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15.12.2024

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I fondamenti
31 Gennaio 2014
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I fondamenti

 

 

Preannunciata attraverso le grandi figure femminili dell’Antico Testamento, Maria diventa la madre della Chiesa fondata dal Figlio. Cooperatrice nell’opera di salvezza, entra e rimane nel cuore del popolo cristiano

 

La devozione alla Madre del Signore è uno dei pilastri della spiritualità cristiana: dal giorno in cui il nostro Salvatore, morente sulla croce, ci ha donato sua Madre come nostra Madre, il popolo cristiano non ha mai cessato di rivolgersi a lei con quella venerazione e confidenza filiale che le è dovuta.
L’arco della storia della salvezza è segnato dalla sua immagine: la Vergine Maria è il capolavoro della creazione, l’aurora che annuncia il Sole che ci ha visitati dall’alto, l’immagine e la consolazione della Chiesa pellegrina sulla terra, lo splendore della Gerusalemme celeste che non avrà mai fine; ella è presente nei punti nodali di questa storia, a svolgere il ruolo assegnatole da Dio, accanto a suo Figlio.
La Vergine Maria è la stella polare del cammino della Chiesa verso il suo Signore: è il baluardo contro le deviazioni nella fede, è il rifugio nei pericoli dell’anima e del corpo, è il conforto dei martiri, il sostegno dei missionari, lo specchio dei vergini, il modello di ogni santità cristiana.
Dunque, ribadiamo anche oggi – anzi oggi specialmente – l’assoluta necessità del culto filiale alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, e andiamo a riscoprirne brevemente i fondamenti e le manifestazioni nella divina Rivelazione, perché sempre più l’esperienza cristiana sia l’adempimento del canto di Maria: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata!».

Le prefigurazioni di Maria nell’Antico Testamento

Dio risponde al primo fondamentale dramma della storia, il peccato dei progenitori, con una promessa che segna il destino dell’umanità e ne preannuncia l’esito glorioso: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la sua stirpe e la tua stirpe: essa ti schiaccerà la testa».
Tutto il bene che Dio ha messo nell’impasto con cui ha fatto l’essere umano avrà il suo pieno compimento in una Donna: da lei nasce una nuova stirpe, quella del Figlio di Dio incarnato e della «moltitudine dei suoi fratelli di cui Egli è il primogenito» (cf Rm 8,29), che sconfigge il Serpente.
Tutta la storia seguente non è altro che il progressivo realizzarsi di questa promessa. E nelle vicende complesse e tormentose di questa storia spiccano le grandi donne che prefigurano e anticipano la grandezza della Donna di cui l’umanità era in attesa: Sara che partorisce ad Abramo il figlio che è il pegno della promessa di Dio per «una discendenza più numerosa delle stelle del cielo e della sabbia che è sulla spiaggia del mare» (Gn 22,17); Debora che, mossa a compassione per la schiavitù del suo popolo, si unisce al condottiero Barac nella battaglia contro i cananei e sconfigge l’esercito del malvagio Sisara; Giuditta, che con audacia impareggiabile tronca la testa di Oloferne, capo delle schiere nemiche, e perciò viene salutata «gloria di Gerusalemme, vanto di Israele, onore del suo popolo»; Ester, la cui bellezza innamora e conquista il grande re Assuero, e la cui appassionata preghiera di intercessione storna dal popolo ebraico lo sdegno del re e la già prevista condanna.
L’annuncio del progetto salvifico di Dio e le figure femminili che ne segnano il percorso hanno il loro culmine nella profezia di Isaia (7,14): «Il Signore stesso vi darà il segno: ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che si chiamerà Emmanuele», che significa: Dio è con noi! Finalmente, è profeticamente svelato l’obbiettivo della promessa fatta da Dio agli albori dell’umanità: Egli si degna di venire ad abitare in mezzo a noi, perché noi possiamo vedere la sua gloria (cf Gv 1,14) ed esserne resi partecipi.

