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I Miracoli di Gesù
31 Gennaio 2014
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I Miracoli di Gesù

Cristo aveva il potere di fare miracoli. Gli obbedivano gli uomini, la natura e persino i demoni. E con ciò provava la sua natura divina. Lo dicono i vangeli, che sono testimonianze storicamente credibili.
«Chi ama il padre o la madre più di quanto ama me, non è degno di me; chi ama suo figlio o sua figlia più di quanto ama me, non è degno di me» (Mt 10,37). «Chi non disprezza persino la propria vita non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26).
Sono, queste, solo alcune delle parole di Gesù che manifestano la straordinarietà del fenomeno cristiano: Gesù di Nazareth, caso unico nella storia, non è semplicemente il fondatore di una religione, ma ha l’ardire di presentare se stesso come il termine ultimo di questa religione, e chiede ai suoi seguaci di credere ciecamente in lui, anzi di consegnarsi totalmente a lui. Di fronte a una tale pretesa ci sono solo due possibili spiegazioni: o quest’uomo non è solo un uomo, ma, come egli afferma, è davvero Dio venuto nel mondo, e allora le sue pretese sono pienamente giustificate, anzi sono l’inevitabile conseguenza della sua identità; oppure quest’uomo è un pazzo, il più pazzo tra tutti i visionari o gli imbroglioni che sono vissuti in questo mondo.
Gesù per primo sa bene quanto le sue parole suonino sconvolgenti alle orecchie dei suoi uditori, e dunque lui stesso mostra a tutti le sue credenziali: «Se non compio le opere del Padre mio, continuate pure a non credermi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, così che vi rendiate conto e vi convinciate che il Padre è in me e io sono nel Padre!» (Gv 10,37). Gesù dunque attribuisce un’importanza determinante ai miracoli (le opere del Padre), al loro valore probativo, che costringe ad una presa di posizione netta nei suoi confronti. Tanto è vero che chi, nonostante questi segni, rifiuta Gesù, è inescusabile: «Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; essi invece hanno visto, eppure hanno odiato me e il Padre mio» (Gv 15,24).

Miracoli sulla natura
Gesù compie miracoli a tutto campo.
Anzitutto prodigi sulla natura: trasforma l’acqua in vino alle nozze di Cana (Gv 2,1-10); moltiplica più volte i pani e i pesci per saziare la folla che lo segue (Mt 14,13-21; 15,32-38); impone al vento e alle acque del lago in tempesta di placarsi (Mt 8,23-26).
Questi gesti portentosi non devono però essere scambiati per acquiescenza verso il popolare desiderio di sensazionalismo: al contrario, Gesù rimprovera la gente che vuole vedere sempre nuovi prodigi (Mt 12,38-39) e più volte si apparta dalla folla che lo pressa (Gv 6,22-26). I miracoli infatti sono segni che rimandano ad altro: con essi Gesù manifesta la sua signoria sul creato, e quindi la sua natura divina, poiché solo Dio, che ha creato il mondo, può dimostrarsi padrone degli elementi e dei fenomeni del mondo. Così compresi i fatti miracolosi diventano tanto eloquenti che anche gli spettatori più distratti non possono non esclamare: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?» (Mt 8,27).

Miracoli sull’uomo
Gesù, poi, compie guarigioni prodigiose: i ciechi recuperano la vista (Mt 20,30-34; Gv 9,6-7), i sordi l’udito (Mc 7,32-35), gli zoppi camminano (Mt 15,30), i paralitici si muovono (Mt 9,2-7; 12,10-13), i lebbrosi vengono risanati (Mt 8,1-4) e persino i morti ritornano alla vita (Mt 9,23-25; Gv 11,17-44).
Però Gesù non guarisce tutti i bisognosi del suo tempo. A questo problema, che diviene la facile obiezione degli increduli di ogni tempo (cf Lc 4,23), Gesù risponde mostrando il vero significato delle guarigioni miracolose: egli manifesta la sua capacità di prendersi cura e di guarire in profondità tutto l’uomo, corpo e spirito. Libera alcuni uomini dai mali del corpo per dimostrare che non mente quando asserisce di essere in grado di liberare tutti dal male radicale, il peccato, che uccide corpo e anima: «Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: Figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati. C’erano là alcuni scribi che pensavano: Costui bestemmia!… Ma Gesù… disse loro: cosa è più facile dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di cancellare i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua.
Quegli si alzò prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti» (Mc 2, 5-12).

Miracoli sui demoni
Gesù, infine, guarisce istantaneamente le vittima della possessione diabolica.
Satana e i suoi angeli mostrano il potere di tentazione e di pervertimento che hanno su tutti gli uomini schiavizzandone alcuni: Gesù interviene e libera questi sventurati dalle catene invisibili che li avvinghiano (Mt 8,16; 8,28-32; 9,32-33; 17,18), dimostrando così pieno e perfetto dominio sugli spiriti immondi. Con questi esorcismi Gesù manifesta esemplarmente la sua natura divina e lo scopo della sua missione: «Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio» (Mt 12,28).
Riguardo a questi fenomeni è sin troppo facile obbiettare che le scarse conoscenze mediche e psichiatriche del tempo potevano indurre ad attribuire al demonio patologie perfettamente naturali. Se anche così fosse, resterebbe il fatto prodigioso di risolvere in un istante “malattie” psico-fisiche che anche oggi ben difficilmente sono guaribili, nonostante i progressi della medicina; dunque per lo meno ritorneremmo al caso delle guarigioni miracolose di cui abbiamo parlato prima. Resta comunque tutta da dimostrare la possibilità di spiegare senza ricorso al preternaturale i fenomeni della possessione anche del nostro tempo, di cui la scienza moderna ben poco sa dire e nulla risolvere.
Culmine e sintesi di tutti i “segni” è la risurrezione di Cristo, come egli stesso afferma: «Questa generazione perversa e adultera domanda un segno, ma il vero segno che le sarà dato è quello del profeta Giona: come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,39-40). La risurrezione è infatti un miracolo sulla natura, poiché vince le leggi inesorabili della morte; è un miracolo sulla condizione umana, poiché ne capovolge l’esito; è un miracolo sul demonio, poiché trasforma la più grande vittoria del male (l’assassinio dell’Inviato di Dio) nel definitivo trionfo del bene (Gesù risorto è la primizia della rinascita dell’umanità riconciliata con Dio).

