si pensava che una goccia d’acqua sul capo del battezzando o un rosario ben detto valessero più di mille azioni, ma il primato della pastorale ha rovesciato i termini».
(Stefano Fontana, Il Concilio restituito alla Chiesa. Dieci domande sul Vaticano II, pp. 90-91).
«Che relazione c’è tra la carità e la preghiera che ne segue? Più precisamente, quale carità la preghiera suppone? Prima di tutto, la preghiera suppone la carità di Dio per noi. Noi preghiamo nella misura in cui crediamo che Dio ci esaudisce. Ora, noi crediamo che Dio ci esaudisce nella misura in cui crediamo che Dio ci ama. Perché siamo cristiani? Forse perché pratichiamo questa o quella virtù? Forse perché ci siamo mostrati eroici nella pratica della virtù? O perché ci rinchiudiamo tra le mura di un convento? Ma i buddisti pure lo fanno. Non è neppure perché percorriamo il mare e la terra, per fare un proselito” come dice San Matteo (23,15). Secondo San Giovanni, noi ci distinguiamo da tutti gli altri uomini perché sappiamo e crediamo ciò che altri ignorano: che Dio è Carità, e, di conseguenza, crediamo all’amore di Dio per noi».
(Irénée Hausherr S.I., Il guado dello Iabbok. Introduzione alla preghiera, p. 151).
«Nella prospettiva della fede l’ateismo è una forma di idolatria. In ultima istanza l’uomo si sostituisce a Dio e si erige a padrone del mondo e della propria vita. La parola di Dio ci rivela che questo peccato è la matrice di tutti gli altri e incombe sulla storia dell’umanità fin dalle origini. I tempi moderni sono stati investiti da questa onda furiosa che ha provocato rovine immani. L’uomo, resosi padrone di ciò che ha ricevuto da Dio, traballa su un pianeta dove tutto passa e tutto crolla. Chi potrà salvare l’umanità a rischio quotidiano di autodistruzione? Per la prima volta da quando l’uomo è apparso sulla terra, si cerca di costruire un mondo senza Dio e non è un caso che per la prima volta la stessa sopravvivenza del pianeta sia in forse». (Padre Livio Fanzaga, Dio parla al cuore, p. 35).
«Persino nelle parrocchie, ai ragazzi che fanno il catechismo, non si insegnano più, da decenni, i comandamenti: roba vecchia, si dice, sono meglio gli “insegnamenti in positivo”. In verità è l’uomo di oggi che non tollera più una autorità con cui confrontarsi e da cui essere aiutato a crescere. Anche Dio è diventato buonista: non più giusto, né misericordioso, né “geloso”, ma solo indifferente. Un Dio che non ci turba mai, che non ci chiede, che non esige nulla. Un Dio inutile. Così facendo si dimentica che è la pedagogia stessa di Dio a indicare, come primo passo verso la crescita, la chiara condanna di ciò che è male: initium sapientiae timor Dei. I dieci comandamenti per lo più sono in negativo, sono il preludio necessario al comandamento dell’amore. Non sa amare chi non è stato educato a dire di no al proprio egoismo, alla propria superbia, alla propria propensione anche al male. Averlo dimenticato ha prodotto generazioni di cattolici che si fanno la morale da soli e che alla fine modificano la stessa Fede alla luce della loro morale».
(Francesco Agnoli, Pensieri cristiani. Per conservare la fede e la ragione, p. 70).
«Il problema di Dio si impone in modo più vivo che in molte altre epoche meno turbolente. Ciò deriva dal fatto che molti uomini si sono separati da Dio e hanno cercato di organizzare la vita intellettuale e sociale senza di Lui. Allora, i grandi problemi che hanno sempre preoccupato l’umanità hanno assunto un aspetto nuovo e talvolta tragico. Il voler fare a meno di Dio ha condotto molti al nichilismo e alla miseria fisica e morale, peggiore anche del nulla. Allora, i grandi problemi si aggravano fino all’esasperazione e ci si deve infine accorgere che tutti tendono a riproporre il problema di Dio, e a riproporlo fino in fondo. Ci si dovrà finalmente pronunciare risolutamente in favore di Dio o contro di Lui».
(Réginald Garrigou-Lagrange, Introduzione allo studio di Dio, p. 20).
IL TIMONE N. 127 – ANNO XV – Novembre 2013 – pag. 34
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