Il ruolo di Maria nell’opera della salvezza
Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò il suo Figlio, nato dalla Donna (cf Gal 4, 4): finalmente duemila anni fa, in Galilea, la Donna promessa all’inizio del mondo, la Donna adombrata e prefigurata nelle sante donne dell’antica Alleanza, appare col suo vero volto e nome: è Maria, la fanciulla di Nazareth! Ripercorriamo i momenti della narrazione evangelica e scopriamo chi è Maria.
Con lei si entra nella pienezza del tempo – come ricordavamo un attimo fa citando san Paolo – cioè si giunge al culmine del progetto di Dio sul mondo (cf Catechismo della Chiesa Cattolica, 484): quando il messaggero del Cielo si presenta a questa Ragazza illibata, nel silenzio di un cuore pieno di amore e nell’anonimato dell’oscura periferia dell’impero, la saluta con parole che sconvolgeranno il mondo: «Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28).
Il significato di queste parole apre un nuovo orizzonte nella comprensione dei rapporti tra il Creatore e la creatura: la grazia, infatti, è la presenza di Dio che santifica la creature e si compiace di essa, ed è incompatibile col peccato; essere “piena di grazia” significa per Maria essere totalmente pervasa da questa Presenza, e dunque neppure sfiorata dal peccato. Maria, piena di grazia, è quindi la “Tutta santa”, la “Tutta bella” – come la celebra la liturgia della Chiesa –, senza macchia di peccato fin dal primo istante della sua esistenza terrena, come la proclama il dogma dell’Immacolata Concezione.
Il Signore, dunque, l’ha preparata per una vocazione unica alla maternità: concepirà e darà alla luce il Figlio dell’Altissimo che per mezzo di lei vuole venire nel mondo; la vocazione alla maternità, per un dono straordinario, non è disgiunta da quella alla verginità, anzi questa è condizione e preparazione a quella, poiché «lo Spirito Santo scenderà su di lei, in lei agirà la potenza dell’Altissimo, così che da lei nascerà il Santo, il Figlio di Dio». A questa duplice, straordinaria, vocazione Maria risponde con un’incondizionata adesione al piano di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore: si realizzi in me quello che hai detto ». Dio, per mezzo del suo messaggero, propone alla Fanciulla di Nazareth di essere madre del Verbo fatto uomo, le spiega la modalità di tale evento ed aspetta il suo assenso (cf Lumen Gentium, 56). Dio non è una specie di grande burattinaio e le creature non sono le sue marionette; al contrario, in questo, che è l’evento centrale della storia, come nelle più modeste vicende della vita di ogni uomo, Dio chiama la sua creatura a collaborare consapevolmente e liberamente con il suo progetto, non viola la sua libertà ma interagisce rispettosamente con essa.
Maria, dunque, diviene madre del Verbo fatto carne: a pieno titolo, quindi, la Chiesa la riconosce e la esalta quale Madre di Dio, cioè come colei che ha generato il Figlio di Dio secondo la sua natura umana, come ha proclamato sin dal IV secolo il Concilio di Efeso. Infatti, la seconda Persona della santissima Trinità, consustanziale e coeterna al Padre secondo la natura divina, nasce nel tempo come uomo da Maria: ella, dunque, dà una carne e una nascita in questo mondo al Verbo eterno.
Ed è madre nel senso più pieno della parola. Gesù, il Verbo incarnato, è bambino tra le sue braccia; sotto il suo sguardo materno cresce a Nazareth «in sapienza, età e grazia», onorandola come madre secondo la più ampia e affettuosa prescrizione del precetto del decalogo; si rimette alla sua decisione per compiere il primo miracolo alle nozze di Cana, agli inizi della sua vita pubblica. Finalmente, nell’evento culminante della vita di Gesù e dell’opera della nostra redenzione, Maria è pienamente congiunta al suo Figlio: ella vive nel suo cuore, con profonda partecipazione, cio che Gesù torturato e crocifisso vive nella carne e nell’anima; la spada infuocata del dolore la trapassa, come le aveva preannunciato il vecchio Simeone tanti anni prima, e così si realizza in lei, prima di ogni altro e come in nessun altro, l’unione ai patimenti di Cristo – come insegna san Paolo – per completarne l’efficacia salvifica.
Associata così profondamente alla passione del suo Figlio, Maria non può non esserlo ugualmente anche alla gloria della risurrezione. A lei per prima certamente, nel silenzio della notte pasquale, il Signore risorto appare per condividere con lei il suo trionfo: ce lo testimonia indirettamente l’assenza di Maria nel gruppo delle donne che si recano al sepolcro di buon mattino: la trascuratezza di un così grave e amoroso dovere non si spiega se non col fatto che ella già sapeva che lo avrebbero trovato vuoto. Dopo che il Risorto ha cessato di manifestarsi ai suoi discepoli ed è asceso definitivamente al Cielo, Maria continua la sua missione materna verso gli apostoli, invoca con loro e per loro i doni dello Spirito Santo, e si prepara a raggiungere il suo Figlio nella gloria. Infatti la sua associazione al trionfo di Cristo sulla morte si compie pienamente quando, «terminato il corso della sua vita terrena, Maria è assunta in Cielo con tutta la sua persona, anima e corpo» (Lumen Gentium, 59).

