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15.12.2024

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I giovani e le chat
31 Gennaio 2014

I giovani e le chat

 

 

 

Sta cambiando il modo di comunicare tra loro dei nostri giovani. Sembra finita l’epoca del muretto, del bar, della compagnia. A vantaggio di uno scambio di notizie filtrato dal computer. Che rischia di isolare.

 
 
 

“I ragazzi del muretto” era il titolo di un famoso telefilm dei primi anni Novanta, che rappresentava lo specchio di un’epoca. I giovani di quel periodo erano soliti darsi appuntamento in un particolare punto d’incontro all’aperto, per decidere come trascorrere la giornata o semplicemente per parlare un po’.
Se questo telefilm andasse in onda oggi, avrebbe probabilmente un titolo diverso: “I ragazzi della chat”. Rispetto a quell’epoca, infatti, è stato completamente rivoluzionato il modo di stare insieme dei giovani. Sta scomparendo l’era delle piazze, dei muretti e dei bar, per lasciare spazio a forme di aggregazione nuove. Con l’avvento di Internet, uno dei principali punti di incontro delle nuove generazioni è la “chat”. Questa parola inglese significa “chiacchierata”. Ma nel linguaggio della rete viene utilizzata per indicare una specie di “salotto virtuale”, dove si può “parlare” con altre persone lontane attraverso i tasti del computer. La “conversazione” viene visualizzata sullo schermo, in tempo reale, e può durare perfino delle ore.
Anche questa nuova forma di incontro, come il muretto di una volta, rappresenta lo specchio di un’epoca. È il segnale di un momento storico caratterizzato da grandi fraintendimenti, in cui l’intera umanità sta vivendo la grande illusione di una “super comunicazione”.
Nell’era di Internet, dei cellulari, dei satelliti e dei canali televisivi a pagamento, crediamo fermamente di vivere in un mondo senza barriere. È sufficiente spingere i tasti di un computer per entrare in contatto, immediatamente, con New York, Parigi o Vienna.
Siamo tutti convinti di comunicare molto più di ieri. Ma è soltanto un’illusione. Sarà pure vero che, grazie ad Internet e ai telefonini, è più facile entrare in contatto con persone lontane. Ma qual è la qualità della nostra comunicazione? È una comunicazione costruttiva oppure un inganno? Il fenomeno delle chat si inserisce in un terreno culturale preciso, che è quello della disperata solitudine delle nuove generazioni. Troppi giovani, oggi, crescono soli. Fin da bambini, sono abituati ad incontrare ben poco gli altri. Nelle grandi città sta scomparendo l’antica cultura del cortile, dove i ragazzini si riunivano per fare giochi tradizionali e creativi. Oggi, sempre più bambini trascorrono le giornate davanti ai video-games. Non si confrontano più con i loro coetanei in carne ed ossa, ma con i pupazzetti colorati che compaiono sullo schermo del computer. Questo stato di isolamento non contribuisce, certamente, alla loro crescita. Al contrario, tende a ritardare il momento di incontro con il mondo che li circonda. È questo il terreno culturale in cui, qualche anno più tardi, andrà ad inserirsi facilmente la preferenza del contatto virtuale, rispetto a quello reale. La chat rappresenta la piena realizzazione di questa tendenza: la scelta di comunicare attraverso uno schermo, invece che nella vita quotidiana.
Nei miei incontri con i giovani, mi è capitato spesso di parlare dell’argomento “chat”. Dialogando con alcuni ragazzi, ho fatto una singolare scoperta. Molti adolescenti scelgono il salotto virtuale perché, attraverso il filtro del computer, si sentono più protetti e meno giudicati. Sono tante le pressioni psicologiche che i giovani sono costretti a subire nella società odierna. Viviamo nell’era dell’immagine, in cui tutto dovrebbe essere perfetto. Le edicole sono piene di calendari con le fotografie (spesso ritoccate al computer) di modelle e attrici dalla bellezza irraggiungibile. La televisione, le copertine delle riviste e gli spot pubblicitari impongono gli stessi falsi miti. Per non parlare, poi, dell’uso esagerato della chirurgia plastica, che sembra poter cancellare qualunque difetto.
