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12.12.2024

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«Ho ricevuto un dono»!
31 Gennaio 2014

«Ho ricevuto un dono»!

Intervista a Matteo Pio Colella

 

 

 

È un giovane come tanti altri, studia, gioca, frequenta gli amici. Ma a lui è accaduto un fatto speciale: è stato “miracolato” per intercessione di padre Pio da Pietrelcina. Intervista a Matteo Pio Colella



È un ragazzo normale; ha vent’anni, va a scuola, gioca a pallone… Però è un ragazzo anche «speciale», nel senso che è la testimonianza vivente di un evento eccezionale. Matteo Pio Colella è infatti uno dei due miracolati il cui caso è servito per la proclamazione della santità di padre Pio da Pietrelcina; dunque uno dei pochi che, anche secondo il giudizio della Chiesa, può dire ufficialmente di essere stato oggetto di una storia inspiegabile; per lo meno con i normali canoni della scienza.

Matteo, chissà quante volte l’avrà già fatto… Ma vuole raccontare lei stesso la sua storia?

«Era gennaio del 2000, avevo quasi 8 anni e quel giorno non avevo proprio voglia di andare a scuola. Nessuna premonizione, ma – come tanti bambini – avevo cercato di convincere mamma e papà a lasciarmi a casa, per una volta. Fatica inutile… Però poi, durante l’ora di inglese, mi sono sentito male e mi sono lasciato andare sul banco. I miei genitori sono venuti a prendermi: avevo la febbre, ma del resto era inverno, cosa c’è di più normale che un’influenza per un bambino? A casa dunque, letto e medicine. La sera la mamma si è accorta di strane macchie sul mio corpo e papà – che è medico e lavora alla Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale voluto da padre Pio – mi ha portato subito al pronto soccorso».

Già, lei non ha ancora spiegato di abitare a San Giovanni Rotondo, la città pugliese nota in tutto il mondo per aver ospitato il frate dei miracoli. Comunque la situazione è poi precipitata in modo rapidissimo: meningite acuta fulminante, il ricovero in rianimazione, il coma, pochissime speranze di salvezza, la disperazione dei genitori e dei parenti… Lei cosa ricorda personalmente?
«Ho un ricordo solo, però molto preciso e lucido. Mi sono visto in terza persona, come dall’esterno, da un buco nel muro: ero attaccato alle macchine, con tre angeli luminosi e colorati alla mia sinistra e a destra un frate barbuto che mi teneva la mano e mi diceva che non dovevo preoccuparmi. Poi mi ha preso e siamo volati fino a Roma, dove siamo entrati per la finestra in un ospedale dove c’era un bambino immobile in un letto. Il frate mi ha chiesto se volevo che guarisse e io ho risposto: “Ma come si fa?”. “Con la forza di volontà”, mi ha replicato. A quel punto mi sono risvegliato ».

Sembra la descrizione di un sogno, un bel sogno. Di fatto però il miglioramento ci fu sul serio, nonostante tutti i medici lo giudicassero impossibile: «Non risulta che nella letteratura internazionale – hanno poi dichiarato gli esperti – ci sia alcun sopravvissuto affetto da tale patologia… La mortalità è del 100 per cento». Lei invece guarisce; ma padre Pio che c’entra?
«Infatti io non sapevo che la figura che avevo visto fosse quella di padre Pio. Quando ho raccontato il mio sogno, parlavo semplicemente di un frate vecchio, con la barba bianca; allora mi hanno fatto vedere la foto e l’ho riconosciuto».

Ma lei non l’aveva mai visto prima?
«L’immagine può darsi che l’abbia vista in chiesa, di certo non gli ho mai dato peso. La mamma era sua devota (infatti mi ha messo Pio come secondo nome), però non ne avevamo mai parlato».

Che vita fa un giovane «miracolato»?

«Normalissima. Vado a scuola (faccio l’ultimo anno di liceo scientifico), gioco a calcio, non mi sembra di essere diverso dagli altri coetanei. Per fortuna la mia famiglia mi ha insegnato a vivere quello che mi è successo in modo normale, senza sentirmi pressioni addosso».

Perché c’è da immaginare che – tra devoti e scettici – la cerchino in tanti…
«In effetti ho ripetuto la mia storia tantissime volte, a tv e giornali. E spesso mi chiamano i pellegrini, per chiedermi preghiere “speciali”. Io rispondo che la mia preghiera è uguale a quella di qualunque altra persona; però non la rifiuto mai, perché so che è comunque utile. Credo che la mia vicenda serva a dare speranza a tantissime persone che sono in difficoltà ».

«Perché proprio a me?»: non se l’è mai chiesto?
«È la domanda che mi sono posto più volte. Ma una spiegazione è impossibile, la risposta non l’ho mai trovata. So solo di aver ricevuto un dono: mi hanno restituito la vita».

Lei farà qualcosa per «ricambiare»?
«La mia responsabilità è non sprecarla, la mia vita. Per ora vorrei fare lo psicologo, per lavorare con i ragazzi difficili: non so se questo può essere collegato a ciò che mi è successo, ma al momento è la mia passione. Farmi frate? No, mai pensato».

Qual è adesso il suo rapporto con padre Pio?
«Vado a visitare il suo santuario ogni tanto, dico una preghiera sulla sua tomba quando è aperta a tutti; niente di speciale, nemmeno nell’anniversario del miracolo. Tutte le sere, andando a letto, provo a fare un discorso con lui; così, senza una preghiera specifica. Una cosa normale, non un rito vero e proprio».

E quando racconta questa storia ai suoi giovani amici, che reazioni ci sono?
«Molti anni fa tutti volevano sapere, come si fa con le meraviglie che lasciano a bocca aperta, e poi finiva lì. Adesso invece il discorso parte da loro e le domande si fanno più profonde. Parecchi sono lontani dalla fede e dalla Chiesa e rimangono molto presi da quello che dico, pongono diverse questioni, sono tutti interessati. Chi non crede magari comincia ad avere qualche dubbio».

Per lei, invece, qual è l’insegnamento?
«Che bisogna avere fede e che la preghiera è l’arma più forte per aiutarsi: non solo quando se ne ha un bisogno vitale, ma sempre. Io non posso scordare che non sarei qui se non fosse avvenuto qualcosa di straordinario. Se non credessi in Dio, non riuscirei nemmeno a credere in me stesso».



Dossier: MIRACOLI. DIO LI FA, IL DIAVOLO NO

IL TIMONE  N. 114 – ANNO XIV – Giugno 2012 – pag. 42 – 43

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