Il ruolo di Maria nella vita della Chiesa
L’assunzione al Cielo ha fisicamente, definitivamente, ricongiunto Maria al Figlio suo, ma non l’ha certo separata dalla Chiesa: la consegna ricevuta da Gesù morente – «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26) – si riferisce ad ogni discepolo di Gesù, e quindi all’intera comunità dei discepoli, di ogni tempo e luogo. Il popolo cristiano d’Oriente e d’Occidente ha coltivato una fiducia incrollabile nella Madre di Dio e ha custodito sempre come un tesoro prezioso il proprio attaccamento a lei; e proprio nei momenti in cui la vita in questo mondo si faceva più tribolata, la Chiesa ha guardato a lei, la Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di stelle, immagine e anticipazione della Chiesa trionfante che si compie nel Cielo.
Ma ancora nel pellegrinaggio terreno, mentre attende che si realizzi la grandiosa visione dell’Apocalisse, il popolo cristiano si è continuamente affidato a lei in tutte le necessità materiali e spirituali. Questo risplende in modo speciale in quella porzione eletta della Chiesa che sono i Santi: i figli più devoti di Maria e i promotori più zelanti della devozione a lei. E la Vergine Maria si è presa cura incessantemente dei discepoli del suo Figlio: i santuari a lei dedicati, nei grandi luoghi di pellegrinaggio come nelle piccole località sperdute, sono altrettanti centri di irradiazione di grazie e prodigi per il sollievo del corpo e la conversione del cuore. Anche oggi, nella nostra Italia, pure in epoca di secolarizzazione e nonostante alcuni decenni di svalutazione della devozione mariana ad opera di avventurosi, ma purtroppo non solitari, teologi da strapazzo, i templi a lei dedicati sono come sempre il rifugio della nostra gente: da Oropa a Pompei, da Siracusa a Loreto, una meravigliosa rete di santuari sempre affollati proclamano che Maria è anche ora la Regina della nostra Penisola.

Conclusione
La divina Rivelazione ci mostra il ruolo centrale in cui Dio ha posto la Vergine Maria; la vita della Chiesa, la sua dottrina, la sua liturgia e la sua storia ci mostrano come quel ruolo non sia mai venuto meno. Ma il culto mariano ha avuto ed ha anche pericolosi nemici: la rivoluzione protestante, che ha creduto insensatamente che abbassando la Madonna si esaltasse Gesù, e il gelo illuminista, che ha cercato di mutilare lo slancio devozionale della fede per sostituirlo con lo sguardo asettico del razionalismo; e poi, in casa nostra, una certa teologia, che ha imperato nei conventi e nei seminari per decenni, altezzosamente sprezzante e frettolosamente desiderosa di compiacere protestanti e razionalisti… A tutti costoro ha risposto la Provvidenza, che, come sempre, ma specialmente in questi ultimi cinquant’anni, ha messo a guida della Chiesa uomini innamorati di Maria, il cui insegnamento ed esempio ha santamente trascinato il popolo cristiano. Illuminati dal loro magistero ricordiamo che ameremo “troppo” la Madonna solo quando la ameremo più di quanto la ama Gesù! Resta così fissato un parametro di amore irraggiungibile, e quindi, a maggior ragione, insuperabile.

 

 

 

 

 

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IL TIMONE N. 103 – ANNO XIII – Maggio 2011 – pag. 36 – 38

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