Credibilità della narrazione evangelica
Su quali motivi di credibilità possiamo contare per affermare la verità dei fatti narrati?
Diciamo anzitutto che i racconti evangelici dei miracoli sono il frutto di una testimonianza diretta, scritti a breve distanza dagli avvenimenti.
Il linguaggio è semplice e immediato, racconta i fatti con sobrietà e senza voler solleticare la fantasia o il gusto per il meraviglioso.
Gli eventi prodigiosi non sono massi erratici estranei alla narrazione, ma al contrario perfettamente inseriti e connessi ad essa, alle vicende e agli insegnamenti del Protagonista. Tanto è vero che la critica razionalista che ha tentato di epurare i vangeli dai miracoli ha poi dovuto riconoscere che eliminando quelle parti i testi risultano sconnessi, la narrazione si disgrega e perde la sua logica interna.
Gesù compie i suoi miracoli pubblicamente, davanti a discepoli e nemici, a giudei e pagani; e nelle condizioni più sfavorevoli per un presunto illusionista, cioè in spazi aperti e senza ausilio di alcuno strumento, non in ambienti riservati o con allestimenti scenici particolari.
Non meno importante è la testimonianza degli stessi nemici di Gesù: «I farisei dicevano: è per mezzo del principe dei demoni che egli scaccia i demoni» (Mt 9,34); dunque non negano i miracoli, ma cercano di spiegarli in modo per loro vantaggioso. È evidente che se avessero potuto negarli impunemente ne avrebbero subito approfittato: questo significa che la notorietà dei fatti era tale da non poter essere assolutamente sminuita. Sulla scia di tale involontaria testimonianza, successivamente anche il Talmud e la Mishnah (testi di commento alla Scrittura) riprendono la medesima tesi, fornendoci così una preziosa attestazione extra evangelica, pienamente coincidente.
Aveva forse Gesù delle conoscenze mediche o psichiatriche fuori del comune per il suo tempo, che gli permettevano di guarire le malattie del corpo e dello spirito? Certamente no, poiché non si vede dove avrebbe potuto acquisirle; ma anche ammesso che fosse così, come spiegare che tali guarigioni avvengano senza aver prima fatto uno studio accurato dei sintomi, senza una diagnosi, senza l’ausilio di alcun strumento tecnico o psicologico? Come ammettere che un uomo che ha fatto il semplice artigiano per trent’anni, improvvisamente sia in grado di guarire ogni sorta di malattia e di lesione organica immediatamente e alle volte addirittura
a distanza, di risuscitare i morti, di dominare le forze della natura, quando nulla di tutto questo è possibile neppure oggi, ai grandi luminari della scienza moderna, con tutti gli strumenti che questa mette a loro disposizione?
Davanti a questa domanda ecco che gli avversari di Gesù ripiegano accusandolo di commercio col demonio, risposta risibile, data l’innegabile eccelsa santità di colui che compie tali opere.
I razionalisti moderni invece non trovano di meglio che liquidare come necessariamente fantasiosi i racconti evangelici come ci spiega senza alcun imbarazzo E. Havet: «Il primo dovere che ci ha imposto il principio razionalista, che è il fondamento di ogni critica, è di scartare dalla vita di Gesù il soprannaturale. Ciò porta via di colpo tutti i miracoli del Vangelo. Quando la critica rifiuta di credere alle narrazioni miracolose, essa non ha bisogno di addurre delle prove per suffragare la sua negazione: ciò che si racconta è falso, per la semplice ragione che ciò che si racconta non può essere accaduto» (Citato in V. Messori, Ipotesi su Gesù, pag. 136).
È questo un metodo razionale e scientifico, o non piuttosto un dogmatismo arrogante? Quando mai si può essere autorizzati ad eliminare a priori ciò che non rientra nei propri parametri, per paura di dover mutare tali parametri? In realtà il pregiudizio radicale è antiscientifico: la scienza infatti, e proprio quella moderna, è per definizione sperimentale, cioè non esclude nulla a priori, ma si evolve in proporzione alla sempre più approfondita comprensione della realtà. Metodo davvero scientifico è la libertà di abbandonare immediatamente una teoria, appena i dati ricavati dallo studio dei fatti lo esigono. Al contrario, all’origine di questo pregiudizio contro il soprannaturale non c’è la scienza, ma il suo opposto, cioè un’ideologia, e precisamente l’idealismo, che rovescia il realismo che sta alla base della cultura classica, in favore del primato delle idee sui fatti.

Dossier: Il Miracolo

IL TIMONE – N.49 – ANNO VIII – Gennaio 2006 – pag. 39-41

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