I ragazzi che non riescono ad assomigliare a certi modelli di perfezione assoluta tendono ad entrare in crisi. Si sentono inadeguati, incompleti, quasi inferiori. Per questa ragione, a volte, preferiscono l’ambiente protetto della chat, dove riescono a nascondersi dietro un rassicurante pseudonimo. Bisogna, quindi, avere comprensione per chi sceglie di immergersi nelle conversazioni virtuali. Ma, al tempo stesso, è necessario mantenere un atteggiamento di prudenza nei confronti di questo tipo di passatempi. Il principale rischio di un uso non corretto della chat sta nella fuga della realtà. Trascorrere troppe ore di fronte ad un computer significa perdere il contatto con le persone vere e disabituarsi al dialogo concreto con il mondo che ci circonda. Un altro grande rischio sta nel non sapere chi si nasconde dietro il proprio interlocutore “mascherato”. Ci sono uomini che si fingono donne, e viceversa. Alcuni malintenzionati sfruttano l’anonimato per mettere in pratica veri e propri piani criminali. Dopo la fase del dialogo virtuale, cercano di concretizzare un appuntamento reale, sfruttando l’ingenuità dei giovani. Ma a volte, dietro alcune proposte di incontro fatte nelle chat, può nascondersi la trappola della pedofilia o della violenza sessuale. È importante che i genitori educhino i ragazzi ad un uso corretto di Internet. Il buon senso non deve mai mancare, quando ci si siede di fronte ad un computer.
Inoltre, è necessario stimolare i giovani a praticare una socializzazione vera. Può essere utile favorire il contatto con ambienti sani, come l’oratorio, in cui è possibile confrontarsi con persone autentiche, che non indossano maschere. Insomma, bisogna fare di tutto per aiutare i ragazzi ad uscire dalle tante “celle di isolamento” che rischiano di risucchiarli. In questo modo, si potrà dare anche un contributo determinante alla loro maturazione.
La tendenza eccessiva ad esprimersi nella falsa atmosfera di una chat rappresenta il rifiuto di un reale confronto con altri esseri umani. Di conseguenza, significa anche rinunciare ad impegnarsi, perché il rapporto con il prossimo si basa sul sacrificio e sullo sforzo per uscire dal proprio guscio. Come si fa a considerare le persone che sono intorno a noi, se non ci si abitua realmente ad incontrarle e a dialogare con loro? Come ci si può interessare dei loro problemi? È importante educare i giovani a valorizzare l’amicizia vera. Abituarli a vivere con le persone, imparando a comprenderle e ad amarle sul serio. Non ci si può limitare alla fredda barriera dello schermo di un computer.
Nella sfida attualissima tra mondo reale e passatempi virtuali la posta in gioco è più alta di quanto possiamo immaginare. Stiamo parlando del futuro dei giovani, della loro educazione e della loro volontà di imparare ad amare. L’educazione ad uno sforzo personale di autentica socializzazione potrà sicuramente contribuire ad una crescita umana e spirituale dei ragazzi, aiutandoli ad affrontare in modo più sereno il resto della vita. Una vita che non può mai trasformarsi in isolamento, ma che deve essere vissuta all’insegna di un costante e costruttivo incontro con gli altri.

Ricorda

«Educare i bambini ad essere selettivi nell’uso dei media è responsabilità dei genitori, della Chiesa e della scuola. Il ruolo dei genitori è di primaria importanza. Essi hanno il diritto e il dovere di garantire un uso prudente dei media, formando la coscienza dei loro bambini affinché siano in grado di esprimere giudizi validi e obiettivi che li guideranno nello scegliere o rifiutare i programmi proposti (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 76). Nel fare questo, i genitori dovrebbero essere incoraggiati e sostenuti dalla scuola e dalla parrocchia, nella certezza che questo difficile, sebbene gratificante, aspetto dell’essere genitori è sostenuto dall’intera comunità».
(Benedetto XVI, Messaggio per la XLI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 20 maggio 2007).

IL TIMONE – N.63  – ANNO IX – Maggio 2007 pag. 52-53

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